lunedì, Maggio 20

La pianta immobile

Come sappiamo le piante sono molto più mobili di quanto comunemente si possa credere. Anzi le migrazioni vegetali sono ben più straordinarie di quelle degli esseri umani e degli animali. Ovviamente ogni regola ha la sua eccezione e il coco de mer (Lodoicea maldivica), è tra le piante meno mobili che esistono.

Basti pensare che la sua diffusione è limitata alle sole due isole Praslin e Curieuse dell’arcipelago delle Seychelles. L’origine del nome è una stravaganza dei botanici in quanto a una specie endemica delle Seychelles è stato apposto un nome che riposta all’arcipelago della Maldive. In origine il nome attribuito a questa pianta era Lodoicea callypige: la Lodoicea dalle belle natiche e basta osservare il frutto per capire il perché di questo nome.

Si tratta di uno dei frutti più grandi presenti in natura, con un peso che può arrivare fino a 42 chilogrammi, il singolo seme può arrivare anche a 17 chilogrammi di peso e il cotiledone, la foglia embrionale che ha il compito di nutrire il seme all’inizio della germinazione. lungo fino a 4 metri.

Il primo a scoprire questa palma fu il navigatore francese Lazare Picault, nel 1743 recatosi a mappare l’arcipelago delle Seychelles, la vide e la descrisse sommariamente. Di questa palma non si conoscevano fino ad allora che le enormi noci che ogni tanto si potevano osservare sulle spiagge delle isole. Nei secoli passati erano conosciute dagli arabi, dagli indiani e dai popoli dell’Asia orientale ed avevano un grande valore commerciale. Presso gli aristocratici europei del XVI secolo i gusci, decorati con pietre preziose, erano oggetto di collezione.

La esclusiva presenza nelle due isole dell’arcipelago delle Seychelles deriva dalla particolare struttura del seme, molto grande, ma anche privo di mallo a maturità, fatto che ne rende impossibile la diffusione naturale mediante il trasporto con galleggiamento mediato dalle correnti marine, come avviene per la palma da cocco. Infatti il seme maturo ha peso specifico superiore a quello dell’acqua e quindi non galleggia.

Fra i tanti misteri che hanno circondato questa pianta uno dei più coriacei era riferito alle singolari dimensioni del frutto e del seme. I semi hanno il compito di diffondere la specie e un seme che può arrivare a pesare 18 chilogrammi non pare certamente adatto a questo fondamentale compito. Perché quindi questa spropositata grandezza e questo considerevole peso?

Finalmente nel 2015 una ricerca ha permesso di chiarire questo rebus evolutivo. Occorre partire dall’ambiente nel quale vive questa palma, estremamente povero di risorse nutritive. Fosforo e azoto, due elementi preziosi per la crescita dei vegetali, sono presenti in quantità modeste. La risposta evolutiva di questa pianta per sopravvivere in queste condizioni è stata unica nel regno vegetale.

Al fine di prendersi cura dei suoi semi, la palma ha sviluppato con le foglie un sistema di imbuti e canali di scolo per indirizzare loro nutrienti e acqua. La cosa funziona così: la pioggia che cade sulle foglie è indirizzata, attraverso questi canali, alla base della pianta; scorrendo sulla chioma, l’acqua porta con sé tutti i residui di sostanze nutritive presenti – feci animali, pollini e materiale vegetale morto.

Questo sistema implica che i semi debbano cadere molto vicini alla pianta-madre per usufruire delle sue “cure”. Si formano così vere e proprie foreste di coco de mer e i semi competono tra loro e con le piante per sopravvivere da qui la necessità di una considerevole grandezza per poter immagazzinare più nutrienti possibili.

Fonti:

L’incredibile viaggio delle piante di S. Mancuso

alcune voci di Wikipedia

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