giovedì, Maggio 2

New York contro la New Hollywood

Se Hollywood è sempre stata, sia nel suo periodo classico che durante la cosiddetta New Hollywood, il luogo dei generi cinematografici, della produzione seriale, dell’industria cinematografica di massa americana, New York, ha rappresentato a cavallo degli anni Settanta, il cinema statunitense più innovativo e autoriale che pur rivolgendosi al pubblico americano lo fa attraverso una proficua contaminazione con il cinema europeo. Tre sono i principali alfieri di questa stagione del cinema newyorkese: John Cassavetes, Martin Scorsese e Woody Allen.

John Cassavetes

John Cassavetes nasce nella Grande Mela il 9 dicembre 1929 (e morirà a Los Angeles, il 3 febbraio 1989). Si può considerare uno dei primi registi davvero indipendenti, attore proveniente dalla celebre scuola dell’Actor’s Studio, aderisce al movimento della “Scuola di New York” (gruppo in realtà eterogeneo che comprendeva Sidney Meyers, Shirley Clarke, Lionel Rogosin e altri), che assunse come criteri stilistici e contenutistici il realismo, il documentarismo, la povertà di mezzi produttivi, con richiami a volte espliciti alla “poetica del pedinamento” di Cesare Zavattini.

Il suo primo film Shadows (1960) girato in 16 mm e da lui interamente prodotto era interpretato da attori non professionisti e diventerà con il tempo un piccolo cult. È la storia di un giovane nero che scopre durante le sue giornate il razzismo sottotraccia dei suoi amici bianchi. Girato quasi tutto con la macchina a spalla, sempre in movimento, mai ferma, in cammino per la strade o da una stanza all’altra, segue il personaggio come se fosse un reportage in diretta e tutto accadesse nel momento in cui viene filmato

I suoi film hanno un montaggio volutamente brusco, a tratti persino rozzo, con passaggi improvvisi da campi lunghissimi a primi piani. La cinepresa ha sempre movimenti molto veloci oppure è talmente “attaccata” agli attori da annullare qualunque sfondo. Le sue opere principali Mariti (1970), Una moglie (1974), L’assassinio di un allibratore cinese (1976), Gloria una notte d’estate (1980) lo pongono tra i registi più innovativi della cinematografia statunitense.

Cassevetes girerà quasi tutti i suoi film con un clan di attori composto da familiari e amici con cui stabilì un fecondo rapporto creativo, la moglie Gena Rowlands, la madre, la suocera, i figli e gli amici attori Peter Falk e Ben Gazzarra.

Martin Scorsese

Martin Charles Scorsese, nasce a New York il 17 novembre 1942, regista, attore, produttore e sceneggiatore, con doppia cittadinanza americana e italiana, è un’esponente della New Hollywood che però in una precisa fase della sua carriera sarà estremamente contiguo con il cinema indipendente e innovatore di New York.

L’uso della cinepresa di Scorsese non è estremo come nello stile di Cassavetes ma oscilla sapientemente tra riprese oggettive e soggettive, che lasciano lo spettatore in uno stato di disorientamento e incertezza. In questo modo sta con molta autonomia in mezzo fra stile classico e stile moderno ed è capace di usarli entrambi alternandoli, dentro ogni film.

Scorsese fa grande uso delle voci fuori campo come in Alice non abita più qui (1975) o Taxi Driver (1976). Come gran parte dei registi della scuola newyorkese, anche Scorsese ha come fonte di ispirazione i maestri europei Rossellini, Visconti, Godard, Pasolini ma il suo stile è indubitabilmente americano. In Fuori orario (1986) mostra l’assurdità e la follia della metropoli. In Goodfellas (1980) o Casinò (1995), film di genere gangster, usa la cinepresa e la voce fuori campo come se dirigesse un documentario, piuttosto che un film.

Woody Allen

Anche Woody Allen nasce a New York il 30 novembre 1935, inizia come gagman televisivo e attore, poi negli anni Sessanta approda al cinema e realizza una serie di film infarciti di citazioni del cinema classico: Prendi i soldi e scappa (1969), Bananas (1971), Il dormiglione (1973). Allen interpreta il protagonista di queste pellicole, facendone emergere un giovane sfigato, maldestro, autoironico e con un pessimo rapporto con l’universo femminile.

Con la maturazione Allen trasforma questo personaggio in un intellettuale ebreo cronicamente depresso, lontano dalle mode correnti, solitario, preda delle proprie paure e fobie. I film di questo periodo sono molto amati in Europa e nei circoli intellettuali americani, ci limitiamo a ricordare Io e Annie, (1977). Hannah e le sorelle, (1986).

La sua è una comicità intrisa da una profonda amarezza, tanto che i suoi film migliori sono quelli a sfondo drammatico e rievocano le atmosfere di Ingmar Bergman (Interiors, 1978; September, 1987), o di Fellini (Manhattan, 1979; Stardust Memories, 1980), registi per cui Allen ha una vera e propria adorazione.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo: Storia di un’arte e di un linguaggio

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