sabato, Maggio 18

Cibarsi del miglior amico dell’uomo

A partire dal 2010, nella grande città di Yulin (Cina Meridionale), il 21 giugno di ogni anno si iniziano a uccidere brutalmente migliaia di cani e gatti, al fine di venderne la carne. Secondo i dati raccolti da Asia for Animals nel suo momento di massimo successo il festival della carne di cane di Yulin è stato responsabile della macellazione di 10.000-15.000 cani ogni anno, a cui si devono aggiungere diverse centinaia di gatti.

I metodi sono davvero orripilanti, con cani bolliti vivi (e lentamente) e gatti soffocati con un cerchio metallico al collo, stretto tramite due aste pressate. La carne dei cani viene anche venduta nei supermercati, con prezzi che oscillano tra i dieci e i venticinque euro al chilo, ma che possono essere sensibilmente più alti nelle transazioni tra private. Il sapore della carne di cane è piuttosto strano, una via di mezzo fra il sapore del tacchino e quello del maiale.

Comportamenti diversi

Questo orribile festival inventato dai commercianti locali e diventato famoso sulla scena internazionale nel 2015 grazie all’hashtag sui social network #StopYulin2015, che ha moltiplicato in tutto il Pianeta l’orrore di cani e gatti torturati e uccisi per finire sulle tavole dei ristoranti nella settimana del solstizio d’estate. Il festival richiama “amanti” della carne di cane e di gatto, da tutto lo sterminato territorio cinese.

Eppure più dell’ottanta per cento della popolazione cinese è oggi contraria a questo brutale sfruttamento, orientato solo a fini commerciali. Soprattutto tra le giovani generazioni il rifiuto di alimentarsi con le carni dei migliori amici dell’uomo è netto e intransigente.

Comunque in passato i Cinesi hanno fatto uso di carni canine ma in periodi di notevole povertà: addirittura, nel periodo della rivoluzione culturale, a causa della forte carestia, la gente arrivò persino a cibarsi di cortecce di alberi. Nonostante le disperate condizioni alimentari, almeno il 70% dei Cinesi non ha mai mangiato questi tipi di carni, anzi ben 11 milioni di attivisti nel 2016 hanno firmato una petizione per bloccare questa vergognosa pratica. Dopo quattro anni per decisione del governo cinese, cani e gatti sono state eliminati da liste lecite di carni da macello, classificandoli come animali da compagnia.

Altri maltrattamenti

Indubbiamente siamo portati a condannare severamente il festival delle carni di cani, ma dovremmo fare lo stesso per quello che capita in Italia, in vari allevamenti intensivi di polli, mucche e maiali. Questi animali a volte sono costretti a vivere in condizioni assai precarie: stretti in capannoni luridi, in mezzo alle loro feci e urina, soggetti a frequenti malattie virali. Inoltre il cibo che ricevono è spesso trattato, con antibiotici e anche anabolizzanti, per una più rapida crescita.

Avrebbero bisogno di spazi molto ampi e del contatto diretto con la vegetazione. Invece la loro situazione deprecabile provoca inquinamento di aria, acque e suolo. In un documentario televisivo, si sono visti polli malati, o dal peso inferiore rispetto a quello voluto, soffocati storcendone i colli.

Animali sacri

In una nazione confinante con la Cina, l’India, alcuni animali non vengono soltanto rispettati e protetti, ma persino ritenuti sacri. In primo luogo le mucche, le zebù dalla gobba sul dorso, sono ritenute incarnazioni di varie divinità secondo la religione indù, per cui venerate. Stessa cosa accade per alcune scimmie, le tigri e addirittura i topi! Nel tempio di Karni Mata, i kebbes, ratti sacri, sono oggetto di venerazione da parte di molte persone venute da lontano: ce ne sono 28.000 ben nutriti e quasi addomesticati. Si può pertanto assistere alla scena paradossale di sacerdoti e topi che bevono dallo stesso recipiente.

Conclusioni

L’atteggiamento umano nei confronti di animali può cambiare sensibilmente, in base alle culture che animano i diversi paesi, così come per il normale processo di evoluzione storica e sociale degli stessi. Basti pensare ai gatti, sterminatori di topi nei granai dell’ Antico Egitto, e per questo divinizzati, salvo poi essere demonizzati e perseguitati nel Medioevo.

Se non diventano invasivi (o addirittura portatori di malattie), come in certi casi, ad esempio termiti e formiche, vanno rispettati e tollerati soprattutto nei loro ambienti di vita, per evitare lo stravolgimento di radicati e delicati equilibri ecologici. Sono circa 16 milioni i cani e gatti che convivono felicemente nelle nostre case, ma esaminando certi allevamenti intensivi, la triste pratica degli abbandoni e i maltrattamenti, non bisogna considerare l’Occidente “buono” e la Cina solo “mangia-cane”.

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