
Il contributo dei Greci alla matematica fu semplicemente straordinario. Essi presero qualcosa dall’Egitto ed in misura minore da Babilonia, ma l’arte della dimostrazione matematica fu tutta opera dell’ingegno ellenistico. L’anedottica in questo campo è sterminata ed aiuta a capire il metodo deduttivo applicato allo sviluppo della matematica e della geometria dai greci.
Prendiamo, per esempio, Talete durante un soggiorno in Egitto, gli fu chiesto di misurare la piramide di Cheope senza salirci sopra. Il filosofo, matematico ed astronomo di Mileto ( 640 a.C./625 a.C. circa – 548 a.C./545 a.C. circa) ebbe una brillante intuizione.
Egli si accorse, infatti, che la lunghezza di un’ombra proiettata sul terreno dipende dall’altezza dell’oggetto che l’ha originata secondo una relazione matematica ben precisa. In particolare, se si confrontano le ombre di due oggetti diversi, queste stanno tra loro come le altezze degli oggetti corrispondenti:
lunghezza ombra 1 : lunghezza ombra 2 = altezza oggetto 1 : altezza oggetto 2
Conoscendo l’altezza di un’asta usata per il confronto e prendendo spunto dall’altezza della propria ombra nel momento in cui essa coincideva con la lunghezza del corpo di Talete, egli fu in grado di determinare l’altezza della piramide. Un altro dei problemi che occuparono per lungo tempo l’elaborazione dei greci fu quello della duplicazione del cubo. Questo problema è giunto a noi sotto forma di mito. Narra Teone di Smirne, citando Eratostene, che gli abitanti di Delo, avendo interrogato l’oracolo di Apollo sul modo di liberarsi dalla peste, avessero ricevuto l’ordine di costruire un altare, di forma cubica, dal volume doppio rispetto a quello esistente.
Pensando che fosse bastevole raddoppiare le dimensioni dell’altare si accorsero ben presto che con questo procedimento avrebbero ottenuto un manufatto otto volte più grande e dopo secoli di studio pervennero a risolvere la radice quadrata di 2, il primo numero irrazionale. La radice quadrata di 2 era già nota ai primi pitagorici e furono trovati metodi ingegnosi per migliorare l’approssimazione del suo valore. Pitagora fu il primo a fare della geometria uno studio liberale. A lui viene fatto risalire quello che modernamente conosciamo come teorema di Pitagora.
In realtà il suo enunciato (ma non la sua dimostrazione) era già noto ai babilonesi, ed era conosciuto anche in Cina e sicuramente in India, come dimostrano molte scritture fra cui lo Yuktibhāṣā e il Baudhāyana Sulbasūtra. La dimostrazione del teorema è invece con ogni probabilità successiva a Pitagora.
Altri numeri irrazionali, oltre alla radice quadrata di 2, furono studiati da Teodoro un contemporaneo di Socrate e da Teeteto, un contemporaneo di Platone, ma molto più anziano del filosofo di Atene.
Una delle conseguenze più importanti dei numeri irrazionali fu la scoperta della trattazione della teoria geometrica delle proporzioni da parte di Eudosso (nato a Cnido, 408-355 a.C.) questa teoria sarà ripresa negli Elementi di Euclide e in sostanza consente di trattare rigorosamente i numeri reali pensati come rapporti di grandezze. Prima di lui esisteva soltanto la teoria aritmetica delle proporzioni.
Eudosso perfezionò inoltre il metodo di esaustione, esso si dimostrò fondamentale per risolvere sia il problema del confronto delle superfici di figure a contorni curvilinei e rettilinei sia il problema della quadratura del cerchio, cioè la ricerca di un quadrato di area uguale a quella del cerchio (considerando i poligoni inscritti nel cerchio di due, quattro, otto, n lati e pensando che la superficie del cerchio venisse così ad “esaurirsi” in quanto era possibile inscrivere in essa un poligono i cui lati, per la loro piccolezza, avrebbero dovuto coincidere complessivamente con la frontiera del cerchio).
Euclide visse ad Alessandria intorno al 300 avanti Cristo, pochi anni dopo la morte di Aristotele ed Alessandro Magno. A lui si deve il formidabile trattato di geometria Elementi uno dei più importanti libri scritti dagli antichi greci, un vero e proprio monumento del pensiero ellenistico.
C’è in Euclide il disprezzo per l’utilità pratica dei costrutti geometrici, influenzato in tal senso da Platone. Si racconta che un giorno, un suo allievo al termine di una dimostrazione del maestro, gli chiese cosa avrebbe guadagnato se avesse imparato perfettamente la geometria. A quel punto Euclide chiamo uno schiavo e ordinò con malcelato disprezzo: “Dai al giovane tre soldi, giacché deve comunque trarre un guadagno da ciò che apprende”.
I Romani non si entusiasmarono per la geometria euclidea tanto che il primo che ne parla è Cicerone, mentre gli Arabi lo apprezzarono enormemente: una copia degli Elementi venne regalata al Califfo dall’Imperatore bizantino nel 760 d.C. e venne tradotta in arabo nel 1120 d.C. Soltanto da allora l’interesse per lo studio della geometria in Occidente ebbe un timido risveglio fino agli sviluppi più significativi durante il Rinascimento.