sabato, Luglio 27

L’operazione Torch

Già dalla fine del 1941 e con maggiore insistenza nel corso del 1942, la Russia di Stalin chiedeva insistentemente l’apertura di un secondo fronte per allentare la pressione delle armate hitleriane in territorio sovietico.
Finalmente, sia pure scegliendo un obiettivo minore, Churchill e Roosevelt informarono Stalin della progettazione di uno sbarco in Marocco e Algeria, che venne denominato Operazione Torch (Torcia).
I russi non mancarono di protestare, per loro, questo sbarco nell’Africa Settentrionale era un diversivo insufficiente e certamente non l’apertura del vero e auspicato secondo fronte.
Gli alleati cercarono di indorare la pillola e assicurarono a Stalin che la conquista dell’Africa settentrionale avrebbe costituito la piattaforma ideale per quello che Churchill definiva l’attacco al ventre molle dell’Asse, ovvero l’Italia. Inoltre i convogli inglesi che attraversavano il Mediterraneo diretti verso il Medio e l’Estremo Oriente si sarebbero giovati di una sostanziale impunità una volta completata la conquista.
Lo sbarco però prevedeva maggiori difficoltà dal punto di vista politico-diplomatico che da quello squisitamente militare.
L’obiettivo era infatti evitare che le forze francesi presenti in Marocco ed Algeria e tecnicamente sotto il comando del governo di Vichy si opponessero alle forze anglo-americane consentendo a queste ultime di sorprendere le truppe italiane e tedesche che andavano schierandosi in Tunisia.
Il cosiddetto Esercito d’Africa e l’Amministrazione coloniale francese erano violentemente anglofobi, cosi come la Marina francese che non aveva dimenticato l’aggressione inglese a Mers el Kebir nel 1940. Si decise pertanto come prima mossa di dare una forte colorazione USA all’operazione, il comando supremo fu affidato al generale americano Dwight Eisenhower e la stragrande maggioranza delle truppe impegnate nell’operazione Torch fu statunitense, costituendo questa operazione militare il vero e proprio battesimo di fuoco sul teatro europeo degli yankee.
L’altro grosso problema politico era rappresentato da Charles De Gaulle, il governo di Vichy lo considerava un traditore perchè si era opposto alla firma della capitolazione della Francia alla Germania, mentre ovviamente il generale De Gaulle, considerava gli uomini di Petain una manica di traditori e collaborazionisti con il nemico.
De Gaulle non risultava particolarmente simpatico né a Churchill né al Presidente americano, entrambi detestavano l’alterigia e l’arroganza del francese, convinti inoltre che egli non avesse un reale seguito in Francia.
Per questo gli alleati decisero di non far partecipare all’operazione Torch alcun contingente francese, con l’unica eccezione del generale Giraud e si adoperarono per trovare dei contatti politico-diplomatici con l’amministrazione di Vichy in Africa al fine di ottenere almeno la completa neutralità in vista dello sbarco.
Tre settimane prima dello sbarco, un sottomarino condusse il generale Mark Clark in Africa per definire gli ultimi accordi di non belligeranza. Accordi che quando il 9 novembre 1942, una grande flotta di 850 navi provenienti dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti, sbarcò forti contingenti di truppe, sostanzialmente ressero.
Alcuni reparti francesi si opposero ad Orano e Casablanca ma sostanzialmente le forze alleate marciarono spedite verso la conquista degli obiettivi. Il generale Giraud, noto esponente di destra, unico militare francese aggregato all’Operazione Torch con il compito di curare i collegamenti con l’amministrazione coloniale francese fu accolto da quest’ultima molto freddamente.
Un colpo di fortuna arrise agli americani, quando il figlio dell’ammiraglio Darlan, noto collaboratore con i tedeschi e probabile successore di Petain, colpito da una forma di paralisi fu ricoverato all’ospedale di Algeri.
Qui inevitabilmente entrò in contatto con Eisenhower che si convinse che Darlan era l’unica figura in grado non soltanto di impedire gli scontri tra le truppe francesi e gli alleati ma anche di convincere la flotta di stanza a Tolone a salpare e consegnarsi ai porti africani conquistati dagli americani.
Darlan iniziò a tergiversare, un giorno facendo mostra di voler concludere l’accordo con gli americani ed il giorno dopo impuntandosi su dettagli o nuove richieste, nel frattempo Petain via radio aveva fatto sapere che sconfessava l’operato del suo delfino. La realtà rese inutile ogni azione di Darlan, i  soldati francesi avevano iniziato ad arrendersi spontaneamente.
L’importante porto di Dakar passò nelle mani degli alleati. Il 25 novembre le forze alleate si trovavano a meno di 30 km dalla Tunisia, la conquista della quale sembrava ormai cosa fatta. I giorni persi però nella ricerca di un accordo politico con i francesi e i pochi ma virulenti focolai di opposizione trovati avevano permesso ad Hitler di occupare la Tunisia con nuove truppe inviate dal continente e poste al comando del generale Hans-Jürgen von Arnim. Nel frattempo il feldmaresciallo Rommel si ritirava nel ridotto del Mareth, facilmente difendibile anche con poche truppe, peraltro in maggioranza veterani dell’Afrika Korps e delle divisioni italiane superstiti dalla battaglia di El Alamein. Lì l’avanzata alleata venne contrastata efficacemente, anche con alcune vittorie contro le forze americane avanzanti, la cui inesperienza venne duramente messa in risalto nelle battaglie di Sidi Bou Zid e di Kasserine, ma infine la pressione alleata non poté essere più contrastata, e la sacca si restrinse sempre di più. Rommel fu richiamato infine in Germania da Hitler in persona, e sostituito al comando dal generale Hans-Jürgen von Arnim, fino alla resa finale del 13 maggio 1943.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights