Una massima di Confucio recita: le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell’infinito. Quando osserviamo la volta celeste, inquinamento luminoso permettendo, l’impressione di guardare l’infinito è forte anche se riusciamo al massimo a vedere 3000 stelle dei 300 o 400 miliardi che popolano la Via Lattea. La luce degli astri che riusciamo ad osservare sembra vibrare, tutti manifestano una spiccata scintillazione.
Questo fenomeno è dovuto all’interferenza dell’atmosfera terrestre con i fotoni che la irradiano provenienti dalle profondità dello spazio e del tempo. Questi piccole sorgenti di luce puntiforme (tanta è la distanza che così ci appaiono) non sono però tutte uguali. Alcune appaiono infatti più brillanti di altre, per non parlare del colore, che in alcuni casi è rossiccio, in altri bianco e in altri ancora azzurrognolo.
Le differenze di luminosità dipendono essenzialmente da due fattori la distanza della stella che osserviamo è la quantità di energia che viene emessa dall’astro. La luminosità di una sorgente, infatti, si indebolisce con il quadrato della distanza. In altre parole se la distanza di una stella raddoppiasse, il suo splendore apparente si ridurrebbe di quattro volte.
A parità di distanza ci apparirà più splendente la stella che emette più energia e che quindi ha uno splendore intrinseco più intenso. Per misurare lo splendore intrinseco di una stella possiamo affidarci a due opzioni diverse, o riusciamo a calcolarne la distanza, così da poter capire quanto deve essersi affievolito lo splendore intrinseco durante la traversata interstellare; oppure la stella può far parte di una particolare tipologia di astri che possiedono grosso modo tutti lo stesso splendore intrinseco.
L’intensità di luminosità di una stella poi dipende da due fattori, la grandezza dell’astro e la temperatura che esso ha in superficie. Anche il colore dipende dalla temperatura che le stelle hanno sulla loro superficie. Ma di cosa è fatta una stella? Al momento della loro formazione, le stelle sono composte prevalentemente da idrogeno ed elio, con una piccola percentuale di elementi più pesanti, detti metalli; tra di essi vi sono però alcuni elementi, come l’ossigeno e il carbonio, che dal punto di vista chimico non sono realmente dei metalli. Le stelle più antiche (dette di Popolazione II) sono costituite da idrogeno (per circa il 75%), elio (per circa il 25%) e una frazione molto piccola (<0,1%) di metalli. Nelle stelle più giovani (dette di Popolazione I), invece, la percentuale di metalli sale fino a circa il 2% – 3%, mentre l’idrogeno ed elio hanno percentuali rispettivamente dell’ordine del 70% – 75% e 24% – 27%. Queste differenze sono dovute al fatto che le nubi molecolari, da cui le stelle si originano, sono costantemente arricchite dagli elementi pesanti diffusi dalle esplosioni delle supernovae. La determinazione della composizione chimica di una stella può essere, quindi, utilizzata per determinare la sua età.
L’enorme temperatura interna di una stella fa si che gli elettroni sfuggano dai nuclei atomici a cui sono legati. Il risultato è un «plasma», un gas in cui si mescolano nuclei atomici e elettroni erratici. Sempre grazie ad un’elevatissima temperatura interna i nuclei atomici dell’idrogeno si urtano arrivando a fondersi. Questa semplificando molto è la famosa fusione termonucleare che fa di una stella una sorta di fornace cosmica che produce tutti gli elementi di cui è fatta la vita e la natura.
La fusione termonucleare trasforma i nuclei atomici di idrogeno in nuclei atomici di elio con una massa lievemente più piccola di quella posseduta dai nuclei atomici di idrogeno che li hanno generati. Che fine ha fatto quell’esigua «massa perduta»? Oggi sappiamo, grazie ad Einstein, che essa si è trasformata in energia, poiché di fatto massa ed energia sono «due facce di una stessa medaglia»: l’una può convertirsi nell’altra.
Il plasma stellare è opaco perché i fotoni rimbalzano continuamente sugli elettroni vaganti e non riescono a sfuggire verso l’esterno. Soltanto ad una certa distanza dal nucleo della stella, i gas si fanno così rarefatti o poco caldi che la luce riesce a «divincolarsi». Da quel punto, la stella diventa trasparente. Questa «superficie» (essendo un globo di gas, una stella non ha una superficie vera e propria) è chiamata fotosfera (che significa letteralmente «sfera di luce»), perché di fatto è il luogo da cui la stella inizia ad irraggiare la propria energia nello spazio interstellare.
Le stelle sono oggetti dotati di una massa considerevole, compresa tra 1,5913 × 1029 e 3,9782 × 1032 kg;] in unità solari, da 0,08 a 150–200 masse solari (M☉).
Una delle stelle più massicce conosciute è l’ipergigante LBV Eta Carinae, la cui massa è stimata in 100–150 M☉; tuttavia una simile massa comporta una sensibile riduzione della vita dell’astro, che vive al massimo per alcuni milioni di anni.
Per qualche altro approfondimento:
Guardate le stelle e non i vostri piedi