sabato, Maggio 18

Alla scoperta delle sindromi cerebrali più agghiaccianti

Il cervello è uno degli organi più vulnerabili del corpo umano. Questa condizione costituisce un bel problema per la salute, poiché il cervello non è soltanto l’organo che governa gran parte dei processi fisiologici e sensoriali del nostro corpo ma è anche quello che fa di ogni essere umano un individuo unico e irripetibile. Nonostante questa importanza fondamentale per la nostra stessa sopravvivenza, il cervello è aggredito da una serie di patologie e sindromi, alcune delle quali davvero agghiaccianti.

Le malattie più comuni

Tutti noi conosciamo le conseguenze, spesso devastanti delle demenze senili, tra cui la principale per numero di casi e processo invalidante e senza dubbio il morbo di Alzheimer. Si stima che circa il 50-70% dei casi di demenza sia dovuta a tale condizione, mentre il 10-20% a demenza vascolare.

Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l’avanzare dell’età possono comparire altri sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento.

Altrettanto nota e non meno invalidante è la malattia di Parkinson, a sua volta spesso definita morbo. Si tratta di una patologia neurodegenerativa prodotta della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. Tali cellule si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo. La causa che porta alla loro morte è sconosciuta. All’esordio della malattia i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori a riposo, rigidità, lentezza nei movimenti (bradicinesia) ed instabilità nell’equilibrio.

Proseguendo nelle malattie correlate al nostro cervello non possiamo non citare l’epilessia e soprattutto l’ictus che l’OMS classifica come uno dei principali fattori di morte della nostra epoca. La gamma delle patologie e delle sindromi connesse ad un malfunzionamento del cervello sono però tantissime, alcune delle quali per la loro singolarità, letteralmente spaventose. Vediamone alcune.

La sindrome di Anton

Una delle più inquietanti sindromi cerebrali è la cosiddetta sindrome di Anton o cecità di Anton. Si tratta di un raro sintomo di danno cerebrale che si verifica nel lobo occipitale, a volte a seguito di un ictus. Coloro che ce l’hanno sono corticamente ciechi ma affermano di vederci bene, negando spesso in modo irremovibile la loro cecità. Prende il nome dal neurologo Gabriel Anton che l’ha studiata per la prima volta. Fortunatamente si tratta di una sindrome rarissima, nella letteratura medica sono descritti fino ad oggi soltanto 28 casi.

La sindrome di Riddock

Questa particolare patologia, detta anche agnosia, è una particolare condizione di cecità. Le persone che ne sono affette sono completamente cieche ma incredibilmente riescono a vedere soltanto gli oggetti in movimento. Famoso è Il caso clinico di una donna rimasta cieca in seguito a un grave problema di salute, ma in grado di vedere (esclusivamente) gli oggetti in movimento. Il caso riportato sulla rivista scientifica Neruopshycologia riguardava Milena Canning, una 48enne scozzese, non vedente da 18 anni.

Milena aveva perso la vista in seguito a un coma di 8 settimane, indotto da un’infezione respiratoria e da una serie di ictus. Canning si accorse qualche mese dopo il suo risveglio, di uno strano guizzo verde. Si trattava di un pacco regalo agitato davanti ai suoi occhi. Da quel momento, gradualmente, iniziò a percepire altri oggetti in movimento: la coda di cavallo ondeggiante della figlia, le gocce di pioggia che scorrevano sulla finestra, il vapore che si alzava dalla tazza di caffè.

Il caso fu attentamente studiato nel 2003 grazie ad una delle mappature cerebrali più complete di sempre per un non vedente. Nella donna mancava una porzione di tessuto cerebrale grande come una mela, in pratica gran parte dei lobi occipitali, una porzione di corteccia deputata all’analisi degli stimoli visivi.

«Nel caso di Milena, pensiamo che “l’autostrada” per il sistema visivo abbia raggiunto un punto senza uscita. Ma anziché chiudere il suo intero sistema visivo, la paziente ha sviluppato alcune strade secondarie che possono aggirare l’autostrada e fornire qualche stimolo visivo – come il movimento – ad altre parti del cervello» dichiararono i medici che avevano seguito e studiato questo singolarissimo caso clinico.

La sindrome di Capgras

Per comprendere cos’è questa sconcertante sindrome, ci tuffiamo in uno dei film cult della fantascienza, “L’invasione degli ultracorpi“. Distribuito nel 1956 per la regia di Don Siegel, il film è tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza di Jack Finney, pubblicato l’anno precedente. La pellicola inizia con uno psichiatra che viene convocato in un ospedale della California per visitare un uomo in stato di isteria tenuto in custodia.

L’uomo, il dottor Miles Bennell, inizia quindi a raccontare le vicende che lo hanno portato fin lì. Tempo prima, nella vicina città di Santa Mira, Miles riceve una serie di pazienti apparentemente affetti dalla sindrome di Capgras, essendo convinti che alcuni loro parenti siano stati in qualche modo sostituiti da impostori dall’aspetto identico.

Questa è in definitiva la sconcertante sintomatologia di questa sindrome. Le persone che ne sono affette sono certe che coniugi, parenti, amici sono dei sosia, degli impostori in tutto identici ai loro cari o conoscenti. Tra i diversi casi clinici descritti in letteratura c’è quello di un’anziana signora di 83 anni, che ogni volta che lei e il marito uscivano di casa, lei rientrava di soppiatto per lasciare un biglietto con scritto dove erano diretti. Ogni giorno preparava tre tazzè di tè. Il biglietto e la tazza di tè in più erano per il suo marito scomparso, perché la persona che è in quel momento stava con lei, era un impostore, un sosia che aveva preso il posto di suo marito e che si comportava come tale.

La sindrome di Capgras fa parte di un insieme di sindromi denominate sindromi deliranti da identificazione errata (DMS, Delusional Misidentification Syndromes), nello specifico comportano errori nell’attribuzione dell’identità in assenza di problemi percettivi e di riconoscimento.

Esiste anche la sindrome opposta a quella di Capgras, si tratta della Sindrome di Fregoli. In questo caso il paziente attribuisce ad estranei l’identità di persone familiari, pur riconoscendone la diversità nell’aspetto. Per il paziente è come se il familiare indossasse la ‘maschera’ di un’altra persona o se l’estraneo incarnasse l’identità della persona conosciuta.

La sindrome di Klüver-Bucy

La sindrome di Klüver-Bucy, che prende il nome da Heinrich Klüver e Paul Bucy, è causata da una lesione bilaterale al lobo temporale o più precisamente da una lesione bilaterale dell’amigdala. Il nucleo centrale dell’amigdala è implicato in fenomeni di aggressività. L’ablazione bilaterale dell’amigdala produce una sindrome comportamentale peculiare che si manifesta con l’abolizione dell’aggressività, in modo per certi aspetti simile a quanto avviene nella lobotomia frontale.

I sintomi di questa sindrome però non si limitano ad una riduzione estrema dell’aggressività, ma implicano una tendenza esagerata all’esplorazione orale e tattile degli oggetti, iperoralità, bulimia, totale assenza di paura, agnosia visiva (difficoltà a riconoscere oggetti e persone) e come se non bastasse una forma compulsiva di ipersessualità.

La sindrome di Cotard

Se pensate di aver fatto il pieno di inquietanti singolarità per quanto riguarda le patologie cerebrali avete sbagliato. Forse la più singolare e inquietante di tutte è la sindrome di Cotard. Chi soffre di questa patologia psichiatrica è convinto di essere morto, di avere perso tutti gli organi vitali e tutto il proprio sangue.

È stato il neurologo francese Jules Cotard (1840-1889) a descriverla per la prima volta, chiamandola “delirio di negazione” in una lezione a Parigi nel 1880. Nella sua lezione Cotard descrisse una paziente che negava l’esistenza dei propri organi e della necessità di nutrirsi. Successivamente sviluppò la convinzione di essere dannata per l’eternità e che non poteva più morire di una morte naturale.

Non è chiarissima l’eziologia di questa malattia, si suppone che derivi da una interruzione patologica delle fibre nervose che connettono il centro delle emozioni alle aree sensoriali. In tal modo, nulla riesce più ad avere una qualche rilevanza emotiva per il paziente, al punto che l’unico modo per spiegare razionalmente questa totale assenza di emozioni rimane quello di credere di essere morto.

Per saperne di più:

Aiuto, mi si sta restringendo il cervello!

Fonti:

it.quora.com

Istituto per lo studio di psicoterapie

alcune voci di Wikipedia

Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano

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