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L’assedio di Lero

Dopo l’8 settembre conosciamo abbastanza bene le tragiche vicende di Corfù e Cefalonia, dove i soldati italiani che si erano opposti alle forze tedesche, dopo violentissimi scontri, furono letteralmente massacrati dalle truppe naziste. Un pò meno conosciuta è un’altra pagina di questa storia che riguarda l’isola di Lero e la valorosa resistenza delle truppe italiane coadiuvate in questo caso anche da reparti inglesi.
Lero è un isola di 53 km quadrati, montagnosa e dalla conformazione frastagliata ed irregolare, prospicente le coste turche, ormai italiana da circa 30 anni dopo essere stata conquistata nel 1912 nel corso della guerra contro la Turchia.
Dopo l’armistizio le forze italiane al comando del contrammiraglio Luigi Mascherpa decisero di restare fedeli al Re e rifiutarono le proposte onorevoli di resa avanzate dai tedeschi. Questa decisione era stata aiutata anche dalle pressioni alleate che vedevano nell’isola di Lero una piattaforma strategica molto importante che andava difesa dall’occupazione del nemico. In questo senso i britannici promisero aiuti in uomini e mezzi ai difensori italiani. Così dal 16 al 20 settembre 1943 circa un migliaio di soldati inglesi al comando del brigadier generale Brittorous si andarono ad aggiungersi ai circa 8000 soldati italiani, quasi tutti della Regia Marina, di cui però soltanto poco più di 1.000 erano forze di prima linea, mentre il resto faceva parte dei vari servizi e della difesa costiera e contraerea.
Dopo una pausa dovuta essenzialmente alla necessità di sottomettere Corfù, Cefalonia e Rodi, il 26 settembre alle 9.45 gli Stukas tedeschi lanciarono il primo pesantissimo bombardamento dell’isola. Fu soltanto il primo atto di una serie impressionante di attacchi aerei, resi possibile dal sostanziale dominio del cielo nazista in questo specifico teatro di guerra, che si protrassero fino alla sera del 31 ottobre. Trentacinque giorni di bombardamenti ininterrotti.
La sera del 31 ottobre alla cessazione dell’ultimo attacco l’isola di Lero era letteralmente sconvolta dalle decine di tonnellate di bombe sganciate ed i difensori fisicamente e psicologicamente provati.
Seguì stranamente una pausa di circa una settimana che diede modo agli italiani ed agli inglesi di riorganizzare, per quanto possibile, le difese.
Il primo novembre gli inglesi sostituivano il loro comandante sull’isola con il generale Tilney inviando anche rinforzi in uomini,tanto che il contingente britannico alla ripresa delle ostilità del 6 novembre ammontava a circa 3.000 uomini divisi in tre battaglioni.
Nel frattempo i tedeschi si erano impadroniti di tutte le isole vicine a quella di Lero e continuare a rifornire gli assediati diventava sempre più difficile anche per l’assoluto dominio dei cieli della Luftwaffe.
L’attacco decisivo riprese il 6 novembre dopo che i tedeschi minacciarono nuovamente che senza una resa immediata avrebbero considerato i difensori italiani tutti partigiani e quindi meritevoli di essere passati per le armi. Una volta che il general Friedrich-Wilhelm Müller che comandava le forze germaniche ritenne di aver colpito abbastanza l’isola con gli attacchi aerei, diede l’ordine ai suoi uomini di prepararsi allo sbarco e alla battaglia, che durò dal 12 al 16 novembre 1943. L’obiettivo era occupare il centro dell’isola per poi conquistare il resto.
Alle 4.30 del 12 novembre una forza da sbarco tedesca attaccò sulle coste settentrionali dell’isola e nonostante le poche batterie italiane superstiti, spesso governate da un solo uomo, ed i pochi cannoni inglesi affondassero ben sei mezzi da sbarco, grazie all’appoggio tattico degli Stukas, 500 soldati nazisti riuscivano a sbarcare sulle spiagge della baia di Palma. Gli inglesi riuscivano inizialmente a respingerli.
Nello stesso tempo nella baia del Grifo altre due compagnie tedesche riuscivano a sbarcare risalendo i contrafforti del monte Clidi, mentre nel pomeriggio di quello stesso giorno, gli Junkers 52 lanciarono nella parte centrale dell’isola di Lero, oltre 500 paracatudisti tedeschi.
Le vicende belliche della giornata del 13 novembre iniziarono con l’affondamento del cacciatorpediniere inglese Dulverton ad opera di aerei della Luftwaffe ed il lancio di altri reparti di paracatudisti che subirono pesanti perdite.
Tutta la giornata del 14 novembre registrò scontri accaniti ed inizialmente un contrattacco britannico sembrò avere la meglio. Ancora una volta fu decisivo l’ottimo appoggio tattico degli Stukas per arrestare la controffensiva inglese e costringere i britannici al ripiegamento.
Verso il tramonto del 15 novembre la situazione era diventata più grave che mai: le truppe di Müller avevano stabilito due fronti, uno a sud che dalla Baia di Pandeli, passando per la città di Lero e Monte Rachi, scendeva sino alla Baia di Gurna, e l’altro a nord, con punto d’inizio Punta Pasta e come fine la zona nord della Baia di Gurna.
L’isola era di fatto spaccata a metà. Il 16 novembre i tedeschi fecero pervenire al comandante italiano, Mascherpa la proposta di offrire salva la vita a tutti i suoi uomini se si fossero arresi indipendentemente dagli inglesi, ma Mascherpa non accettò.
Cinque ore più tardi Tilney, ormai circondato si arrendeva. I combattimenti cessavano del tutto nella mattinata del 17 novembre. Nonostante l’intercessione del generale inglese Tilney i tedeschi massacrarono decine di ufficiali e soldati italiani come rappresaglia per la resistenza.
Per i superstiti italiani ci fu l’internamento nei campi di concentramento tedeschi, peggiore fu la sorte degli ammiragli Mascherpa ed Inigo Campioni. Essi furono consegnati alla Repubblica sociale italiana ed i fascisti li fucilarono a Parma il 24 maggio 1944.

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