giovedì, Maggio 16

Il Decameron di Pier Paolo Pasolini

Può sembrare strano ma una delle opere della letteratura italiana più conosciuta ed apprezzata fu per l’autore, Giovanni Boccaccio, se non un tormento, il testo di cui andava meno fiero. Di più egli provava un certo imbarazzo che traspare nel suo scambio epistolare con il Petrarca, nel quale affermava di non essersi potuto sottrarre nello scrivere il Decamerone.
Difatti Boccaccio lo aveva scritto su commissione della principessa Maria, figlia naturale del Re Roberto di Napoli.
Insomma Boccaccio considerava le 100 novelle che costituiscono il libro scritto probabilmente tra il 1349 (anno successivo alla peste nera in Europa) e il 1351 o il 1353 un’opera senza pretese, scritta su commissione e del quale andava tutt’altro che fiero.
Invece il Decamerone si rivelerà una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo, durante il quale esercitò una vasta influenza sulle opere di altri autori (si pensi ai Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer), oltre che la capostipite della letteratura in prosa in volgare italiano.
Il cinema si interessò al Decamerone fin dal 1912 quando la Vesuvio Film di Napoli filmò una serie di novelle tratte dal libro di Boccaccio.
La trasposizione cinematografica più importante è però decisamente Il Decameron di Pier Paolo Pasolini (1971). Con questo film il grande scrittore, giornalista e regista italiano abbandona i film in forma di saggio, intessuti da metafore e parabole, iniziati con Uccellacci ed uccellini (1966) per tornare alla rappresentazione del mondo del sottoproletariato tanto caro a pellicole come Accattone, 1961 e Mamma Roma del 1962.
Scelse pertanto attori provenienti “dalla strada” e dalle borgate romane, intendendo denunciare gli aspetti retrivi e chiusi della borghesia romana degli anni settanta, che condannava molti elementi della vita comune e del sesso.
All’epoca fece molto scandalo la presenza di alcune scene di nudo maschile e femminile, ma ciò faceva appunto parte del gioco compositivo di Pasolini di esaltazione dei piaceri dell’uomo e della naturalezza di tali gesti. Scelse anche lui le novelle ambientate a Napoli, invece che quelle che Boccaccio aveva collocato a Firenze ed in Toscana, perchè per Pasolini la città partenopea rappresentava l’ultimo baluardo della genuinità popolare.
Il film ebbe diversi problemi con la censura che sequestrò e dissequestrò la pellicola, ed aprì anche un processo, che alla fine vide giudicati non colpevoli gli imputati (tra cui il regista stesso). In Germania e in gran parte dell’Europa invece il film ebbe notevole successo e vinse l’Orso d’argento al Festival del Cinema di Berlino.
Tra gli interpreti non possono non essere ricordati due attori feticcio di Pasolini, Ninetto Davoli e Franco Citti e lo stesso Pasolini, nel ruolo cameo del pittore allievo di Giotto, dopo aver ricevuto un rifiuto da parte degli amici scrittori Sandro Penna e Paolo Volponi ai quali aveva proposto quel ruolo.

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