sabato, Aprile 27

Il packaging alimentare tra innovazione ed ecosostenibilità

Ne abbiamo tutti i giorni a che fare, e da anni ci si interroga e ci si industria per ridurlo o renderlo sostenibile ed ecocompatibile. Parliamo del packaging, l’insieme delle strategie e dei materiali messi in atto per contenere e conservare gli articoli in vendita, dal cibo, ai libri al più piccolo degli elettrodomestici. In questo articolo ci soffermeremo prevalentemente sul packaging dei prodotti alimentari.

Gli imballaggi nel settore alimentare

Il packaging però non ha solo la funzione di contenere e conservare un alimento, ma anche proteggerlo da agenti di contaminazione (chimico, fisico biologico), e di comunicarne il contenuto o le eventuali proprietà benefiche dell’alimento. Naturalmente esistono diversi materiali, con diverse proprietà chimico-fisiche, ma anche di biocompatibilità.

Un package può però anche interagire col prodotto in esso presente (ricordiamo al lettore che gli alimenti sono sistemi complessi e spesso ancora “vivi” come nel caso dei vegetali o della frutta) e apportare delle possibili modifiche, alterando o promuovendo la sua shelf life o la salubrità igienico sanitaria (fenomeni di permeazione o cessione).

Per tale ragione esistono delle “liste positive”, cioè liste di materiali approvati dalla Commissione Europea e quindi autorizzate a venire a contatto con l’alimento. Il tutto è disciplinato dal Regolamento 1935-2004. I MOCA sono classificati in primario, secondario e terziario, a seconda che essi siano a diretto contatto col prodotto o contengano le singole unità, o le confezioni. Vogliamo fare un esempio?

Prendiamo una merendina e mettiamola nella sua confezione. Questo è chiamato imballaggio primario. L’intero pacchetto è quello secondario, mentre il pallet di confezioni incellofanate è quello terziario.

A tal proposito negli ultimi decenni sono stati sviluppati diverse tipologie di packaging innovativi, non solo nel materiale, spesso ricavato da scarti dell’industria alimentare, e quindi biopolimeri organici, ma anche capaci di offrire un servizio aggiuntivo al consumatore (smart e intelligente) e di contribuire a migliorarne la durabilità (attive packaging). Vediamone alcuni esempi.

Il package organico

Biopolimeri: sono alcuni materiali ricavati da materiale organico di scarto (amidi, cellulose, alginati, proteine varie, ecc.), o da organismi, specialmente vegetali, per polimerizzazione dei singoli monomeri. Questi si presentano biodegradabili, e quindi contribuiscono a ridurre l’inquinamento e l’accumulo di rifiuti.

Ad esempio, l’amido, il principale polimero glucidico di riserva dei vegetali, può essere impiegato nella produzione di pannolini, buste per la spesa e altro ancora. Un esempio è dato dal Mater-Bi. Anche la cellulosa è un polimero componente le fibre alimentari della frazione insolubile, può essere impiegata per produrre chellophane o acetato di cellulosa, utilizzato nella produzione di montature per produrre occhiali.

Uno dei polimeri più impiegati è ricavato dall’acido lattico, ottenuto dalla fermentazione degli zuccheri (glucosio) e si chiama Acido Polilattico, e da questo si ricavano gli inchiostri per stampanti 3D. In ambito alimentare, si è evidenziato non solo la sua praticità nel campo della sostenibilità ambientale, ma anche le prestazioni in termini di lunghezza della shelf-life, e una forte capacità antiossidante e antimicrobica.

Il package attivo

Attivi: sono packaging capaci di interagire col prodotto, liberando sostanze (molecole bioattive o gas come la CO2) che ne aumentano la shelf life. Un esempio è dato dal Consorzio Bestack, che collaborando con l’Università di Bologna ha messo appunto un cartone attivo per confezionare la varietà di fragole Sabrosa, proveniente dalla Basilicata, o con il marchio Solarelli, con la varietà Candonga.

L’imballaggio in questione ha la proprietà di rilasciare degli antimicrobici naturali in grado di inibire i batteri patogeni e alterativi della frutta. Sono stati valutati sia gli effetti stressanti (temperatura o umidità) che l’aspetto visivo e di gradimento del consumatore. I risultati hanno dimostrato che tale packaging permette di incrementare di un giorno e mezzo il tempo di conservazione del prodotto rispetto all’analogo in confezioni standard non attive.

I test, svolti alle temperature di 17 e 21 °C hanno riguardato tempistiche di 48, 72 e 96 h, dimostrando che è possibile ridurre gli scarti del 2-7% nei primi due mesi e dell’8% in termini di imballaggi. Se il prodotto è conservato in cella frigorifera, la soglia di scarto ridotto, sale al 13% e 19% rispetto alla conservazione a temperature ambiente.

Un altro esempio è l’impiego di Carvacrolo (un terpene fenolico presente nell’olio essenziale ricavato dall’origano) con proprietà antimicrobiche, specialmente l’Escherichia coli, responsabile di MTA, immesso nell’acido polilattico, o LPDE, costituenti un film per confezionare Hummus, (un prodotto a base di ceci, mescolati con aglio, olio, sale, succo di limone, prezzemolo, etc.) tipico della cucina mediorientale.

Il package intelligente

Intelligenti: sono speciali packaging dotati di sensori e quindi capaci di monitorare determinare condizioni interne al prodotto, segnalando anomalie come il cambiamento di pH, quale indice di crescita microbica; o una variazione di temperatura, come nel caso dell’etichetta in silice realizzata dalla Università di Milano Bicocca, che alla temperatura di 4°C resta incolore, ma già a 9°C inizia a cambiare colore, passando all’azzurrino se la confezione rimane a quella temperatura per i primi 30 min, e poi segnala al consumatore il tempo di permanenza maggiore (3h), alla medesima temperatura, con una colorazione marcatamente blu.

Un altro esempio è l’impiego di antocianina ricavata dal mirtillo come indicatore colorimetrico aggiunto nel film di imballaggio di carne di suino, per monitorare la sicurezza di tali prodotti, utilizzando un telefono cellulare. Il colore della pellicola è in grado di cambiare colore, passando da incolore a marrone dopo 9 giorni di conservazione per mostrare il deterioramento della carne di maiale in relazione al pH.

Conclusioni

La continua ricerca di forme di packaging più sicure e assistenti per i nostri alimenti non può disgiungersi però, soprattutto per quanto riguarda i prodotti non commestibili con l’impegno di una forte riduzione degli imballaggi. Il problema dell’inquinamento ambientale e dello smaltimento dei rifiuti è sempre più un tema urgente e al centro del dibattito pubblico.

Esiste una maggiore sensibilità rispetto al passato per l’utilizzo di un packaging ecosostenibile, come riporta un’indagine condotta dalla rivista Altroconsumo  che indica come in Italia 4 acquirenti su 10 sono attenti all’imballaggio dei prodotti e il 55% è disposto a pagare di più per la sostenibilità. Ma solo il 25% dei marchi offre prodotti green.

Innovazione ed ecosostenibilità sono quindi le due direttrici sulle quali ricerca e azienda devono muoversi per un packaging efficiente, smart ma anche rispettoso dell’ambiente e possibilmente ridotto in termini quantitativi.

Foto di Igor Ovsyannykov da Pixabay

Foto di Kevin Phillips da Pixabay

Bibliografia

http://www.corriereortofrutticolo.it/2017/05/12/imballaggio-attivo-bestack-risultati-dei-test-anti-spreco-sulle-fragole-sabrosa-marchio-candonga/

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