sabato, Luglio 27

Un summit nazionale per le popolazioni esposte a rischio Pfas

Sabato 11 Maggio a Padova presso il palazzo del Bo, dalle 9 del mattino alle 17, è in programma il convegno nazionale dal titolo “Pfas: valutazione del rischio nella filiera agroalimentare dalla produzione primaria al confezionamento. Una visione one health”, organizzato da Fondazione per lo studio degli alimenti e della nutrizione (Fosan) e Fondazione Foresta Onlus, che riunirà i massimi esperti del settore insieme alle istituzioni nazionali e del territorio. 

Le regioni più a rischio Pfas


L’inquinamento ambientale è un problema diffuso a livello globale, il caso dei composti perfluoroalchilici (Pfas) ha acquisito estrema rilevanza soprattutto nel territorio Veneto nell’ultimo decennio, ma recentemente sta emergendo un inquinamento esteso a tutto il territorio nazionale: in Italia le acque maggiormente colpite, oltre al Veneto, sono quelle di Piemonte e Lombardia, regione quest’ultima dove sono state riscontrate tracce di Pfas soprattutto nell’area metropolitana di Milano, e anche in Emilia Romagna l’acqua risulta contaminata. Mentre in Toscana nel 2022 è stata riscontrata la presenza di Pfas nel 70% delle acque superficiali, nel 30% di quelle sotterranee e nel 100% dei campioni di flora e fauna analizzati. Secondo un recente rapporto di Greenpeace, in queste regioni sono state rilevate concentrazioni di Pfas a volte persino superiori ai 500 ng/l.

I rischi per la salute

“Le manifestazioni cliniche associate all’inquinamento da PFAS sono certamente evidenti nelle popolazioni esposte – spiega il professor Foresta, già ordinario di endocrinologia all’università di Padova e presidente della Fondazione Foresta ONLUS – ma è interessante considerare che anche i bassi livelli di queste sostanze riscontrabili nella popolazione generale possono costituire fattore di rischio. Negli ultimi anni abbiamo evidenziato dal rischio cardiovascolare all’infertilità, dall’osteoporosi all’ipotiroidismo, fino alle alterazioni del sistema nervoso. Senza dimenticare che recentemente la Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che fa capo all’Oms, ha inserito il Pfoa, il più diffuso composto della famiglia dei Pfas, nella lista delle sostanze cancerogene per il tumore al rene e testicolo”

Un convegno operativo


Da qui nasce il convegno di sabato 11 maggio a Padova che si prefigge di tracciare una linea condivisa nel proporre comuni strategie di intervento sanitario e di prevenzione nelle popolazioni a elevato rischio espositivo ai PFAS, dei protocolli validi per tutti che hanno l’ambizione di diventare delle linee guida di buone prassi per tutelare la salute dei residenti. 


“L’inquinamento generale a carico dei Pfas non è facilmente modificabile dal comportamento dei singoli né è possibile immaginare un’abolizione a breve termine di queste sostanze chimiche”, continua il professor Foresta. “Spesso queste sostanze sono presenti in miscela con altri composti chimici, e a preoccupare è proprio la relazione che diverse sostanze possono avere tra loro”. 

Che fare


Le ricerche condotte dall’equipe del professor Foresta e svolte presso l’Uoc di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale Università di Padova, diretta dal professor Alberto Ferlin, hanno permesso di identificare possibili forme di intervento basandosi su un’intuizione sperimentale ispirata all’attuale tecnologia di filtraggio delle acque, basata sull’utilizzo dei filtri ai carboni attivi, che ha portato all’individuazione di un corrispettivo terapeutico nel carbone attivo vegetale ad uso umano, che trova già impiego nel trattamento di intossicazioni da farmaci e avvelenamenti alimentari, nonché per il meteorismo intestinale. 


“In pratica, abbiamo drenato a livello intestinale i Pfas, rendendoli eliminabili con le feci”, conclude il professor Foresta. “In un modello sperimentale l’incubazione con carbone attivo vegetale si è dimostrata in grado di rimuovere ben il 50% del Pfoa. Questi risultati hanno convinto la Regione Veneto a finanziare un progetto più complesso per valutare la possibilità di un intervento sanitario per la riduzione dei Pfas dal sangue dei soggetti esposti all’inquinamento da queste sostanze”.

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