sabato, Maggio 18

Lontani dalla Meta: quanto c’è di concreto dietro il metaverso di Zuckerberg?

Lo scorso ottobre Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, ha annunciato che il più grande social network del mondo, che secondo le ultime stime sfiora i 3 miliardi di utenti, cambierà nome in Meta. “Siamo all’inizio del prossimo capitolo di internet e del prossimo capitolo della nostra società“, ha affermato Zuckerberg. E’ evidente già nel nome l’aspirazione del management del colosso di Menlo Park di puntare con decisione alla creazione di un vero e proprio metaverso.

Le previsioni ottimistiche di Zuckerberg prevedono che entro il prossimo decennio almeno un miliardo di persone si iscriverà a Meta, mentre soltanto in Europa, nei prossimi cinque anni verranno creati 10.000 posti di lavoro. Il fondatore di Facebook, società che sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia, spiega che il metaverso di Facebook dovrebbe avvalersi di strumenti come il visore per la realtà virtuale, quello per la realtà aumentata ed altre tecnologie altamente innovative. Con tono trionfalistico Zuckerber ha sottolineato che “la qualità distintiva del metaverso sarà una sensazione di presenza, come se fossi proprio lì con un’altra persona”.

epa07943481 Chairman and CEO of Facebook Mark Zuckerberg appears before the US House Financial Services Committee hearing on ‘An Examination of Facebook and Its Impact on the Financial Services and Housing Sectors’, on Capitol Hill in Washington, DC, USA, 23 October 2019. Zuckerberg faces questions from lawmakers concerned over issues with the cryptocurrency Libra, financial data and potential misinformation on Facebook surrounding the 2020 US presidential election. EPA/ERIK S. LESSER

La parabola di Second Life

Il fervore visionario ricorda la parabola di Second Life il mondo virtuale lanciato dalla Linden Lab nel 2003, un anno prima della nascita di Facebook. L’utente entrava in questo universo alla Matrix con il suo avatar con il quale poteva esplorare scenari creati da altri utenti, interagire con altri avatar o creare a sua volta città, case, paesaggi naturali, oggetti etc. La golden age di Second Life si colloca tra il 2006 e il 2007. Il successo è talmente impetuoso che molte aziende grandi e medie e tanti personaggi pubblici decidono di creare un proprio presidio su questo mondo virtuale o programmare eventi speciali.

Concerti come quelli tenuti dagli U2 o dalla “nostrana” Irene Grandi ma anche comizi politici come quello tenuto da Antonio Di Pietro imperversano sulle isole che formano il metaverso della Linden. La bolla di Second Life si gonfia così rapidamente e tracima, sia pure per una breve stagione, anche nell’economia reale, grazie anche all’intuizione della Linden Lab, di creare una moneta virtuale, il Linden Dollar con il quale si possono fare tutte le transazioni finanziarie all’interno del mondo virtuale ma, è questa la genialata, si può scambiare a tassi prefissati con dollari veri. Si arriva a situazioni paradossali come un intero quartiere a luci rosse creato su Second Life, che viene venduto su Ebay per 50.000 dollari (veri).

Poi un relativamente rapido declino, nel 2009 la Linden Lab dichiara che dei 17 milioni di utenti sparsi in tutto il mondo, quelli attivi su Second Life sono “soltanto” 400.000 sulle 226.000 isole che componevano il metaverso. A proposito questa definizione è mutuata da un termine coniato da  Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash (1992), libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar.

Quanto è realistica la promessa di Zuckerberg?

Ma torniamo al metaverso prospettato da Zuckerberg, quanto di vero, ma soprattutto di ravvicinato nel tempo c’è nelle anticipazioni del fondatore di Facebook? Indubbiamente già oggi è tangibile la trasformazione dei contenuti digitali nella direzione di una sempre maggiore emulazione della realtà. L’animazione generata dal computer nei film oggi è quasi indistinguibile dai filmati live-action; i giochi oggi forniscono esperienze grafiche altamente realistiche; e i display VR e AR hanno progredito rapidamente negli ultimi anni, creando esperienze incredibilmente ricche e coinvolgenti.

Fornire però ad un miliardo di persone, come prevede Zuckerberg, il potere di interagire in un ambiente virtuale, in tempo reale e con dati di sensori che “catturano oggetti” 3D dal mondo reale trasferendo dati a larghezza di bande super veloci e con una latenza bassissima richiede un’enorme capacità computazionale. L’attuale infrastruttura di calcolo, archiviazione e rete non è in grado di soddisfare questi requisiti per centinaia di milioni di utenti che potenzialmente si connettono simultaneamente.

In altre parole abbiamo bisogno di una “nuova Internet”. Non dimentichiamo che Meta ha l’ambizione di andare ben oltre le relativamente modeste potenzialità del moribondo Second Life. Per questo si parla insistentemente di una “roadmap multi generazionale” che nei prossimi 10-15 anni possa aprire concretamente la strada al metaverso del futuro. Dobbiamo tendere ad un sistema di calcolo exascale in grado di calcolare almeno 10 18 operazioni in virgola mobile al secondo (1 exa FLOPS), potenza computazionale che appartiene alla categoria dei supercomputer. Peccato che queste prestazioni secondo gli esperti del settore non saranno disponibili su larga scala prima di 20-30 anni. Non sarà sufficiente però una nuova infrastruttura hardware, occorrerà anche sviluppare nuovi algoritmi specializzati e nuovi strumenti software nonché librerie di sviluppo aperte.

Insomma tutto fa credere che il metaverso prospettato da Zuckerberg da un lato sia una grande operazione di distrazione di massa dai guai di Facebook e dall’altro l’avvio di un processo che durerà decenni.

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