La retorica e la propaganda fascista dipingevano il Duce come un atleta che eccelleva in quasi tutte le discipline sportive: nuoto, ginnastica, auto da corsa, persino come aviatore sportivo. In realtà Benito Mussolini era tutt’altro che un uomo di sport, si era limitato in gioventù a frequentare alcune palestre di scherma perché per i politici del tempo non era raro risolvere le questioni in duello. Di calcio non soltanto non né capiva niente ma si dimostrò per gran parte della sua vita totalmente disinteressato.
Ciò nonostante il Duce intuisce presto che il calcio si presta ottimamente come fabbrica del consenso popolare oltre che ad essere una metafora perfetta dei valori autenticamente fascisti. “Il calcio – scrive Simon Martin, storico inglese autore di Calcio e Fascismo. Lo sport nazionale sotto Mussolini – “è un campo di battaglia dove atti di eroismo individuale venivano compiuti per il bene della collettività“.
A fascistizzare il calcio ci pensa Leandro Arpinati, vice segretario del Partito Nazionale Fascista nonché Presidente della Federcalcio nel 1926. L’anno dopo Arpinati trasferisce la simbologia fascista e in particolare il fascio littorio sulle maglie della nazionale accanto allo scudo sabaudo, mentre la selezione universitaria del pallone indossa una divisa interamente nera. A partire dagli anni Trenta il saluto romano diventa obbligatorio negli stadi quando le squadre si schierano a centrocampo per salutare il pubblico.
Quando nel 1932 la Fifa assegna l’edizione della Coppa Rimet 1934 all’Italia per il Duce si presenta un’occasione irripetibile di propaganda internazionale dei successi della rivoluzione fascista. E così il fino allora quasi indifferente Mussolini allo sport nazionale italico assume la regia dell’evento direttamente. Nel 1934 a poche settimane dall’inizio del torneo Mussolini convoca a Palazzo Venezia Giorgio Vaccaro e gli comunica con un tono che non ammette repliche che non importa come, ma l’Italia dovrà vincere il mondiale.
Il preoccupatissimo Vaccaro si rende conto di avere una pericolosa gatta da pelare tra le mani, Mussolini non ammette fallimenti. Il Commissario Tecnico della Nazionale è Vittorio Pozzo, un allenatore che più della tattica sul campo eccelle nella motivazione degli uomini. Pozzo si affida al blocco juventino (8 calciatori), al formidabile bomber interista Giuseppe Meazza e agli oriundi Guaita, Orsi, Morti, Demaria, alla faccia della pura razza italica. L’Italia nel Mondiale del 1934 sarà scandalosamente aiutata dagli arbitri e godrà di una serie di combine dovute alle pressioni del regime fascista.
Il 31 maggio del 1934 la Nazionale azzurra incontra, a Firenze, per i quarti di finale la Spagna del più leggendario portiere dell’epoca Zamora. Gli spagnoli passano in vantaggio dopo circa 30 minuti, l’Italia pareggia con un goal clamorosamente irregolare, su un cross di Orsi, Zamora accenna l’uscita alta, ma viene deliberatamente scaraventato a terra da Schiavio, e Ferraris a porta vuota segna. L’arbitro un belga non fa una piega e convalida la rete. La partita rimane in parità anche dopo i tempi supplementari e quindi viene rigiocata sempre a Firenze. Zamora è assente con due costole rotte regalo del trattamento subito da Schiavio.
L’Italia vince 1-0 picchiando gli spagnoli deliberatamente per tutta la gara, tanto che quattro di essi risulteranno infortunati e segnando con Meazza un’altra rete irregolare per un palese fallo sul portiere che sostituiva Zamora.
In semifinale con l’Austria, la storia si ripete, l’arbitro svedese parteggia sfacciatamente per gli azzurri, il goal di Guaita, uno degli oriundi è viziato dall’ennesimo fallo sul portiere: Meazza placca come un giocatore di rugby Platzer il portiere austriaco. Niente da fare, per l’arbitro è tutto regolare.
Per la finale di Roma, Mussolini riesce ad imporre come arbitro lo stesso svedese della semifinale che apre la partita decisiva con il saluto romano. E’ il 10 giugno del 1934 nella tribuna delle autorità insieme al Principe Umberto di Savoia spicca la figura corpulenta di Mussolini in un’immacolata divisa bianca. Gli azzurri battono l’altra finalista, la Cecoslovacchia, 2 a 1 dopo i tempi supplementari, nella gara forse meno inquinata di tutto il mondiale.
La Gazzetta dello Sport titola: “Gli azzurri alla presenza di Mussolini conquistano il Campionato del Mondo”.