giovedì, Maggio 9

“Che la festa cominci” di Niccolò Ammaniti

Che la festa cominci” è un romanzo dello scrittore italiano Niccolò Ammaniti, pubblicato nel 2009. Quest’opera esplora la società contemporanea attraverso una lente satirica, mettendo in luce i vizi e le virtù della nostra epoca. Si tratta di un lavoro minore ma non per questo meno godibile dell’ex golden boy della letteratura italiana.

L’autore

Ammaniti (classe 1966) deve la sua notorietà a livello nazionale grazie al successo del suo quarto romanzo, “Io non ho paura” (2001) edito da Einaudi con il quale vince il Premio Viareggio Narrativa, trasposto due anni dopo nell’omonimo film di Gabriele Salvatores, per cui riceve il Premio Flaiano per la sceneggiatura. Nel 2006 è la volta di “Come Dio comanda” che riscuote un buon successo di pubblico ma è oggetto di giudizi non entusiasmanti da parte della critica letteraria.

Regista e sceneggiatore, Ammaniti nel gennaio di quest’anno, dopo otto anni di “silenzio letterario” pubblica il suo decimo romanzo, “La vita intima” che vince il Premio Viareggio a ventidue anni dalla prima vittoria con “Io non ho paura”.

La trama (senza spoiler) di “Che la festa cominci”

La vicenda si svolge a Roma, e ruota intorno ad una festa organizzata a Villa Ada, il quarto parco pubblico di Roma collocato nella zona settentrionale della città, a nord-ovest della via Salaria, nel quartiere Parioli. Il romanzo immagina che questo imponente parco romano sia stato acquistato da Sasà Chiatti, un palazzinaro multimiliardario che organizza una festa stravagante nell’ex Villa Reale.

Quello che si presenta come l’evento dell’anno, anzi del nuovo millennio, è aperto alla tipica “fauna romana”, politici, imprenditori, sportivi, personalità del cinema e dello spettacolo. Chiatti non bada a spese e per la sua festa pacchiana e grandiosa, organizza all’interno del palco ben tre safari diversi con tre bivacchi per gli ospiti ed un concerto live di una delle cantanti più affermate del panorama nazionale: Larita.

Il palazzinaro romano però ignora che una sgangherata setta satanica di Oriolo Romano, le Belve di Abaddon ormai in disfacimento, guidata da Saverio, alias Mantos, il dio della morte etrusco, progetta un colpo sensazionale per risollevare le sorti della setta: rapire e sacrificare alle potenze infernali Larita, ex satanista ora convertita al cattolicesimo. Tra gli ospiti invitati c’è anche il noto scrittore Fabrizio Ciba in prolungata crisi creativa che cerca l’ispirazione per il suo capolavoro.

Il piano ordito dai quattro componenti delle Belve di Abaddon si complica quando entrano in scena delle mostruose figure obese, abitanti delle catacombe sotterranee di Santa Priscilla che escono in superficie per razziare cibo, massacrando e rapendo i partecipanti alla festa. E qui ci fermiamo per non svelare il finale del romanzo.

Il giudizio

Ammaniti usa la trama del romanzo per esplorare i vizi e le virtù della nostra società. Attraverso personaggi come Sasà Chiatti e Fabrizio Ciba, l’autore mette in luce l’assurdità e l’eccesso della cultura delle celebrità. La festa stessa è un microcosmo della società contemporanea, con i suoi eccessi e le sue disuguaglianze.

Il romanzo è anche una critica alla superficialità e all’egocentrismo della società moderna. Nonostante la gravità degli eventi che si svolgono durante la festa, molti dei personaggi non riescono a dare il giusto peso a quello che gli sta accadendo. Scritto con una tecnica cinematografica e utilizzando l’umorismo a tratti corrosivo, Ammaniti anima una coralità di personaggi, tracciandone miserie e sconfitte, disvalori e ostentazione, restituendoci così il quadro di una società dove l’apparenza diventa forma e sostanza del vivere civile.

In conclusione, “Che la festa cominci” non è certamente il miglior romanzo dello scrittore romano ma è comunque un’opera godibile e divertente che ci offre una riflessione non scontata sui vizi e le virtù del nostro tempo.

Per saperne di più:

Niccolò Ammanniti

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