lunedì, Maggio 20

Il pianeta che non dovrebbe esistere

Anche le stelle hanno un loro ciclo vitale. Uno dei passaggi finali della loro esistenza è la trasformazione in giganti rosse. Si tratta di stelle di massa piccola o intermedia che entrano nella fase finale della loro evoluzione, il cui raggio si espande sensibilmente. Questo straordinario aumento delle sue dimensioni non è una buona notizia per i pianeti che orbitano intorno a questi astri.

Questo drammatico passaggio avverrà tra circa un miliardo di anni anche per il nostro Sole che fagociterà tutto ciò che c’è nel raggio dell’attuale distanza con Marte. Questo significa che anche la Terra sarà spazzata via durante quel catastrofico momento e con essa scompariranno tutte le forme di vita, eventualmente, ancora presenti. Questa è la sorte comune a tutti gli oggetti celesti che orbitano intorno ad una gigante rossa. Eppure questa ineluttabile dinamica è messa in crisi, da un singolare “sopravvissuto”, Halla, un gigante gassoso distante circa 520 anni luce da noi. Ma procediamo con ordine.

Un pianeta fuori posto

Siamo nel 2015, quando un team di astronomi coreani, utilizzando il metodo della velocità radiale, scopre in orbita attorno alla stella  8 Ursae Minoris – ribattezzata Baekdu dal nome del picco più alto della Corea del Nord – le tracce di un gigante gassoso simile a Giove: Halla, appunto, alias 8 Ursae Minoris b. Il metodo della velocità radiale studia le piccolissime oscillazioni nella luce stellare indotte dalla presenza gravitazionale di un pianeta. Il metodo consente di determinare le masse in gioco, un fattore fondamentale per capire il tipo di pianeta.

Il punto è che Halla, un gigante gassoso con una massa appena più grande di Giove è ad appena 0,46 unità astronomiche dalla gigante rossa. L’unità astronomica è la distanza media che separa il Sole dalla Terra è corrisponde a circa 150 milioni di chilometri. Una posizione inferiore al raggio raggiunto da Baekdu nell’epoca di massima espansione.

I dati non mentono

In base ai dati raccolti da Tess, il Transiting Exoplanet Survey Satellite della Nasa la stella, nel suo nucleo, già sta bruciando elio: segno che ha attraversato una fase di enorme espansione sotto forma di gigante rossa. Ergo avrebbe dovuto inglobare e polverizzare Halla. Gli scienziati per essere sicuri di aver interpretato correttamente i dati, tra il 2021 e il 2022, hanno ripetuto le misure, stavolta utilizzando lo spettrometro ad alta risoluzione HiRes dell’Osservatorio Keck e lo spettropolarimetro Espadons del Canada-France-Hawaii Telescope. Risultato: Halla è sempre lì, e la sua orbita è rimasta stabile per oltre un decennio.

Come si è salvato Halla?

Come è possibile che Halla si sia salvato dalla drammatica fase espansiva della sua stella? Sono domande che si pone lo studio pubblicato su Nature e coordinato da Marc Hon dell’Università delle Hawaii. Assolutamente poco probabile è l’ipotesi che Halla non si trovasse in quella posizione nel momento in cui Baekdu diventava una gigante rossa e che sia migrato verso le regioni interne del sistema solo in un secondo tempo. Ai limiti della fantascienza poi c’è l’ipotesi che Halla sia passato attraverso l’inferno di una gigante rossa per uscirne pressocché indenne.

Secondo una delle coautrici dello studio, Amalie Stokholm, ricercatrice all’Università di Bologna e associata Inaf ci sono altre e più concrete possibilità di dare una spiegazione al pianeta che non dovrebbe esistere. “Una possibilità è che il suo sistema ospite avesse in origine un aspetto molto diverso da quello che osserviamo oggi. Riteniamo che la stella ospite possa essere stata in origine un sistema binario. La fusione delle due stelle potrebbe aver impedito a ciascuna di esse d’espandersi a tal punto da inghiottire il pianeta. In questo caso, Halla orbita sì vicino, ma comunque a distanza sufficiente da consentirgli di sopravvivere all’impatto della collisione esplosiva delle due stelle”.

Un’altra possibilità è che Halla sia una pianeta di formazione giovanissima, nato dai detriti rilasciati dopo la fusione. In ogni caso sottolinea la Stokholm “è il primo pianeta mai scoperto in orbita stretta attorno a una stella che nel nucleo brucia elio: una dimostrazione del fatto che gli esopianeti possono ancora sorprenderci, venendo scoperti attorno a stelle dove mai ci aspetteremmo di trovarne”.

Fonti:

mediaInaf.it

https://www.nature.com/articles/s41586-023-06029-0

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