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Asteroide Ryugu: i suoi frammenti un materiale primordiale mai esaminato prima

Asteroide Ryugu: i suoi frammenti un materiale primordiale mai esaminato prima. Due nuove ricerche hanno rivelato delle caratteristiche decisamente sorprendenti sull’asteroide Ryugu. Le minuscole particelle raccolte dall’asteroide potrebbero fornire uno sguardo sulle origini del nostro sistema solare.

L’asteroide 162173 Ryugu, che presenta una dimensione di circa 900 metri di diametro, orbita intorno al Sole tra la Terra e Marte. Ryugu, un asteroide di tipo C, secondo i ricercatori molto probabilmente possiede del materiale che apparteneva alla nebulosa, una gigantesca nube di polvere e gas, che ha dato vita al Sole e ai pianeti del sistema solare miliardi di anni fa.

Il materiale raccolto

La sonda giapponese Hayabusa2, nel 2019, ha campionato il materiale presente sulla superficie dell’asteroide. I campioni sono arrivati sulla Terra il 6 dicembre del 2020, attraverso un contenitore ermetico nascosto all’interno della capsula di rientro. I ricercatori hanno reso noto, attraverso due articoli pubblicati lunedì 20 dicembre sulla rivista Nature Astronomy, i risultati delle analisi effettuate sui frammenti di roccia spaziale.

Cédric Pilorget, assistente professore presso l’Istituto di astrofisica spaziale dell’Università Paris-Saclay, primo autore di uno degli studi, ha spiegato che: “Siamo ancora in una fase iniziale per quanto riguarda le nostre indagini. I primi risultati però suggeriscono che questi campioni sono tra i materiali più primordiali mai visti fin’ora”.

La precisa datazione del materiale, attualmente, è ancora sconosciuta, ma dovrebbe essere rivelata nelle ricerche future. I campioni raccolti in totale sono 5,4 grammi. Le particelle più grandi presentano una dimensione pari a 8 millimetri di diametro, mentre le più piccole hanno una dimensione inferiore a 1 mm, quindi assomigliano molto alla polvere fine.

Le analisi del materiale

Yada insieme ai suoi colleghi, mentre analizzavano i campioni di roccia spaziale, hanno tenuto il materiale al’interno di un ambiente sigillato pieno di azoto purificato. Il team di ricerca ha dichiarato che: “I campioni di Ryugu sono stati manipolati senza essere esposti all’atmosfera terrestre”.

Le analisi sui campioni sono state effettuate utilizzando un microscopio ottico e vari strumenti che misurano il modo in cui le rocce assorbono, emettono e riflettono diverse lunghezze d’onda della luce negli spettri visibile e nell’infrarosso.

Il team ha scoperto che i frammenti di asteroidi neri come la pece riflettono solo dal 2% al 3% circa della luce che li colpisce. Un aspetto che ha sorpreso i ricercatori è che la densità apparente dei campioni, ossia la massa delle particelle divisa per il volume totale che occupano, era inferiore a quella dei noti meteoriti carboniosi.

Le analisi effettuate suggeriscono che le rocce sono altamente porose. Questo vuol dire che tra i singoli grani di materiale nelle rocce sono presenti molte sacche vuote, degli spazi che permettono all’acqua e al gas di filtrare. La scoperta è perfettamente in linea con i dati preliminari che erano stati raccolti dalla sonda spaziale Hayabusa2. Questi suggerivano che le rocce, presenti sulla superficie di Ryugu, risultano essere altamente porose.

Il microscopio iperspettrale

Yada, Pilorget e il resto del team, subito dopo le analisi, hanno deciso di utilizzare una tecnica nota come microscopia iperspettrale, così da riuscire ad osservare più da vicino la composizione dei campioni dell’asteroide. Il loro microscopio iperspettrale ha illuminato i campioni attraverso diverse lunghezze d’onda della luce sia negli spettri visibili che in quello infrarosso. I ricercatori, mentre era in uso il microscopio, hanno scattato diverse immagini dei campioni ad alta risoluzione.  

Le immagini riprese, che misurano circa 5 mm x 5 mm, forniscono per ogni singolo pixel moltissimi dati su scala microscopica. Il team, in questo modo, ha potuto rivelare i dettagli del colore, della struttura e della composizione chimica delle rocce. Le immagini hanno inoltre mostrato che il materiale dei campioni è formato da argilla con dei composti a base di carbonio.

Il team ha individuato tracce di composti ricchi di ammoniaca nella roccia, che, secondo quanto riportato “potrebbero avere alcune implicazioni sull‘origine di Ryugu e sulla nostra comprensione del materiale primordiale”.

Conclusioni

Le prime analisi svolte rappresentano il primo passo per comprendere ciò che l’asteroide Ryugu può rivelarci sul sistema solare. Per poter scoprire altre informazioni occorrerà tempo. Secondo Pilorget: “Molto dipenderà dalla combinazione di tecniche aggiuntive, in particolare di quelle che saranno in grado di analizzare delle scale dimensionali molto fini”.

Nelle tecniche aggiuntive sono incluse varie analisi chimiche, che possono rivelare la storia cronologica di quando l’asteroide si è formato e in quale periodo è entrato in contatto con l’acqua. Un aspetto molto importante è che i ricercatori saranno in grado di analizzare i composti volatili, ossia quelli che possono essere facilmente vaporizzati, presenti all’interno dei campioni. Questo è un tipo di test che può rivelare in quale modo i venti solari hanno modellato la superficie dell’asteroide nel tempo. Pilorget, conclude affermando che: “Siamo solo all’inizio delle nostre indagini”.

FONTE:

https://www.space.com/ryugu-asteroid-samples-origins-of-solar-system

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