mercoledì, Maggio 15

I canili, tra modelli di civiltà e lager

Il fenomeno del randagismo in Italia riguarda circa 2 milioni di cani, di cui 1,5 dal Lazio in giù, concentrato soprattutto in cinque regioni. Una cifra ancora enorme, che comunque tende a diminuire, grazie all’aumento delle adozioni. Si cerca di combattere il randagismo mediante i canili, distinti in sanitari, di prima accoglienza, e rifugi, questi ultimi dalla permanenza più prolungata, persino di anni.

Qualche dato

Il 67% dei cani si trova nel Meridione, dove a fronte del 43% di canili d’Italia. Il totale dei canili nel nostro paese è di 1051, col costo medio di 1200 euro annui: tenendo conto che la permanenza media in rifugi è di circa 7 anni, il business legato alla loro gestione si aggira sui 700 milioni di euro annui. In base alla Legge num. 281/291, la gestione dei canili (e gattili) dovrebbe essere affidata ai Comuni, ma questi spesso la affidano a privati, che però non sempre adoperano onestamente i fondi assegnati; dovrebbero essere spesi da 1,5 a 5 euro al giorno per ogni cane.

Problematiche più frequenti

I problemi maggiori per i canili sono gli spazi assai limitati, le gabbie molto piccole, quindi il sovraffollamento promiscuo, e le carenti condizioni igieniche. Gli animali, che così appaiono piuttosto tristi e passivi, avrebbero invece bisogno di ambienti molto più ampi, all’aperto, per muoversi liberamente, giocare e socializzare tra loro e con i volontari. Questi ultimi comunque fanno il possibile per sopperire alle mancanze strutturali, impiegando buona parte del loro tempo libero per accudirli.

Una significativa testimonianza

Articolato e interessante il percorso di Isabella Grandi, che, appena finito il liceo, ha seguito un corso per educatori cinofili, poi uno di istruttore. In seguito, dopo vari anni di volontariato, lavora stabilmente presso il canile di Budrio (Bologna).

In un’intervista, ha dichiarato che lo scopo dei canili è di salvare sia i cani abbandonati, in genere senza il microchip di riconoscimento, sia quelli lasciati dai proprietari in strutture comunali. Dopo un’accurata visita veterinaria, per appurarne le condizioni fisiche, se ne valuta la docilità, la socievolezza e l’approccio con altri cani e con l’ambiente urbano. Poi si cerca di integrarlo adeguatamente nel canile. In seguito, se risulta abbastanza autocontrollato, lo si porta in campagna e infine in zone urbanizzate.

Abandoned dog at the highway — Image by © Herbert Spichtinger/Corbis

In genere, capita che alcune persone, che hanno deciso di avere un cane, si rendono conto di non aver più tempo sufficiente per accudirlo in modo adeguato, a causa del lavoro o di altri impegni. Può succedere anche che il padrone muoia o abbia una malattia grave, e nessuno in famiglia si prende carico del cane. Il caso estremo è l’abbandono, spesso definitivo per strada o in zone isolate. Allora il cane, a volte vittima di violenza fisica, appare più prevenuto verso le persone, per cui ha bisogno di più tempo e cure, per essere rassicurato. Come succede per noi, ogni cane ha una sua personalità e un suo passato, per cui chi decide di adottarlo, deve dargli comprensione ed affetto, tollerando eventuali suoi momenti aggressivi iniziali.

Conclusioni

Diversi canili vengono sequestrati dalle forze dell’ordine per le gravi carenze che vi vengono registrate. In altri, però la situazione generale è migliore, soprattutto grazie agli interventi assidui ed efficaci dei volontari ed alla generosità di privati.

Alla fine, i cani ricambiano l’affetto e le cure di cui li facciamo oggetto con una riconoscenza ed una fedeltà assoluta, che non finiscono affatto con la nostra scomparsa, ma continuano anche dopo, per sempre.

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