sabato, Luglio 27

Tutto quello che avreste voluto sapere sui buchi neri e non avete mai osato chiedere

Ci sono diversi luoghi comuni sugli oggetti più misteriosi ed estremi dell’Universo: i buchi  neri. Il più diffuso probabilmente è quello che questi cannibali  dello spazio sono destinati ad ingoiare progressivamente tutta la materia che li circonda. Se fosse così il  buco nero supermassiccio  da 4 milioni  di masse solari che occupa il centro  della  nostra galassia  nel  corso dei miliardi di anni di vita avrebbe facogitato  l’intera Via Lattea.

Un altro timore  che  ogni tanto serpeggia anche sulla stampa e che al CERN si possano creare dei piccoli buchi  neri di cui si potrebbe perdere il controllo mettendo  a repentaglio  la stessa esistenza del pianeta. Cosa  sappiamo in realtà di questi straordinari  ed inquietanti oggetti che popolano tutte  le  galassie dell’universo?

Una stella di neutroni può contenere  fino a tre  masse solari prima che l’attrazione gravitazionale  la faccia collassare trasformandola  in un buco  nero. Invece di una superficie i buchi neri hanno il cosiddetto orizzonte degli eventi  il confine spaziale  oltre il quale la forza gravitazionale  è  così  intensa che neppure la radiazione  elettromagnetica  riesce a fuggire.

Il redshift gravitazionale  (da non confondersi con quello dell’effetto Doppler) ovvero lo spostamento verso il rosso della   frequenza di un’onda elettromagnetica dovuto alla forza di gravità di un oggetto compatto si fa particolarmente  intenso  nel  caso dei buchi neri. Per sfuggire alla presa di un buco nero occorre una velocità di fuga superiore alla velocità della luce e come  sappiamo questo non è possibile. Ecco perché il  pozzo gravitazionale  di questi oggetti estremi è  in grado di intrappolare tutto,  compresa la luce.

Dobbiamo  al matematico, fisico ed astronomo tedesco  Karl Schwarzschild, la risoluzione  delle equazioni di Einstein della relatività generale la cui soluzione ha permesso  il calcolo del raggio che ha preso il suo nome che delimita l’orizzonte degli eventi e quindi il punto oltre il quale la forza gravitazionale  è talmente intensa   da intrappolare  ogni cosa.  Il  raggio  di  Schwarzschild si  applica  ai cosiddetti buchi neri non rotanti.

Tanto  per avere un’idea per ogni massa solare il raggio dell’orizzonte  degli eventi  misura circa 3 chilometri e se la Terra diventasse un buco nero il suo  raggio sarebbe lungo meno di un centimetro (anche se non ci sono prove dell’esistenza di buchi neri di questa dimensione).

In realtà già  molto prima di Einstein qualcuno aveva in qualche  modo previsto questa peculiarità dei buchi neri, ovvero la  capacità di trattenere  perfino la luce. Si tratta di John   Michell, un astronomo, geologo e fisico inglese, nato  nel 1724 e morto nel 1793.  
Michell concepì nel  1783 l’esperimento oggi noto come Esperimento di Cavendish; fu il primo a misurare la forza di gravità fra due corpi in laboratorio e formulò la prima misura precisa della massa della Terra e della costante gravitazionale. L’anno successivo Michell, in  un saggio ipotizzò  come un oggetto con una massa sufficientemente elevata possa essere in grado di trattenere la sua stessa luce (il concetto di velocità di fuga era ben noto all’epoca); teorizzò inoltre  che un oggetto di questo genere (quello che, successivamente, sarebbe stato chiamato buco nero) non sarebbe direttamente visibile, ma potrebbe essere identificato tramite il moto di un oggetto compagno se parte di un sistema binario. Straordinario se pensiamo  che Michell raggiunse questi risultati utilizzando esclusivamente la meccanica newtoniana.

Ma torniamo ai buchi neri. Al centro dell’orizzonte  degli eventi giace quella che i fisici chiamano una singolarità  ovvero un punto di volume nullo  e densità infinita. Un’incredibile bizzarria della natura che possiamo solo rappresentare come la soluzione di un’equazione. Il  compianto Stephen Hawking ha dimostrato che anche i buchi neri possono evaporare  e lo fanno tanto più in fretta quanto più la loro massa è piccola.

Un buco nero supermassivo da un  miliardo  di masse solari avrebbe una vita di  10 93  ANNI!  

Ancora non comprendiamo perfettamente perché alcuni buchi neri siano circondati da un anello di materia, conosciuto come disco di accrescimento in grado di emettere getti di particelle perpendicolari al piano del disco. Tutto quello che avviene dentro l’orizzonte degli eventi  possiamo derivarlo soltanto matematicamente proprio perché nessun segnale è in grado di uscire da questa sorta di trappola cosmica. E certamente nessun essere umano sarà mai in grado di attraversare il labile  confine rappresentato dall’orizzonte degli eventi, nel caso di un buco nero di circa 3 masse solari,  circa  0,15 secondi prima di varcare questa linea immaginaria verremmo fatti letteralmente a pezzi. 

Questo fenomeno viene chiamato in modo piuttosto pittoresco spaghettificazione  perchè il nostro corpo sarebbe stirato in modo incommensurabile andando a schiantarsi, una volta  varcato l’orizzonte degli eventi, in 0,00001 secondi contro la singolarità che costituisce il cuore del buco nero. Andrebbe soltanto un po’ meglio  per  un buco nero di 4 masse solare, come quello che si annida nel centro della nostra galassia, in questo caso saremmo in grado di attraversare l’orizzonte degli eventi senza grandi problemi, ma avremmo soltanto 13 secondi di vita prima  di essere  spaghettificati. 

Nel prossimo post tratteremo di buchi neri che appartengono ad un sistema binario che  presentano caratteristiche e bizzarrie  non meno  entusiasmanti di quelli singoli. 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights