sabato, Maggio 18

Il sistema viario nell’Alto Medioevo

Tra la tarda antichità e l’Alto Medioevo il sistema di strade costruito e mantenuto dai Romani si va progressivamente deteriorando. Vie e sentieri appena segnalati percorrono l’Europa, attraversando campi coltivati o incolti, accanto a quello che rimaneva del sistema viario romano.

Le strade romane

Fra quest’ultime si distinguevano in particolare per l’imponenza e la cura costruttiva le vie pubbliche e militari, le più belle, costruite a suo tempo con risorse interamente a carico dell’amministrazione imperiale. Sopravvivono ancora anche le cosiddette vie vicinali, finanziate con il contributo dei pagi (le circoscrizioni territoriali rurali). Le più grandi ancora lastricate con resistenti laterizi sono aperte sugli sterminati latifondi; altre possiedono persino la massicciata sopraelevata – l’agger, per sostenere il traffico pesante di carri e buoi.

I toponimi e le tecniche costruttive favoriscono l’identificazione territoriale di queste strade o la loro “funzione primaria“, come ad esempio le vie del sale di cui la Salaria è soltanto una delle più importanti realizzazioni. Il sistema stradale romano è completato ed integrato da una fitta rete di ponti, canali e condotte idriche.

Il tracciato per quanto possibile è rettilineo e sceglie sempre il percorso più basso, utilizzando nelle zone montuose i passi meno ripidi. Le strade romane saranno le stesse utilizzate per le migrazioni dei popoli o verso la fine dell’impero romano d’occidente per le cosiddette invasioni barbariche.

Il degrado del sistema viario

Nell’Alto Medioevo questo pregevole sistema viario, privo di una costante manutenzione si degraderà al punto da scomparire in gran parte del territorio europeo. Tuttavia alcune parti di questo sistema stradale sopravvivono in buone condizioni come in Italia ed in stato più precario in Inghilterra, nella Spagna visigota e nella Francia carolingia. Le società del primo millennio non dispongono delle risorse per attuare forme organiche di manutenzione delle vie e delle infrastrutture ad esse collegate.

Man mano che la natura si re impossessa delle strade romane, altre ne sorgono spesso a latere, indirizzate verso i nuovi centri produttivi dei territori. Cavalli, carrozze, bestie da soma le percorrono, tracciando nuovi itinerari: si creano quindi diversi centri di sosta e luoghi abitati abbastanza curati specialmente in età comunale e signorile.

I trasporti per acqua

Meno contraccolpi dal disfacimento dell’impero romano subirono i trasporti per acqua. Barche e chiatte percorrevano i fiumi medievali, mentre la navigazione lungo le coste marine, soggetta a maggiori pericoli, riprenderà con vigore soltanto verso la fine del primo millennio.

Tra un fiume e l’altro si utilizzano corsi d’acqua minori o canali scavati a partire dall’XI secolo. Non raramente quando un fiume è povero d’acque, soprattutto in estate, i barconi vengono trainati con funi da pariglie di buoi o cavalli, lungo le rive. Viaggiare in età medievale è comunque impresa lunga, difficile e pericolosa. In particolare i pellegrini cristiani percorrono, spesso a piedi, itinerari lunghissimi, in viaggi che durano anni.

Viaggi lunghi ma non per tutti

Lunghissimi sono i tempi dei pellegrinaggi e quello degli spostamenti degli eserciti. Anche il commercio ha lunghi tempi di spostamento: il mercante viaggia a piedi accompagnato da bestie da soma che trasportano il carico prezioso di merci e beni da vendere.

Più rapidi invece risultano i viaggi intrapresi da sovrani, pontefici, porporati e ambasciatori che si avvalgono di ripetuti cambi di cavalcature e comunque di aiuti che rendono il viaggio più sicuro e celere. Il problema della sicurezza affligge gran parte dei viaggiatori dell’Alto Medioevo. Luoghi isolati, valichi di montagna foci di fiumi si prestano ad aggressioni da parte di banditi e disperati. Sui mari imperversa la pirateria. Ma né le difficoltà logistiche né i pericoli delle strade arresteranno il flusso di mercanti, pellegrini, avventurieri.

Oltre ai cristiani dell’età tardoantica, molti si spostano e percorrono a tappe lunghi viaggi in età medievale. Un monaco legato alla sua abbazia trova stimolante cambiare residenza e abitudini recandosi presso altri monasteri, percorrendo le strade ed i sentieri spesso da solo.

A muoversi inducono vari motivi: un pellegrinaggio a Roma, Canterbury, a Santiago o a Saint-Michel in Normandia, ragioni di studio, di commercio, motivi politico-diplomatici e quant’altro. La rete dei monasteri, soprattutto quelli di medie e grandi dimensioni era in grado di sostenere i confratelli in viaggio, sia attraverso l’ospitalità sia mettendo a disposizione nuove cavalcature.

Anche i sovrani nazionali compiono lunghi viaggi per visitare i loro regni e i feudatari, per partecipare alla crociata o ad azioni di guerra. Emblematico l’esempio di Riccardo Cuor di Leone che su 117 mesi di regno ne trascorre solo 6 in Inghilterra, 7 in Sicilia, 1 a Cipro, 3 in diverse traversate marittime, 15 in Terra Santa, 16 in varie prigioni dell’Austria e della Germania e ben 61 sul suolo francese.

Confini e gabelle

I confini sono spesso labili e generalmente poco presidiati. Lentamente però si affermano punti di controllo attraverso le frontiere, dove soprattutto a partire dal secondo millennio, i controlli delle persone che viaggiano si fanno molto invasivi e in pochi casi vessatori. Dogane e luoghi di pedaggio sorgono praticamente ad ogni ponte, ogni valico ed alle porte delle principali città.

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