L’asteroide che 66 milioni di anni fa causò l’estinzione dei dinosauri e del 76% di tutte le specie che popolavano il nostro pianeta colpì la piattaforma continentale producendo il cratere di Chicxulub, nella penisola dello Yucatan, che ha un diametro di circa 180 chilometri e metà di esso si trova ancora oggi in mare.
L’esplosione equivalse a oltre un miliardo di volte quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima e l’impatto sollevò circa 100.000 chilometri cubi di polveri. Fino ad oggi, anche in base a risultanze emerse in altre zone del pianeta si ritieneva che la vita abbia impiegato quasi 300.000 anni per riprendersi da questo cataclisma.
Adesso uno studio recente a cura di un gruppo internazionale di ricercatori coordinati da Christopher M. Lowery dell’Università del Texas a Austin, che firmano un articolo di qualche mese fa su Nature rimescola le carte con una rivelazione che ha del sorprendente.
In prossimità del sito dell’impatto i primi segni del ritorno della vita risalgono ad appena due o tre anni di distanza dall’evento. Ed appena 30.000 anni dopo la catastrofe in quell’area prosperava una ricca popolazione di fitoplancton che sosteneva una comunità diversificata di organismi nelle acque superficiali e sul fondo marino.
Secondo la ricerca la ripresa della vita in c osi breve tempo nella zona del cataclisma dipende essenzialmente da fattori locali, per esempio le interazioni fra organismi, la prevalenza di certe specie invece di altre, l’esistenza di particolari nicchie ecologiche e l’andamento delle correnti. Mentre nelle altre aree del pianeta la presenza nell’atmosfera di polveri contenenti metalli tossici ha reso necessaria fino a 300.000 anni affinché la vita prosperasse nuovamente.