sabato, Maggio 4

L’economia veneziana agli inizi del XV secolo

Sono le ultime settimane del 1422 quando il Doge Tommaso Mocenigo farà un famoso ed appassionato discorso davanti ai componenti delle magistrature veneziane. La sua perorazione ha per tema il benessere e la prosperità della Repubblica durante il suo dogato. Sente le forze scemargli e sa che non vivrà ancora a lungo, morirà infatti il 4 aprile 1423, e Mocenigo nel rappresentare i successi del suo mandato si preoccupa di impedire l’elezione di Francesco Foscari, che lui considera un pericoloso guerrafondaio.

In effetti l’economia veneziana nei primi venti anni del 1400 gode di una lusinghiera fase di crescita e prosperità. Il debito pubblico è stato ridotto da 10 a 6 milioni di ducati e lo Stato non ha difficoltà a pagare regolarmente gli interessi. Quello che possiamo definire il prodotto interno lordo ammonta a circa 1.614.000 ducati; il valore complessivo degli immobili della città di Venezia supera i 7.000.000 di ducati.

Ma le cifre più grosse riguardano il traffico marittimo: 10 milioni di ducati l’anno all’esportazione e altrettanto all’importazione; 300 grandi navi e 3.000 navigli di portata minore, più 45 galere in servizio tutto l’anno. Complessivamente, sono imbarcati nella marina veneziana ben 36.000 marinai, mentre oltre 6000 persone tra calafatieri e carpentieri lavorano nel grande Arsenale veneziano. Più di 16.000 persone sono impiegate nell’industria tessile.

Il tenore di vita dei cittadini veneziani è generalmente alto. I commerci sono di nuovo fiorenti grazie al ridimensionamento militare della rivale Genova e soprattutto all’estensione dei domini veneziani sia verso Oriente che in terraferma.

La bandiera di San Marco sventola ora anche su Nauplia e su Argo, su Malvasia all’apice sud-orientale del Peloponneso, sulla fortezza di Bodonitza a controllo del passo delle Termopili.

Dove poi non arriva la spada, arriva il denaro. Con 100.000 fiorini d’oro Venezia nel 1409 si “ricompra” Zara da Ladislao I d’Ungheria. Il capolavoro però viene fatto mettendo finalmente le mani sul Friuli che da secoli costituiva il feudo ecclesiastico più grande d’Italia dopo lo Stato del papa; il patriarca d’Aquileia lo reggeva come vassallo immediato dell’imperatore.

Nel 1419 dopo aver riconquistato Belluno e Feltre, la diplomazia veneziana convince Cividale a giurare sottomissione alla Repubblica di San Marco. A cascata anche Udine, sede del patriarcato ed altre città friulane sottoscrivono la loro sudditanza alla città lagunare.

Nonostante l’arringa di Mocenigo volta a scongiurare l’ascesa di Francesco Foscari, il giovane procuratore di San Marco, all’età di quarantanove anni, il 15 aprile 1423, diverrà il 65mo Doge della Repubblica. Un traguardo molto raro per uomini di quell’età, essendo spesso questa carica riservata ad uomini anziani, se non addirittura vegliardi, che governavano soltanto per pochi anni.

Il suo invece sarà il dogato più lungo della storia di Venezia, ben 34 anni e si concluderà il 22 ottobre 1457, esattamente otto giorni prima della sua morte.

fonti:

alcune voci di Wikipedia

La Repubblica del Leone, di A. Zorzi

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