sabato, Maggio 18

La metallicità di Giove prova la sua adolescenziale voracità

La percentuale disomogenea di elementi più pesanti dell’elio che compongono il gigante gassoso per antonomasia, sarebbero la prova che in fase di formazione avrebbe assimilato enormi quantità di corpi rocciosi più piccoli.

Giove è il pianeta più grande del nostro sistema solare. Possiede un diametro equatoriale di 142.984 km e una massa 318 volte superiore a quella terrestre, che nel complesso, è 2.5 volte maggiore di quella di tutti gli altri pianeti del sistema solare messi insieme. Le peculiarità di Giove non finiscono qui: ruota su sé stesso in circa 9 ore, il che comporta un importante schiacciamento dei poli del pianeta (il diametro polare è di 133.700 km) in una forma sferoidale.

L’alta velocità di rotazione, genera un imponente magnetosfera, così grande da essere ben 14 volte maggiore di quella terrestre. Anche la sua atmosfera, composta in prevalenza da idrogeno molecolare ed elio, è influenzata dalla velocità di rotazione, tanto da essere suddivisa e caratterizzata da bande colorate e indipendenti e da zone anticicloniche enormi come la gigantesca Grande Macchia Rossa, 4 volte più estesa della Terra.

Confronto di dimensioni tra la Terra e Giove.

Giove, essendo così grande, possiede un intenso campo gravitazionale che pervade ed influenza l’intero sistema solare. La sua potenza, oltre ad influenzare le orbite di tutti gli altri pianeti, è anche in grado di ripulire il sistema da detriti vari e oggetti vaganti come avvenuto con la cometa Shoemaker-Levy 9 che, nel 1994, ridotta in 21 frammenti, si schiantò contro il gigante gassoso. Ciò è di fatto una manna per la Terra, preservata in questo modo dalla maggior parte degli impatti fatali, che avrebbero potuto verificarsi altrimenti nel corso della sua storia

Immagine dei 21 frammenti della Shoemacher – Levy 9 ripresi dal telescopio spaziale Hubble Credit: NASA,  ESA ed  H. Weaver and E. Smith (STScI)

Ma come si è formato un tale colosso?

Giove è composto quasi interamente da idrogeno ed elio. Le quantità di ciascuna sono strettamente conformi alle quantità teoriche nella nebulosa solare primordiale. Ma contiene anche altri elementi più pesanti di essi, che gli astronomi chiamano metalli. Anche se i metalli sono una piccola componente di Giove, la loro presenza e distribuzione raccontano molto agli astronomi sulla sua formazione.

Secondo un nuovo studio condotto da Yamila Miguel, astrofisica dell’osservatorio di Leida in Olanda e collegli, pubblicato sulla rivista Astronomy and Astrophysics, il contenuto di metalli e la distribuzione all’interno Giove significano che il pianeta ha “mangiato” molti planetesimi rocciosi nella sua giovinezza.

I dati aggiornati su Giove e del suo sistema di satelliti (possiede decine di corpi orbitanti di cui i maggiori sono i 4 satelliti medicei scoperti da Galileo Galilei: Ganimede, Callisto, Europa e Io) di cui disponiamo molti dati provenienti dalla sonda della NASA Juno, che nel 2016 è entrata in orbita stabile e da allora ha rivoluzionato le nostre credenze riguardanti la sua formazione. Attraverso lo strumento Gravity Science di cui è dotata, specifico per lo studio del campo gravitazionale, gli scienziati sono stati  in grado di dedurre la composizione interna del pianeta e a formulare ipotesi sul suo accrescimento.

Quando Giove si formò, iniziò accumulando materiale roccioso. Seguì un periodo di rapido accrescimento mediante il gas presente nella nebulosa solare e dopo molti milioni di anni, Giove divenne il colosso che è oggi. Ma c’è una domanda significativa riguardo al periodo iniziale di accrescimento roccioso. Ha accumulato masse di rocce più grandi come i planetesimi? O ha accumulato materiale delle dimensioni di un ciottolo? A seconda della risposta, ovviamente, Giove si è formato su scale temporali diverse.

Yamila Miguel e gli altri autori dello studio, attraverso i dati forniti dal Gravity Science, cercano di rispondere alla domanda fondamentale su quanto tempo Giove ha impiegato a formarsi, e lo hanno fatto sondando la metallicità del pianeta presente sotto forma di detriti delle dimensioni di un ciottolo, distribuiti tuttora alle varie profondità.

I risultati hanno evidenziato che la maggior percentuale di metalli è distribuita nelle profondità del pianeta anziché nell’atmosfera come si pensava in precedenza, e il team ha potuto così sviluppare modelli esplicativi della dinamica interna del gigante gassoso. “In questo documento, assembliamo la raccolta più completa e diversificata di modelli interni di Giove fino ad oggi e la usiamo per studiare la distribuzione degli elementi pesanti nell’involucro del pianeta“, scrive Miguel

I modelli di distribuzione interna

Il team ha creato due serie di modelli. Il primo set è costituito da modelli a 3 strati e il secondo è costituito da modelli core diluiti.

Nel modello di sinistra possiamo vedere lo screma interno di Giove atre gusci distinti mentre a destra vediamo il modello a nucleo diluito in cui i metalli del nucleo interno sono diluiti nei vari strati. Manca quindi la componete centrale omogenea dell’altro modello

Esistono due meccanismi affinché un gigante gassoso come Giove acquisisca metalli durante la sua formazione: attraverso l’accumulo di piccoli ciottoli o planetesimi più grandi“, ha affermato Miguel. “Sappiamo che una volta che un pianeta piccolo è abbastanza grande, inizia a espellere detriti delle dimensioni di un sasso. La ricchezza di metalli all’interno di Giove che vediamo ora è impossibile da raggiungere prima dell’assimilazione di materiali rocciosi importanti, quindi possiamo escludere lo scenario dei soli ciottoli, quali fornitori di materiali durante la formazione di Giove. I planetesimi, inoltre, sono troppo grandi per poter sfuggire dalla gravità gioviana che si faceva sempre più intensa, quindi devono aver avuto un ruolo centrale nel suo aggrescimento”

L’abbondanza di metalli nell’interno di Giove diminuisce con la distanza dal centro. Ciò significa una mancanza di convezione nell’atmosfera profonda del pianeta, che gli scienziati in precedenza pensavano fosse presente. “In principio, pensavamo che Giove avesse un flusso convettivo, come quello dell’acqua che bolle all’interno di una pentola, che la rimescola dal basso verso l’alto in un loop continuo“, ha detto Miguel. “Ma la nostra scoperta mostra risultati diversi. Dimostriamo con fermezza che l’abbondanza di elementi pesanti non è omogenea all’interno di Giove”, scrivono gli autori nel loro articolo. “I nostri risultati implicano che Giove ha continuato ad accumulare elementi pesanti in grandi quantità mentre il suo involucro idrogeno-elio stava ancora crescendo, contrariamente alle previsioni basate sulla massa di isolamento dei ciottoli nella sua incarnazione più semplice, favorendo invece modelli ibridi basati sui planetesimi o altri oggetti più complessi come fonti primari di componenti pesanti”.

In conclusione

Gli autori concludono anche che Giove non si è mescolato per convezione dopo la sua formazione, nemmeno quando era ancora giovane e caldo e che quindi i tempi in gioco devono essere minori di quanto di pensasse.

I risultati del team si estendono anche allo studio degli esopianeti gassosi e agli sforzi per determinarne la metallicità. “Il nostro risultato … fornisce un esempio di base per gli esopianeti: un involucro atmosferico non omogeneo implica che la metallicità osservata è un limite inferiore alla metallicità della massa del pianeta“.

Nel caso di Giove, non c’era modo di determinarne la metallicità a distanza. Solo con l’arrivo di Juno gli scienziati hanno potuto misurare indirettamente la metallicità. ” Le metallicità dedotte dalle osservazioni atmosferiche a distanza negli esopianeti potrebbero non rappresentare la maggior parte della metallicità del pianeta“.

Quando il James Webb Space Telescope inizierà le operazioni scientifiche, uno dei suoi compiti sarà di misurare le atmosfere degli esopianeti e determinarne la composizione. Come mostra questo lavoro, i dati forniti da Webb potrebbero non catturare ciò che sta accadendo negli strati più profondi dei pianeti gassosi giganti.

Fonte: univers today

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