sabato, Maggio 18

I primi Re “riformatori”

I primi sovrani di cui si hanno notizie storiche attendibili che hanno sentito la necessità di emanare leggi, a volte un intero corpo di normative, sono i re appartenuti alla Prima Dinastia di Lagash 2550-2371 a.e.v.

Lagash è una delle più antiche città sumere e, successivamente, babilonesi, di cui rimangono soltanto poche rovine, per lo più fondazioni nei pressi della giunzione nord-occidentale fra i fiumi Tigri e Eufrate e il confine orientale della città di Uruk. In quest’area si sviluppò uno dei primi imperi del mondo.

Il primo sovrano di cui si ha notizia di provvedimenti legislativi è Entemena, vissuto dal 2404 al 2375 a.e.v., quarto re della I Dinastia di Lagash. Quello che sappiamo di lui lo dobbiamo ad un vaso d’argento con incisioni ed un piccolo cono d’argilla nel quale si legge un incisione in caratteri cuneiformi da cui risultano atti emanati per gestire i confini tra gli Stati di Lagash e di Umma.

Si tratta del documento diplomatico più antico del mondo. Ad Urukagina, pur nella brevità del suo regno 2378-2371 a.e.v. dobbiamo invece i primi provvedimenti tesi a contrastare il potere del clero. Si tratta del primo sovrano che difende la “laicità” dello stato.

Secondo quanto riporta una piccola iscrizione oggi al Museo del Louvre leggiamo che fu in grado di affrancare gli abitanti di Lagash «[…] da usura, controlli onerosi, fame, furti, omicidi, e il sequestro (di loro proprietà e persone). Ha stabilito la libertà». Anche in questo caso è il primo documento scritto nella quale appare la difesa del concetto di libertà.

Un grande riformatore fu Gudea, dodicesimo sovrano della Seconda Dinastia di Lagash che regnò per venti anni, dal 2144 al 2124 a.e.v. Amatissimo dal suo popolo, passato alla storia come re saggio e pacifico, emanò una serie di riforme in cui si parlava di cancellazione dei debiti, di diritto di possesso delle terre etc.

Questo non significa che durante il suo lungo regno non siano state combattute guerre, in un area geografica caratterizzata da alta conflittualità tra le Città-Stato, ma Gudea permise molti anni di pace, garantendo al suo popolo una prosperità senza precedenti. Poi nel 2003 a.e.v. gli Amorrei invadono il regno di Sumer e cambia l’approccio alle leggi.

Il Re legifera soltanto dopo rivelazioni divine, e più che un riformatore laico si trasforma in un esecutore della volontà degli dei. Il clero faceva della religione (ma anche della superstizione di alcuni re) uno strumento di potere in grado di tenere in pugno anche alcuni sovrani.

Qualche secolo dopo però la città di Babilonia riuscì nell’impresa di unificare la Mesopotamia, ponendo fine alle ostilità tra le Città-Stato. Merito fondamentale va attribuito ad un grande Re: Hammurabi che nel 1763 a.e.v. riuscì consolidare tutti i possedimenti interni del Regno.

Hammurabi riuscì a costruire un prezioso equilibrio tra lo Stato, il clero e la nobiltà. Il commercio era strettamente controllato dal sovrano come risulta dalle incisioni poste sui sigilli. Il regno di Hammurabi costituì uno dei momenti di massimo splendore della Mesopotamia con una ricca fioritura delle arti, della filosofia, della scrittura cuneiforme ed è in questo contesto che nasce il famoso Codice di Hammurabi.

In realtà Hammurabi raccolse in forma organizzata una serie di leggi e codici scritti da precedenti re sumerici e accadici vissuti prima di lui. Il codice fu scoperto dall’archeologo francese Jacques de Morgan nell’inverno 1901-1902 fra le rovine della città di Susa. Nella prima delle tre sezioni di cui è costituito il Codice, Hammurabi si dichiara rispettoso dei voleri della divinità, poi nel corpus giuridico da 282 leggi affronta molte delle possibili situazioni dell’umano convivere del tempo, dai rapporti familiari a quelli commerciali ed economici, dall’edilizia alle regole per l’amministrazione del regno e della giustizia.

Le leggi sono notevolmente dettagliate, e questo ha fornito un aiuto prezioso agli archeologi, consentendo loro di ricostruire importanti aspetti pratici della società mesopotamica. L’importanza del codice di Hammurabi risiede certo nel fatto che si tratta di una delle prime raccolte organiche di leggi a noi pervenuta, ma soprattutto nel suo essere pubblico, o per meglio dire pubblicamente consultabile, dai cittadini che sapevano leggere.

Troppo frettolosamente associato esclusivamente alla massima “occhio per occhio” e quindi alla legge del taglione, in realtà il Codice sanciva in realtà i diritti fondamentali dei quali dovevano godere tutti quanti, nessuna classe esclusa. La società era ripartita in awilum (classe superiore, con pieni diritti di cittadinanza, ma con grandi responsabilità), mushkenum (classe dipendente dal palazzo o da un tempio) e infine wardum, gli schiavi, che nonostante la loro posizione grazie al Codice potevano detenere denaro, avevano acquisito il diritto di sposarsi e mettere su famiglia, una serie di diritti che non trovarono riscontro in altre società della storia antichi.

Fonte;

alcuni voci di Wikipedia

I misteri dell’archeologia di C. Barandani

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