lunedì, Maggio 20

Caccia alle particelle subatomiche

Tutto comincia nel 1911 quando un fisico britannico Charles Thomson Rees Wilson, allora quarantaduenne, che al Cavendish Laboratory di Cambridge studiava in quel periodo la formazione delle nubi, si stancò di inerpicarsi sul Ben Nevis, una montagna scozzese famosa per la sua umidità. Wilson si disse che doveva esistere un metodo meno faticoso di proseguire i suoi studi senza trasformarsi in un alpinista.

Ideò pertanto una camera, la camera a nebbia, all’interno della quale produceva nubi artificiali. Attraverso un semplice apparecchio raffreddava e inumidiva la camera provocando la formazione di nubi artificiali abbastanza attendibili. La camera a nebbia si rivelò un grande successo non soltanto per lo studio della formazione delle nubi, quando Wilson accelerò una particella alfa nella sua camera a nebbia, essa rilasciò nell’aria una traccia visibile, simile alla scia di condensazione degli aerei. Wilson aveva appena inventato il rilevatore di particelle: fornendo la prova convincente che le particelle subatomiche esistevano davvero. In riconoscimento dell’invenzione della camera a nebbia, divise con Arthur Holly Compton il Premio Nobel per la fisica del 1927.

Utilizzando la camera a nebbia, chiamata successivamente camera di Wilson, in onore del suo inventore ,  Carl David Anderson scoprì il positrone (1932) ed il mesone (1937) nei raggi cosmici. La camera a nebbia fu poi superata dal ciclotrone o atom smasher, fracassa-atomi, come fu chiamato dai fisici americani che lo misero a punto. Inventato il 27 gennaio 1930 e perfezionato nel 1932 dal fisico Ernest Orlando Lawrence  è usato ancora oggi in medicina, principalmente per il trattamento dei tumori.

Il funzionamento di questi rilevatori di particelle è fondamentalmente sempre lo stesso si accelera un protone o un altra particella carica a velocità quasi relativistiche su traiettorie a volte circolari oppure lineari, mandandole a collidere con un’altra particella alfine di osservare cosa emerge dalla collisione stessa. Con la messa a punto di “macchine” sempre più grandi e sofisticate i fisici iniziarono a scoprire una grande quantità di particelle: muoni, pioni, iperioni, mesoni, mesoni-K, bosoni di Higgs, bosoni vettori intermedi, barioni. Questa pioggia di particelle subatomiche mise in difficoltà gli stessi fisici, si narra che una volta, quando uno studente chiese a Fermi il nome di una particella, il grande fisico italiano rispose: «se fossi capace di ricordare tutti quei nomi avrei fatto il botanico».

Oggi gli acceleratori di particelle hanno nomi esotici come supersincrotrone a protoni, grande collisore per positroni ed elettroni, grande collisore per adroni, collisore relativistico per ioni pesanti, tutti funzionano con lo stesso principio di fondo.. Si tratta di impianti estremamente energivori tanto che sono in grado di “sparare” particelle in grado di compiere 47.000 giri in un tunnel lungo sette chilometri in meno di un secondo. Osservare le collisioni di particelle è un compito estremamente complesso perché non soltanto questi costituenti della materia sono infinitamente piccoli e velocissimi ma hanno anche una “vita” terribilmente breve.

Le particelle possono comparire e scomparire nello spazio per noi inimmaginabile di 0,000000000000000000000001 secondi (10-24 secondi). Anche la più pigra delle particelle instabili non rimane in circolazione più di 0,0000001 secondi (10-7 secondi). Senza dimenticare gli elusivi neutrini, quasi privi di massa, che ogni secondo attraversano la Terra in numero di diecimila trilioni di trilioni senza lasciare praticamente traccia di se.

Per riuscire a catturarne qualcuno, occorrono cisterne in grado di contenere fino a 57.000 metri cubi di acqua pesante (ovvero acqua con una relativa abbondanza di deuterio), poste in bunker sotterranei (di solito vecchie miniere) dove sono al riparo da interferenze con altri tipi di radiazioni. Ogni tanto qualche neutrino collide con uno dei nuclei degli atomi presenti nell’acqua permettendo di rilevarne la presenza.

Le particelle subatomiche sono “elementari“, cioè non costituite da altre particelle, o “composte”, cioè fatte da più particelle elementari legate insieme.

Le particelle elementari del modello standard sono:

  • Sei “sapori” di quark: up, down, strange, charm, bottom, e top;
  • Sei tipi di leptoni: elettrone, muone, tauone e neutrino elettronico, neutrino muonico e neutrino tauonico;
  • Dodici bosoni di gauge (mediatori delle forze): il fotone dell’elettromagnetismo, i tre bosoni W e Z della forza debole e il gluone della forza forte;
  • Il bosone di Higgs.

Tutte queste particelle sono state osservate dagli esperimenti, le più recenti delle quali sono il quark top (1995), il neutrino tau (2000) e il bosone di Higgs (2012). Varie estensioni del modello standard predicono l’esistenza di altre particelle elementari, come il gravitone e il tachione ma nessuna di queste due ipotetiche particelle, la prima responsabile della forza di gravità e l’altra in grado di superare la velocità della luce è mai stata confermata da un’osservazione.

Nella foto in evidenza una camera a nebbia.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Storia di quasi tutto di B. Bryson

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights