sabato, Maggio 4

La lunga strada per comunicare senza parlare

L’afasia è un disturbo che compromette in modo totale o parziale l’uso del linguaggio. Secondo la A.IT.A onlus, la Federazione delle Associazioni Italiane Afasici, si calcola che in Italia circa 120.000 persone siano colpite ogni anno da ictus; di queste circa 40.000 presentano disturbi del linguaggio in fase acuta e almeno 15.000 presentano ancora importanti disturbi del linguaggio dopo un anno.

A queste vanno aggiunte circa 150.000 le persone colpite da perdita della parola in seguito a malattie cerebrovascolari, alle quali vanno aggiunti tutti quei soggetti afasici a causa di traumi e altre patologie. Solo in Italia parliamo di circa mezzo milione di persone con disturbi del linguaggio da moderati a gravi.

La ricerca

Per venire incontro alle forme afasiche dei pazienti più gravi, Gregory Cogan e Jonathan Viventi, dell’Università Duke negli Stati Uniti, hanno pubblicato uno studio su Nature Communications nel quale annunciano di aver sperimentato un chip impiantabile nel cervello umano in grado di decodificare gli impulsi cerebrali permettendo di comunicare anche alle persone afasiche.

Il chip sviluppato dai ricercatori americani è capace di riconoscere i segnali prodotti dai neuroni coinvolti nel coordinamento motorio per il linguaggio, circa un centinaio di muscoli che controllano ad esempio il movimento della lingua e delle labbra. 

L’esperimento

Per testare il chip messo a punto Cogan e Viventi hanno chiesto il permesso a pazienti che dovevano operarsi senza sedazione profonda per altre patologie, di poter impiantare per pochi minuti il loro prototipo sulla corteccia cerebrale. I dati ottenuti, impulsi elettrici relativi al controllo dei muscoli del linguaggio, sono poi stati inseriti in un algoritmo di apprendimento automatico per vedere con quanta precisione poteva prevedere quale suono il paziente avrebbe voluto produrre. Si è trattato di una gara contro il tempo che gli autori dello studio hanno paragonato al pit-stop di una corsa automobilistica.

La strada è ancora lunga

I risultati sono stati ancora abbastanza modesti, oscillando tra una precisione dell’84% per alcuni suoni e di appena il 40% per altri. Troppo poco per avere concrete applicazioni pratiche nel breve periodo ma sufficienti per indicare che si tratta della strada giusta. Non è fantascienza prevedere che nei prossimi 3-5 anni gli sviluppi di questa ricerca potranno portare ad una protesi che rappresenterà un efficace ausilio per migliorare la qualità della vita delle persone afasiche.

Per saperne di più:

Afasia

Fonti:

https://www.nature.com/articles/s41467-023-42555-1

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