venerdì, Maggio 16

Vesta potrebbe essere un frammento di un mondo perduto

Vesta potrebbe essere un frammento di un mondo perduto. L’asteroide Vesta, per più di un decennio, è rimasto in una zona grigia dal punto di vista scientifico. L’oggetto è troppo grande e geologicamente complesso per essere un comune asteroide. Ma non è mai stato elevato allo status di vero e proprio pianeta.

La sua superficie ricoperta di basalto suggeriva un passato fuso. Le prime analisi dei dati della sonda spaziale Dawn della NASA suggerivano che Vesta possedesse la stessa architettura fondamentale della Terra. Quindi, crosta, mantello e nucleo metallico. Quel quadro così ordinato è stato ora ribaltato. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy.

Vesta

Vesta e la sua struttura interna

Un nuovo studio condotto dal JPL della NASA ha riesaminato le registrazioni gravitazionali e di imaging di Dawn con metodi di calibrazione notevolmente perfezionati. Il risultato è una radicale reinterpretazione della struttura interna di Vesta. L’oggetto largo 500 chilometri, invece di ospitare un nucleo centrale denso, appare pressoché uniforme al suo interno.

Seth Jacobson, coautore dello studio e planetologo della Michigan State University, ha spiegato che: “L’assenza di un nucleo è stata davvero sorprendente. È un modo davvero diverso di pensare a Vesta”. La storia di Vesta è sorprendentemente complessa. Il team di ricerca è giunto a questa conclusione esaminando una proprietà chiamata momento di inerzia. Questa regola il modo in cui è distribuita la massa di un oggetto e, di conseguenza, come ruota nello spazio.

I corpi con centri pesanti ruotano più velocemente; quelli con massa distribuita uniformemente invece ruotano più lentamente. La caratteristica di rotazione di Vesta corrisponde a quest’ultima descrizione, contraddicendo i modelli precedenti che richiedevano un nucleo di ferro-nichel consistente. Il ricercatore principale Ryan Park e i suoi colleghi, per ottenere le misurazioni riviste, hanno trascorso quasi un decennio a perfezionare la calibrazione incrociata tra le telecamere di bordo di Dawn e i dati di tracciamento radio trasmessi tramite il Deep Space Network della NASA.

Vesta: lo studio e le teorie contrastanti

Ryan Park ha spiegato che: “Dopo quasi un decennio di perfezionamento delle nostre tecniche di calibrazione ed elaborazione, abbiamo ottenuto un notevole allineamento tra i dati radiometrici del Deep Space Network di Dawn e i dati di imaging di bordo. Le nostre scoperte dimostrano che la storia di Vesta è molto più complessa di quanto si pensasse in precedenza, plasmata da processi unici come l’interruzione della differenziazione planetaria e le collisioni in fase avanzata”.

Le due teorie contrastanti si contendono ora la spiegazione di cosa sia realmente Vesta. Un’opzione è che l’oggetto abbia iniziato a differenziarsi, fondendosi internamente in modo che i metalli potessero affondare e i silicati risalire, ma che il processo si sia bloccato a metà strada. Ciò renderebbe Vesta una sorta di capsula del tempo geologica, che conserva una rara istantanea dell’evoluzione planetaria arrestata prima del suo atto finale.

Questo scenario, però, si scontra con le analisi di laboratorio di meteoriti che corrispondono all’impronta spettrale di Vesta. Seth Jacobson ha spiegato che: “Siamo davvero certi che questi meteoriti provengano da Vesta. E non mostrano prove evidenti di differenziazione incompleta”. L’ipotesi alternativa, più audace, è che Vesta non sia affatto un pianeta in stallo, ma un frammento esploso da un mondo più grande durante la caotica giovinezza del sistema solare.

Frammento di un mondo perduto

Vesta, se l’ipotesi fosse giusta, sarebbe un frammento di crosta primordiale di un pianeta che ha continuato ad accumularsi altrove, o forse non ha mai raggiunto la maturità perché successive collisioni l’hanno frantumata fino a renderla irriconoscibile. Entrambe le spiegazioni comunque rimodellano il valore scientifico di Vesta. Nel modello di differenziazione incompleta, il corpo offre informazioni sui limiti termici che determinano se piccoli embrioni planetari sviluppano nuclei completi.

Vesta, nel modello basato sui frammenti d’impatto, diventa la prova forense delle collisioni che hanno scolpito il sistema solare interno, preservando forse indizi geochimici su un pianeta “genitore” sconosciuto. Il gruppo di ricerca sta già realizzando modelli computerizzati di impatti di questo tipo, mentre la studentessa laureata Emily Elizondo sta esaminando come i detriti espulsi potrebbero migrare nella fascia degli asteroidi e sopravvivere per miliardi di anni.

Simulazioni dinamiche migliorate potrebbero verificare se uno scenario di origine da collisione può riprodurre l’orbita e la composizione attuali di Vesta. Seth Jacobson conclude spiegando che: “La collezione di meteoriti di Vesta non è più un campione di un corpo nello spazio che non è riuscito a diventare un pianeta. Questi potrebbero essere frammenti di un antico pianeta prima che raggiungesse la sua completa crescita. Non sappiamo ancora di quale pianeta si tratti”. Gli scienziati, riconsiderando Vesta da aspirante pianeta a embrione incompiuto o frammento planetario, stanno acquisendo una nuova prospettiva sui tumultuosi processi che hanno forgiato il mondo terrestre in cui viviamo oggi.

FONTE:

https://www.earth.com/news/asteroid-vesta-may-be-a-fragment-of-a-lost-world

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verificato da MonsterInsights