sabato, Maggio 18

Storia di una pandemia: Il virus in crociera Ep. 4

Il comandante Arma e una parte del suo equipaggio nel volo di rientro in Italia

Nei primi mesi di diffusione del nuovo coronavirus virologi e infettivologi ritenevano che la malattia si trasmettesse attraverso il contatto con superfici contaminate, come una maniglia o il pulsante di un ascensore, oppure attraverso goccioline di saliva o secrezioni emesse da una persona mentre starnutiva, tossiva o semplicemente parlava, i famosi droplet.

Per questo una frequente igiene delle mani e soprattutto un distanziamento sociale di circa due metri venivano ritenute, in assenza di cure e vaccini, gli accorgimenti necessari per ridurre drasticamente il rischio di infettarsi. In realtà, come aveva già dimostrato uno studio degli anni Cinquanta condotto da Richard L. Riley, un esperto di fisiologia polmonare alla Johns Hopkins, e del suo mentore, William F. Wells, sulle modalità di infezione della tubercolosi, aveva dimostrato che i droplet espulsi da persone contagiate evaporavano nell’aria, riducendosi in una particella microscopica capace di fluttuare nell’aria.

Questo significava che l’accumulo di queste particelle in forma di aerosol soprattutto in ambienti chiusi come prigioni, ospedali, case di cura aeroplani e…navi da crociera, determinavano un ambiente favorevole al contagio. La dimostrazione concreta di quanto questo vecchio studio affermava per i patogeni respiratori si ebbe l’11 febbraio 2020 con la partenza da San Francisco, della nave da crociera Grand Princess. Si trattava di una nave costruita nel 1998 presso i cantieri navali di Monfalcone, in Italia capace di ospitare fino a 3.500 persone.

La crociera si concluse dieci giorni dopo, sempre a San Francisco, tutti i passeggeri sbarcarono tranne 68 persone che si unirono alla nuova crociera verso la tappa successiva, le Hawaii: un nuovo carico di 2.422 passeggeri e 1.111 membri dell’equipaggio, provenienti da 54 nazioni diverse. Nel frattempo, una nave gemella, la Diamond Princess, era già stata messa in quarantena nel porto di Yokohama, in Giappone.

Ecco cosa era accaduto. Il 20 gennaio 2020, un ignaro passeggero positivo al coronavirus SARS-CoV-2 si imbarcò sulla Diamond Princess, in partenza dal porto di Yokohama, in Giappone. Il primo febbraio all’uomo, sbarcato nella città di Hong Kong e ricoverato con febbre in ospedale, fu diagnosticata la CoViD-19. I passeggeri della nave furono avvisati solo il 3 febbraio quando la nave, rientrata nella baia di Yokohama, fu messa in quarantena. A un mese dall’imbarco del primo contagiato, oltre 700 persone sulle 3.711 presenti sulla nave avevano ormai contratto l’infezione. 

Un singolo passeggero approfittando degli spazi ristretti e semi chiusi tipici di una nave da crociera aveva infettato 687 tra passeggeri e membri dell’equipaggio. Solo il 18% dei contagiati non presentava sintomi, una media molto più bassa rispetto a quella della popolazione generale. La spiegazione era molto semplice le crociere sono frequentate in modo massiccio da persone anziane, che risultavano più esposte al SARS-Cov-2.

Marty Cetron che era responsabile delle quarantene per il CDC era molto preoccupato e fece rapporto al direttore Redfield. Nonostante questo le navi da crociera continuavano a solcare i mari di mezzo mondo diffondendo il virus in ogni porto toccato. Cetron era furioso per l’inerzia del governo statunitense e per l’incapacità dell’industria croceristica di auto regolarsi in presenza di un rischio epidemico così alto.

Marty Cetron

Mentre la Grand Princess stava tornando alla base dopo aver toccato le Hawaii, un uomo di settantacinque anni, sbarcato dopo la tappa messicana, morì. Fu dichiarato come il primo decesso per COVID in California, in realtà qualche tempo dopo, questo triste primato fu attribuito a una donna morta il 6 febbraio. Si trattava della prima morte da Covid certificata negli Stati Uniti.

Ai passeggeri che erano stati a più stretto contatto con il settantenne morto fu chiesto di auto isolarsi nelle proprie cabine. Nessuno rispettò quest’invito. Gli elicotteri della Guardia Costiera fecero cadere sul ponte della nave i pochi kit di test che potevano mettere a disposizione. Delle quarantacinque persone testate, ventuno risultarono positive e circa un centinaio di altri passeggeri mostravano sintomi.

Nel frattempo, nel porto di Yokohama, il comandante italiano della Diamond Pricess Gennaro Arma si trovava a gestire una vera e propria odissea. Non fu facile ordinare l’autoisolamento per 2700 persone che imbarcatesi per una vacanza si ritrovavano confinate nella propria cabina, con i pasti lasciati fuori dalla porta e con una sola ora di passeggiata sui ponti, sorvegliati a vista dai membri dell’equipaggio.

L’odissea della Diamond Princess durerà quasi un mese e si concluderà il 1 marzo quando, l’ultimo uomo a bordo, il comandante Arma, abbandonerà la nave seguendo il rigido percorso di sicurezza attuato dalle autorità giapponesi.

Il comandante Arma lascia la Diamond Princess

Prima che finalmente, subito dopo il lockdown italiano, fosse emesso un divieto di navigazione per le navi da crociera migliaia di passeggeri e membri dell’equipaggio in tutto il mondo finirono infettate e centinaia morirono. E quello che risultò più terrificante questi colossi del mare, destinati al divertimento e alla spensieratezza, portarono in crociera anche il virus, dando un forte contributo alla sua diffusione planetaria.

Le altre puntate di Storia di una pandemia

Storia di una pandemia: L’inizio – Ep. 1

Storia di una pandemia: Il colosso dai piedi d’argilla Ep. 2

Storia di una pandemia: Il CDC, crollo di un mito Ep. 3

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

L’anno della peste di L. Wright

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