giovedì, Maggio 2

La rottura della Nouvelle Vague

Negli Anni Cinquanta dello scorso secolo l’Europa è letteralmente egemonizzata dal cinema americano. La macchina industriale di Hollywood inonda di pellicole il Vecchio Continente esportando non solo storie ma modelli di vita e di valori. Lentamente però le nuove generazioni che non hanno conosciuto direttamente gli orrori della guerra, ma crescono in una società dominata dalla volontà di rinascita socioeconomica e percorsa da fermenti civili e sociali nuovi e per alcuni versi dirompenti inizia a pretendere un cinema diverso.

Un cinema della comunicazione e della conoscenza

La Settima Arte per loro deve essere non soltanto una forma di evasione ma anche un potente strumento di comunicazione e di conoscenza. L’apparente paradosso è che questa volontà di innovare e trasformare il cinema nasce da un compulsivo consumo del cinema classico americano. In tutto il continente nascono nuovi movimenti tesi a rinnovare il cinema, persino nei paesi del blocco socialista.

Un grande contributo a nuove forme espressive lo da la tecnologia con apparecchiature più sofisticate e leggere che permettono la ripresa in esterni come prassi abituale, abbandonando l’utilizzo sistemico dei teatri di posa. Una nuova schiera di attori, più adatti ad interpretare il cambiamento si afferma. Tra tutte le nuove correnti cinematografiche che agitano questo periodo, certamente la più importante è la Nouvelle Vague francese.

Dalla critica al cinema, nasce la Nouvelle Vague

Jean Luc Godard

Il nuovo movimento nasce all’interno della critica cinematografica transalpina, quella più giovane e combattiva che si è nutrita, rivalutandolo, del cinema classico americano. Tutti scrivono sulle riviste di settore intorno all’idea di un nuovo cinema, un medium per pensare e comunicare, relegando in subordine, se non annullando completamente, ogni velleità di evasione e spettacolo.

La definizione nouvelle vague viene coniata nel 1957 da un settimanale francese “L’Express” nel corso di un inchiesta sui giovani e la loro ansia di ribellarsi allo status quo sociale dell’epoca. Ma è su un’altra rivista, celeberrimo pilastro della critica cinematografica francese, che fioriscono i primi autori della Nouvelle Vague, si tratta dei «Cahiers du cinéma» (Quaderni di cinema), fondata nel 1951.

Il ruolo dei Cahiers du cinéma

È la prima grande rivista della cinefilia moderna e vi scrivono fin dall’inizio personaggi del calibro di François Truffaut, Jean Luc Godard, Erich Rohmer, Jacques Rivette e molti altri. Per la loro intransigenza verranno soprannominati i “Giovani Turchi“. Questi critici, molti dei quali presto diverranno registi famosi sono impegnati sia nella difesa del cinema classico americano, da loro rivalutato come fucina anche di opere autoriali e dall’altra del neorealismo italiano.

Francois Truffaut

La loro vis polemica talvolta è così incandescente che il direttore della rivista André Bazin deve intervenire per stemperare le polemiche al calor bianco scatenate dagli articoli dei “giovani turchi”. Il punto cardine di questa rottura generazionale e stilistica è la figura dell’autore. Senza autori non c’è cinema. È grazie alla loro battaglia che si afferma l’idea moderna del cinema d’autore. All’autore moderno spetta il controllo e la responsabilità di tutto il film, questa impostazione è una vera e propria picconata definitiva allo studio system hollywoodiano.

L’esordio della Nouvelle Vague

La pattuglia di futuri cineasti si ispira a tre registi europei che in modo differente hanno innovato profondamente la cinematografia: Rossellini, Vigo e Renoir. I tempi sono maturi per questa rottura con il cinema del passato e nel 1959, al Festival di Cannes viene presentato il primo lungometraggio di François Truffaut, “I quattrocento colpi“.

Il film ebbe un successo straordinario e l’anno successivo, insieme con “I cugini” di Claude Chabrol, seguito da “Fino all’ultimo respiro” di Jean Luc Godard, diede inizio a una nuova corrente, la Nouvelle vague, appunto. “I quattrocento colpi” vincono il Premio per la miglior regia del Festival e oscurano, la prima vera pellicola attribuibile al nuovo movimento, uscita nelle sale l’anno precedente, “Le beau Serge” di Claude Chabrol.

La verità, innanzi tutto

Lo scopo cinematografico della Nouvelle Vague era catturare “lo splendore del vero“, come ebbe a dire Jean-Luc Godard . A tale scopo nella realizzazione delle pellicole veniva eliminato ogni sorta di artificio che potesse compromettere la realtà: niente proiettori, niente costose attrezzature, niente complesse scenografie, sceneggiature ridotte al minimo, i film vengono girati alla luce naturale del giorno, per strada o negli appartamenti degli stessi registi, con attori poco noti, se non addirittura amici del regista, e le riprese vengono effettuate con una camera a mano, accompagnata da una troupe tecnica ridotta.

La Nouvelle Vague ebbe una profonda influenza non soltanto nel cinema europeo, la New Hollywood si ispirerà ai contenuti e allo stile del movimento in pellicole come  Gangster Story (1967) di Arthur Penn, e in film di altri registi come Altman, Coppola, De Palma e Scorsese, fino a tutti gli anni Settanta.

Per saperne di più:

I 400 colpi

Regia e sceneggiatura nel cinema classico americano

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo

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