sabato, Maggio 18

Ciro il Grande e Tomiride, la regina guerriera

Ciro II di Persia, noto come Ciro il Grande (590-530 a.e.v.), imperatore dei persiani e membro della dinastia dei Teispidi è passato alla storia come uno dei sovrani della Perside più illuminati, amante dell’arte e della cultura, attuò una politica fatta di autonomie locali, che gli permise di governare un grande impero, ma destinata dopo la sua morte ad un rapido fallimento. Abile comandante militare, Ciro se poteva, preferiva ampliare il proprio impero attraverso la diplomazia e soltanto quando questa falliva ricorrere all’uso delle armi.

In questo modo conquistò Babilonia nel 539 a.C. senza combattere, ma con un’abile politica di propaganda; infatti, approfittò della particolare venerazione del sovrano babilonese, Nabonedo, verso il dio Marduk preferendolo al dio lunare Sin che rappresentava il culto della stragrande maggioranza della popolazione. Ciro II pensò di proclamarsi figlio di Marduk, così fece cacciare dal popolo il sovrano mesopotamico e fu accolto come salvatore. Nel 538 a.C. emise anche un editto che consentiva agli Ebrei non solo di fare ritorno in patria, ma di ricostruire il tempio di Gerusalemme. In questo Ciro senza nessun spargimento di sangue ottenne anche il controllo dell’area fenicio-palestinese.

L’imperatore dei persiani tentò di attuare la stessa politica verso i territori a nord del fiume Arasse, gli odierni Turkmenistan e Uzbekistan. Quei territori erano abitati dai massageti, un antico popolo nomade di ceppo scitico, dediti al cannibalismo, ai sacrifici umani e al consumo collettivo di cannabis. Questo popolo era guidato da una temibile regina guerriera Tomiride.

Ciro che dopo tutte le sue conquiste si era proclamato  Re dell’Universo, titolare cioè di tutti i titoli reali della Mesopotamia e dell’Asia Minore. Ciro re di Sumer, di Akkad, degli Hittiti, degli Assiri e dei Medi, oltre che dei Persiani chiese in sposa la regina dei massageti ottenendone uno sdegnato rifiuto. Allora il Re dell’Universo decise di liquidare la faccenda ricorrendo ad una spedizione militare.

Il primo a menzionare Tomiride è Erodoto, dopo di lui si trovano informazioni su questa singolare regina anche negli scritti di  Strabone, Polieno, Paolo Orosio, Cassiodoro, Giordane. Ciro subì una prima sconfitta appena le sue forze guadando il fiume Arasse si erano inoltrate nel regno dei massageti. Costretto alla ritirata, i suoi generali gli suggerirono di tendere un trabocchetto alle orde nemiche che incalzavano l’esercito persiano in ritirata.

 i Persiani lasciarono un accampamento apparentemente abbandonato, fornito di abbondante provviste di vino. Gli Sciti, da pastori quali erano, conoscevano quali uniche bevande il latte e lo yogurt. Non erano quindi abituati al vino, anche se conoscevano invece gli effetti dell’uso di hashish. Questo fece sì che si ubriacassero immediatamente. I Persiani ne approfittarono per attaccarli e massacrarli; nella battaglia i persiani catturarono Spargapise, figlio di Tomiride che per il disonore si suicidò.

La regina impazzita dal dolore per la perdita del figlio guidò personalmente il suo esercito contro quello persiano. I micidiali arcieri a cavallo dei massaggeti inflissero perdite pesantissime alle forze di Ciro, che perì anche lui durante la battaglia. Tomiride cercò sul campo il suo cadavere, lo decapitò e bevve dal teschio il sangue dei nemici caduti raccolto in un otre. Il mito vuole che conservò il teschio del Re dell’Universo e la usò come coppa per il vino per tutta la vita.

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