sabato, Luglio 27

Mussolini, il calcio e il Mondiale del 1934

La retorica e la propaganda fascista dipingevano il Duce come un atleta che eccelleva in quasi tutte le  discipline sportive: nuoto, ginnastica, auto da corsa, persino come aviatore sportivo. In realtà Benito Mussolini era tutt’altro che un uomo di sport, si era limitato in gioventù a frequentare alcune  palestre di scherma perché per i politici del tempo non era raro risolvere le questioni in duello.  Di calcio non soltanto  non né capiva niente ma si dimostrò per gran parte della  sua vita totalmente disinteressato. 

Ciò nonostante il Duce intuisce presto  che il  calcio si presta ottimamente come fabbrica del consenso popolare oltre che ad essere una metafora  perfetta dei valori autenticamente fascisti. “Il  calcio – scrive Simon Martin, storico  inglese autore di Calcio  e Fascismo.  Lo sport nazionale sotto Mussolini  – “è un campo di battaglia dove atti di eroismo  individuale venivano compiuti per il bene della  collettività“. 

fascistizzare  il calcio ci pensa Leandro Arpinati,  vice segretario del Partito Nazionale  Fascista nonché Presidente della  Federcalcio nel 1926. L’anno dopo Arpinati trasferisce la simbologia fascista e in particolare il fascio littorio sulle maglie della nazionale accanto allo scudo sabaudo, mentre la  selezione  universitaria  del  pallone indossa una divisa interamente nera. A partire dagli anni Trenta il saluto romano diventa obbligatorio negli stadi quando le squadre si schierano a centrocampo per  salutare il pubblico.

Quando nel 1932 la Fifa assegna l’edizione della Coppa Rimet 1934 all’Italia per il Duce si presenta un’occasione irripetibile  di propaganda internazionale  dei successi della rivoluzione fascista. E così il  fino allora  quasi indifferente Mussolini allo sport nazionale italico assume la regia dell’evento direttamente.  Nel 1934 a poche settimane dall’inizio del  torneo Mussolini convoca a Palazzo Venezia Giorgio Vaccaro e gli comunica con un tono che non ammette repliche che non importa  come, ma l’Italia dovrà  vincere il  mondiale.  

Il  preoccupatissimo Vaccaro si rende conto di avere una pericolosa gatta da pelare tra le mani, Mussolini non ammette  fallimenti. Il Commissario  Tecnico della Nazionale è Vittorio  Pozzo, un allenatore che più della tattica sul  campo eccelle nella motivazione degli uomini. Pozzo si affida al blocco juventino (8 calciatori), al formidabile bomber interista Giuseppe Meazza e agli oriundi Guaita, Orsi, Morti, Demaria, alla faccia della pura razza italica. L’Italia nel Mondiale del  1934 sarà scandalosamente aiutata dagli arbitri  e godrà di una serie di combine dovute alle pressioni del regime fascista.

Il  31 maggio del 1934 la Nazionale  azzurra incontra,  a Firenze, per i quarti  di finale la Spagna del più leggendario  portiere dell’epoca Zamora.  Gli spagnoli passano in vantaggio dopo circa 30 minuti, l’Italia  pareggia con un goal  clamorosamente irregolare, su un cross di Orsi, Zamora accenna l’uscita alta, ma viene deliberatamente scaraventato a terra da Schiavio, e Ferraris a porta vuota segna. L’arbitro  un belga non fa una piega e convalida la rete. La partita rimane in parità  anche dopo i tempi supplementari e quindi viene rigiocata sempre a Firenze. Zamora è assente con due costole rotte regalo  del trattamento subito da Schiavio.

L’Italia vince 1-0 picchiando gli spagnoli deliberatamente per tutta la  gara, tanto che quattro di essi risulteranno infortunati e segnando con Meazza un’altra rete irregolare per un palese fallo sul portiere che sostituiva Zamora.

In semifinale con l’Austria, la storia si ripete, l’arbitro svedese parteggia sfacciatamente per  gli azzurri, il goal di Guaita, uno degli oriundi è viziato dall’ennesimo fallo  sul  portiere: Meazza placca come un giocatore di rugby Platzer il  portiere austriaco.  Niente da fare, per l’arbitro è tutto regolare.

Per la finale di Roma, Mussolini riesce ad imporre come arbitro lo stesso svedese della semifinale che apre la partita decisiva  con il saluto romano. E’ il  10 giugno del 1934 nella  tribuna delle autorità insieme al Principe Umberto di Savoia spicca la figura corpulenta di Mussolini  in un’immacolata divisa  bianca. Gli azzurri battono l’altra finalista, la  Cecoslovacchia, 2 a 1 dopo i tempi supplementari, nella  gara  forse meno inquinata di tutto  il mondiale.

La Gazzetta dello  Sport titola: “Gli azzurri alla presenza di Mussolini conquistano il  Campionato del Mondo”.

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