sabato, Maggio 18

Dentro al folle mondo dei troll di internet e dei propagandisti social

Il giornalista Andrew Marantz del “The New Yorker” ha passato tre anni nell’abisso dei troll e dei propagandisti dei social media, cercando gli individui responsabili di diffondere estremismi e di portarli nel cuore delle discussioni online. Provando a comprendere come quegli estremismi riescano a diffondersi così rapidamente ed in modo capillare

Marantz ha letteralmente passato tre anni della sua vita a parlare con le peggiori persone che ci siano in internet. Per scoprire chi confezionava e distribuiva meme razzisti, omofobia, propaganda misogina e disinformazione virale, che rimbalzano da un social media all’altro. In che modo la diffondevano e quale fosse l’impatto sulla nostra società. Nel 2016 cominciò a risalire alle fonti di alcuni meme, a chi li creava e si mise in contatto con alcuni di loro. Ed è così che finì in un salotto, racconta Marantz, di un propagandista da social media nella California del sud. Un ragazzo sulla quarantina, istruito e cosciente della realtà dei fatti, che però ha deciso di sfruttare il potere delle emozioni per ottenere visibilità online. Il giornalista racconta che mentre era in compagnia del propagandista, esplose una bomba a New York, l’individuo sospettato di aver piazzato l’ordigno aveva un nome che sembrava mediorientale

Al propagandista, spiega Marantz, è sembrata un’occasione, poiché una delle cose che voleva era il taglio dell’immigrazione, in particolare modo dai paesi a maggioranza musulmana. Così comincia a twittare, postare e trasmettere live sui suoi social, aizzando i suoi seguaci a condividere meme razzisti e post su come tenere i confini aperti avrebbe ucciso tutti. Dopo poche ore non era più importante che a far esplodere la bomba fosse stato un uomo bianco di origini americane e che dunque nulla aveva a che fare con l’immigrazione, ormai aveva già inquinato il dibattito social e preso posizione nei trend topic

Marantz spiega che il ragazzo della California del sud è solo un tipo di propagandista, ci sono gli ideologici che vanno oltre il conservatorismo, che vogliono l’abolizione del suffragio femminile, che chiedono la segregazione razziale. Fa notare però come in alcune delle persone con cui ha parlato, ci fosse un dislivello tra le abilità sociali nella vita reale ed in quella online. Sostanzialmente, tra gli individui che diffondono contenuti detestabili, ci sono persone sole che mostrano difficoltà nei rapporti sociali o si trovano in stati emotivi facilmente manipolabili. Internet offre loro un posto dove sentirsi parte di qualcosa, una comunità che li faccia sentire intelligenti ed accettati. 

Ma chi sa bene come funziona la rete e soprattutto i social media, sa come sfruttare il potere delle emozioni, i contenuti più cliccati e condivisi sono quelli che suscitano indignazione, disgusto e rabbia, nutrendo false convinzioni a discapito del pensiero critico.

Lo scopo originario dei social media, ricorda il giornalista, era di avvicinarci, rendendo il mondo più tollerante, più aperto e più giusto e qualcosa è stato fatto. Ma gli algoritmi dei social media non sono stati creati per distinguere ciò che è vero da ciò che falso, o ciò che è giusto da ciò che non lo è. Quello che fanno è misurare il coinvolgimento: i click, i commenti, le condivisioni. Più un contenuto suscita emozioni forti più verrà cliccato, commentato e condiviso.

I propagandisti non sono hacker russi o geni del computer o visionari politici, dice Marantz, hanno solo capito come funzionano i social media e ne traggono vantaggio. Danneggiando tutti.

Cosa possiamo fare per non essere parte del problema? Marantz ci da dei suggerimenti:

Il primo è di essere degli scettici intelligenti, ovvero pensare sempre con la propria testa, mettere in discussione, chiedere prove. Che si contrappone allo scetticismo stupido, più simile ad un istintivo andare contro a tutto, senza informarsi veramente ma a colpi di bias confermativi.

Il secondo suggerimento è di non considerare il “dichiararsi a favore della libertà di parola” la fine di un dibattito, ma l’inizio di una discussione importante. Fino a che punto? Significa che ognuno può attaccare chiunque per qualsiasi motivo? Chiunque può disinformare diffondendo notizie false o alterate pericolose per la salute o la sicurezza pubblica? Sono considerazioni importanti che non possono essere liquidate da un assunto.

Marantz lancia un appello anche a chi gestisce e possiede i social network. Aggiustare le loro piattaforme, considerare di smettere di sfruttare al massimo livello il coinvolgimento emotivo, poiché questo sistema sta distruggendo il mondo. 

Come ci interfacciamo alle notizie e ai contenuti che troviamo su internet è la chiave per utilizzare questo strumento potentissimo ma vasto e incontrollabile, verificare le fonti e usare il pensiero critico per non farsi fagocitare dai contenuti clickbait è fondamentale. Ed evitare di farsi coinvolgere in discussioni da chi vi sta solo usando per ottenere ancora più visibilità. 

“Do not feed the troll”

FONTI:

https://www.ted.com/talks/andrew_marantz

https://it.wikipedia.org

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