Qualunque sia il nostro itinerario, per quanto sia lontano, oggi possiamo contare su mezzi di locomozione molto veloci e piuttosto sicuri, godere dell’assistenza costante e puntuale dei navigatori satellitari e per i più tradizionalisti di atlanti geografici e stradali molto accurati e precisi. Se dobbiamo fare delle tappe possiamo contare su hotel, ristoranti, bed and breafast che ci consentono di riposarci e nutrirci in modo confortevole ed addirittura goloso.
Non era così, ovviamente, per chi aveva la necessità di viaggiare durante quei mille anni circa che convenzionalmente chiamiamo Medio Evo. Nessuna carta geografica attendibile, nessuna indicazione precisa delle effettive distanze, nemmeno una bussola (fu introdotta, e lentamente, solo a partire dal XII secolo) per orientarsi in uno spazio spesso ostile e sconosciuto.
La distanza di un viaggio più che in miglia o chilometri si contava in giornate. Tutto il mondo conosciuto, del resto, era raffigurato in maniera simbolica. A cominciare dal numero dei continenti: tre, numero perfetto, corrispondenti all’Europa, all’Asia e all’Africa. Sulla carta erano disegnati o come tre cerchi concentrici divisi da un lembo di acqua, o come una lingua di terra ripartita in tre da una T. Quello che già si sapeva, fin dai tempi di Aristotele, era che la Terra era rotonda.
Il primo ostacolo per i viaggiatori del Medio Evo era data dalla condizione delle strade. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente il grandioso sistema di strade che aveva servito l’Impero era rapidamente caduto in disuso per mancanza di manutenzione, cosi come i numerosi ponti che permettevano l’attraversamento agevole dei corsi d’acqua. Quello che rimaneva di quella mirabile rete stradale erano spesso solo sentieri malmessi e senza pavimentazione che, sotto la pioggia o alla prima nevicata, si trasformavano in rivoli di fango quando non in autentici pantani.
Al contrario soprattutto intorno all’anno Mille e successivamente, la mobilità era di nuovo sensibilmente aumentata, tanto che in numerose zone d’Europa accanto ai vecchi tracciati romani vennero edificate nuove strade per favorire il commercio e il pellegrinaggio. Chi erano infatti i viaggiatori più comuni che si aggiravano per il mondo conosciuto?
Prima di tutto ovviamente i mercanti ed i pellegrini, naturalmente, ma anche re, imperatori, nobili, clero viaggiavano con grande assiduità per molteplici ragioni. Carlo Magno, ad esempio, sebbene avesse scelto Aquisgrana come capitale, non possedeva una corte stanziale e, quando non era occupato in guerra, si muoveva continuamente da una regione all’altra del suo vastissimo impero, che misurava oltre un milione di chilometri quadrati. E poi pontefici ed ecclesiastici, che si spostavano per partecipare a concili e sinodi in giro per l’Europa. Ovviamente questi erano viaggiatori privilegiati che si muovevano su carrozze e carri robusti e spesso con un’adeguata scorta in grado di proteggerli da qualsiasi aggressione.
Si, perché le strade erano piene di pericoli ad iniziare da quelli costituiti da bande di predoni e briganti che spesso assaltavano derubando ed uccidendo i viaggiatori che avevano scelto di muoversi da soli o in piccoli gruppi. Accanto alle belve umane era necessario essere vigili verso gli animali feroci che popolavano le foreste di gran parte dell’Europa. Era quindi tassativo trovare una qualche forma di ricovero per la notte, il momento più pericoloso di un viaggio.
I posti adatti non erano molti, qualche locanda situata in un villaggio di passaggio, la foresteria di un monastero, o nel peggiore dei casi su un albero. Le condizioni igieniche e climatiche non erano certo delle migliori. E il rischio di contrarre malattie sempre in agguato. I tempi richiesti dagli spostamenti, poi, erano davvero lunghi. Tanto lunghi che spesso il viaggiatore che si apprestava a compiere un lungo viaggio faceva testamento per sistemare le proprie cose. La stragrande maggioranza dei viaggiatori compiva infatti il viaggio a piedi o a dorso di mulo e soltanto i più facoltosi ed i nobili usavano carri o carrozze trainati da buoi o cavalli.
Più veloce era il viaggio con barconi e zatteroni sui fiumi, ma non meno rischioso. Questi corsi d’acqua era utilizzati anche d’estate, quando erano in secca: le imbarcazioni, allora, erano trainate, grazie a un complesso sistema di funi, da cavalli e buoi, che procedevano lentamente lungo la riva. E la fatica era tanta che spesso a dar man forte agli animali erano gli stessi marinai.
Il Mediterraneo era usato fin dall’antichità per viaggiare da paese a paese, costituendo il centro del sistema commerciale del vecchio mondo. Con l’ascesa delle repubbliche marinare e le crociate il Mediterraneo conobbe un nuovo, formidabile impulso. I rischi non mancavano neppure per chi attraversava con galere e vascelli il Mare Nostrum , da quelli naturali (tempeste) ai pirati cristiani e saraceni che infestavano le principali rotte mediterranee. In ogni caso per andare in Terrasanta, una delle rotte religiose e commerciali più importanti del Medio Evo conveniva imbarcarsi a Venezia, se non si naufragava o si incappava in una nave corsara, in una ventina di giorni di navigazione si giungeva alla metà, contro i sei/dieci mesi che erano necessari via terra, in una condizione di rischio molto maggiore.
Oggi con un aereo da Roma a Gerusalemme ci vogliono poco più di tre ore. Tra i disagi maggiormente percepiti, infine, vi erano i numerosi controlli cui i viaggiatori erano continuamente sottoposti ai “posti di blocco” lungo le strade, i valichi e all’entrata delle città: dove se tutto andava bene se la cavavano con il pagamento di un pedaggio. In un prossimo post descriveremo le rotte dei pellegrini, forse la categoria più numerosa e variegata dei viaggiatori medioevali.