sabato, Luglio 27

La dicotomia in letteratura

La Treccani definisce il termine dicotomia come la divisione o suddivisione in due parti. In ambito filosofico è la suddivisione logica di un concetto in due nuovi concetti, che ne esauriscono l’intera estensione. In botanica, si definisce così un tipo di ramificazione apicale (detto anche dicopodia), nel quale l’apice dell’asse si divide in due apici, i quali continuano l’accrescimento dando origine quindi a due assi secondarî o rami.

In astronomia, è un’antica denominazione della fase lunare corrispondente al primo o all’ultimo quarto. In letteratura è invece un’espediente letterario particolarmente adatto a trasmettere luci e ombre dei personaggi e del loro ambiente, espediente particolarmente apprezzato nella letteratura gotica come in “Jane Eyre” di Charlotte Bronte, ma non solo.

Di fatti, un esempio calzante che ha fatto da base ad altre dicotomie nella storia della letteratura e successivamente del cinema possiamo ravvisarlo nella figura dell'”Ulisse” di Omero, il quale è parametro e contro parametro del suo stesso figlio Telemaco e dell’opera letteraria “Ulisse” di James Joyce.

“Jane Eyre” di Charlotte Bronte

Nel panorama gotico della letteratura, dove più di ogni altro si volevano mettere a fuoco le contraddizioni della società, Jane Eyre è salvezza e disgrazia, poiché, da un lato è il personaggio diciamo “luminoso” che dona pace all’irrequietezza di altri personaggi del romanzo, ma che, dall’altro lato, ne sancisce anche la fine.

Infatti, il conte che la ospita come donna di servizio si innamora di lei, ma al contempo entrambi devono affrontare la prima moglie del conte, rinchiusa in soffitta perchè diventata pazza e abbandonata a se stessa.

Da notare come la pazzia rappresenti nell’immaginario gotico le ombre della società e le sue contraddizioni e Jane Eyre la “pacificatrice“. La moglie del conte uscita di senno, ma forse non più di tanto, dà fuoco alla dimora del marito, perché non accetta la presenza di Jane Eyre, ma alla fine la pazza muore nell’incendio che, lei stessa ha appiccato che devasta anche la dimora del conte; incendio che come una fenice fa, però risorgere qualcosa di nuovo per Jane Eyre e per il suo amante. Quindi Jane Eyre è pace e scompiglio nello stesso tema, esempio lampante di dicotomia letteraria.

L'”Ulisse” di Omero

Ulisse è un personaggio pieno di inventiva e di coraggio; è un re, ma anche un uomo a cui non interessa essere il semplice re di Itaca, e che è mosso dal desiderio di conoscere meglio se stesso e il mondo, non accontentandosi di governare su un piccolo popolo ignorante.

Ulisse non vuole passare tutta la vita nello stesso posto, regnando tranquillamente su una piccola isola, con e anche se in là con gli anni, dopo la conclusione della lunga e vittoriosa guerra di Troia, sulla strada del ritorno a Itaca non rinuncia a continuare le sue scoperte. Cioè per lui la vera vita è l’avventura mista a conoscenza.

Di fatti vediamo Ulisse come un eroe che vuole ad ogni costo cercare il cambiamento, anche per tentativi vani, perché l’importante è esplorare, volere il nuovo, il diverso e non arrendersi di fronte alle avversità. Suo figlio Telemaco, invece, è cauto e tranquillo, gli fa piacere restare a Itaca e governare in assenza del padre al fine di espandere la cultura tra il suo popolo.

Telemaco non è certo un tipo avventuroso e preferisce imparare e trasmettere la conoscenza per ciò che gli è più consono e familiare. Forse non è nemmeno coraggioso come il padre, ma certamente più saggio perché preferisce evitare l’ignoto.

L'”Ulisse” di James Joyce

L’Ulisse di Joyce, anzitutto, è un uomo moderno e ordinario che vive a Dublino. Diversamente dall’Ulisse di Omero, che gira per il mondo per vent’anni e matura le sue esperienze, l’Ulisse di Joyce si limita a girare per Dublino per alcune ore senza scoprire nulla di nuovo.

Quindi l’Ulisse di Joyce, contrariamente al raggiungimento e superamento degli umani limiti dell’Ulisse di Omero, deve dimostrare l’immobilismo e la staticità dell’uomo moderno. Uomo moderno forse cauto come Telemaco, ma meno saggio anche di lui visto che nella modernità non sembra esserci spazio per le avventure, le scoperte, la conoscenza, lo sviluppo della personalità.

Conclusione

Dal mondo greco a quello gotico e fino al mondo moderno la dicotomia dei personaggi è stato utile espediente per esprimere luci e ombre di figure, ambienti e condizioni sociali, politiche ed economiche di ogni epoca, con tutte la sfaccettature e contraddizioni del caso.

Infatti Jane Eyre da povera donna di servizio diviene moglie di un conte e fautrice di un nuovo inizio, di una liberazione per se stessa e chi le sta intorno, vedi il conte e la moglie impazzita. L’Ulisse di Omero è simbolo di potere ed espressione verso l’ignoto; suo figlio Telemaco di potere ed espressione verso il popolo.

L’Ulisse di Joyce, purtroppo, è invece simbolo di appiattimento culturale e sociale, poiché personaggio statico e ordinario che si muove per inerzia e abitualità senza sforzi ne obiettivi, all’interno di un perimetro geografico, sociale e culturale, rappresentato dalla città di Dublino.

Link utili:

https://it.wikipedia.org/wiki/Charlotte_Bronte

https://it.wikipedia.org/wiki/Omero

https://it.wikipedia.org/wiki/James_Joyce

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