giovedì, Maggio 2

Caterina Sforza, la Leonessa della Romagna

Caterina Sforza è stata una delle figure femminili più iconiche del tardo medioevo. Una donna che ha saputo raccogliere in sé, passione e feroce spietatezza, tenerezza e cinismo, leadership da condottiera e interessi culturali e mondani. Insomma una personalità complessa e sfaccettata che ha fatto di lei, un personaggio quasi leggendario.

La figlia illegittima di Galeazzo Sforza

Figlia illegittima (poi legittimata) del duca Galeazzo Maria Sforza e dell’amante Lucrezia Landriani, Caterina nasce nel 1463 a Milano, anche se qualcuno sostiene a Pavia. Viene educata alla corte degli Sforza insieme ai fratelli Alessandro, Chiara e Carlo (tutti nati dalla relazione adulterina del padre con la bella Lucrezia).

A dieci anni ha già il livello di istruzione di un’aristocratica di vent’anni. È una bella bambina che fa già prefigurare quello che diverrà: una giovane donna: alta, slanciata, con un seno generoso, capelli biondi, naso leggermente aquilino, occhi grandi. A sua insaputa diventa una pedina di scambio nello scacchiere politico e diplomatico dell’Italia del XV secolo.

Una sposa bambina

Il padre Galeazzo la promette in sposa a Girolamo Riario, nipote di Papa Sisto IV, un uomo volgare e crudele, signore di Imola che la sposa il 17 gennaio 1473. Lui ha 33 anni, Caterina soltanto dieci! La notte stessa delle nozze il depravato Riario la violenta. Questo turpe episodio non sarà mai dimenticato da Caterina. Tre anni dopo, il padre Galeazzo, che lei amava molto, viene ucciso in una congiura, all’età di trentadue anni.

Come se non bastasse Caterina deve abbandonare la famiglia e Milano per seguire il marito a Roma, richiamato dal Papa. Forte della copertura del Pontefice, Girolamo Riario in breve diverrà un uomo temuto e odiato. Mentre Girolamo si occupava della politica, Caterina si inserì rapidamente, con il suo atteggiamento disinvolto e amabile, nella vita dell’aristocrazia romana fatta di balli, pranzi e battute di caccia, alle quali partecipavano artisti e intellettuali provenienti da tutta Europa.

Il primo di otto figli

Il 1 settembre 1479 da alla luce il primo figlio, Ottaviano che avrà come padrino il potente Rodrigo Borgia, futuro Papa Alessandro VI, padre di Lucrezia e Cesare Borgia, detto il Valentino. Nel frattempo continua l’ascesa politica del marito, Girolamo viene nominato dal Papa, Vicario apostolico di Forlì, citta strategica per i domini temporali della Chiesa. La città dovrà attendere però fino al 1481, la presa di possesso effettiva di Riario, quando cavalcando orgogliosamente a cavallo, nonostante fosse incinta del secondo figlio, Caterina, insieme al marito e ad un imponente seguito entrò nella città romagnola.

Caterina entra in campo

Non tutti però vedevano di buon occhio questo “straniero” a capo della città, nominato con un atto d’imperio dal Pontefice. La famiglia degli Ordelaffi, una delle più antiche e potenti di Forlì, spalleggiata da Firenze e Ferrara iniziò a tramare contro i Riario. Sentendosi insicuro Girolamo decise di ritornare a Roma, dove Caterina diede alla luce una bambina a cui diede il nome di Bianca.

A Roma, Riario tornò a spadroneggiare con arroganza nella città, fino addirittura ad ordinare il saccheggio delle dimore della famiglia nemica dei Colonna. Nell’agosto del 1484 però il suo grande protettore, Papa Sisto IV muore e tocca a lui subire l’assalto a Palazzo Riario da parte di alcune famiglie romane a lui ostili. Furibonda per l’attacco subito dai Colonna e dai Savelli, Caterina, nonostante sia incinta per la quarta volta, con Paolo Orsini e un manipolo di fedelissimi, la sera del 24 agosto, occupa Castel Sant’Angelo, a nome del marito dopo aver convinto il presidio a farla entrare. Dispose quindi di rivolgere i cannoni contro il Vaticano, di fortificarne gli ingressi e scacciò il vice castellano Innocenzo Codronchi.

Con questa azione Caterina mirava a mettere sotto pressione il Conclave affinché eleggesse un Papa vicino agli interessi del marito. Girolamo la cui crudeltà e cupidigia era controbilanciata da una pavidità d’animo si accordò con i cardinali e, in cambio di denaro e del titolo di capitano generale della Chiesa, accettò di abbandonare Roma e di tornare nei suoi possedimenti romagnoli.

Caterina alchimista ed erborista

Caterina passa un anno nei suoi possedimenti romagnoli, facendo la vita di una grande cortigiana e allontanandosi sempre di più da un marito odioso che la possedeva con violenza quasi ogni notte. La sua vita matrimoniale stava andando a rotoli, segnata dalla terribile prima violenza subita a soli 10 anni. Caterina veniva spesso maltrattata e picchiata da Riario. Il 18 dicembre 1485 Caterina partorisce il suo quinto figlio a cui darà il nome del padre, Galeazzo Maria.

È in questo periodo che si appassiona all’alchimia e all’erboristeria arrivando a scrivere un trattato con 471 ricette sull’utilizzo di erbe e spezie, anche a fini estetici. Caterina mette al mondo il sesto figlio mentre il malcontento dei forlivesi verso Girolamo Riario si inasprisce nuovamente a causa dell’imposizione di una serie di tasse e dazi.

La congiura degli Ordelaffi

Sobillati dagli Ordelaffi, appoggiati da Firenze e dai Manfredi di Faenza, i forlivesi danno vita ad una serie di tumulti e congiure nel tentativo di uccidere Riario. Ancora una volta Caterina Sforza prende in mano la situazione, sventa uno dei complotti ordito da certi Roffi, contadini di Rubiano che avevano un certo seguito in città. Caterina interrogherà personalmente gli arrestati, appurando che dietro la congiura c’erano i rivali di sempre, gli Ordelaffi e mostrando per la prima volta il suo lato sanguinario e crudele, ne fece impiccare e squartare i sei ritenuti a capo della congiura.

La fine di Riario

Nonostante questo primo successo la sorte di Riario era ormai segnata, l’altra potente famiglia di Forlì, gli Orsi misero a punto un piano per l’eliminazione di Girolamo, che avvenne il 14 aprile 1488, nel suo stesso palazzo. L’uomo cerco maldestramente di scappare dai suoi assassini, nascondendosi sotto il tavolo da pranzo. Acciuffato fu sgozzato e la sua testa gettata dalla finestra. Indi il palazzo fu messo a soqquadro e saccheggiato, Caterina e i sei figli fatti prigionieri.

Caterina può contare soltanto sulla fedeltà di Tommaso Feo, il castellano della Rocca di Ravaldino, cittadella centrale del sistema di difesa della città, che con un contingente armato si era asserragliato nella piccola fortezza, rifiutando di arrendersi ai congiurati.

Un bluff spregiudicato

Per alcuni giorni gli Orsi cercarono di utilizzare Caterina per ottenere la resa di Feo e dei suoi uomini, che però erano stati istruiti dalla Sforza poco prima della sua cattura. Qui scatta un ennesimo lato del carattere di questa donna intrepida e spregiudicata, l’astuzia e la capacità di portare il bluff alle estreme conseguenze. Convince gli Orsi a lasciarla entrare per tre ore nella Rocca per convincere il Feo alla resa e per dimostrare la sua buona fede lascia i sei figli in ostaggio degli insorti. Trascorso il tempo concesso non soltanto Caterina si rifiutò di uscire dalla rocca ma fece puntare i cannoni sulla città.

Gli Orsi allora fecero portare i figli della Sforza davanti alle mura minacciandoli di sgozzarli se Caterina e Feo non si fossero arresi immediatamente. La risposta di Caterina entrerà nella leggenda e gli valse il soprannome di “leonessa della Romagna“: «Fatelo, se volete, impiccateli pure davanti a me» urlò sprezzante; poi si alzò le vesti e, indicando la vagina nuda, «Ho lo stampo per farne altri». Di fronte alla feroce spregiudicatezza di Caterina gli insorti non diedero seguito alle loro minacce e la leonessa della Romagna, con l’aiuto del Ducato di Milano, riconquistò il controllo di Forlì il 30 aprile 1488, dando vita alla sua reggenza, in attesa che il figlio Ottaviano diventasse maggiorenne.

Una rappresaglia spietata

La sua vendetta verso i congiurati fu terribile, molti furono impiccati e i loro beni confiscati. Non ebbe pietà neppure per il patriarca degli Orsi, un vecchio di 85 anni, trascinato da un cavallo per le vie di Forlì fino alla sua morte. Iniziò poi un periodo di relativa serenità per la donna che tornò alle sue passioni per l’alchimia e l’erboristeria, alla cura dei suoi figli, nella rocca di Rivaldino, che ribattezzò il Paradiso.

Ma questo breve periodo idilliaco termina quando Caterina perde letteralmente la testa per Giacomo Feo,  fratello ventenne di Tommaso Feo, il castellano che le era rimasto fedele nei giorni seguenti l’assassinio del marito.

Fine di un matrimonio segreto

Caterina lo sposò, ma in segreto, per non perdere la tutela dei figli e, di conseguenza, il governo del suo Stato. Tutte le cronache coeve riportano come Caterina fosse follemente innamorata del giovane Giacomo. Si temette anche che volesse togliere lo Stato al figlio Ottaviano per darlo all’amante, di dieci anni più giovane di lei.

Il fatto di essere riuscito a “domare” la Sforza, con la quale ebbe anche un figlio, fece aumentare a dismisura la tracotanza di Giacomo che ben presto riuscì a diventare inviso persino ai figli di Caterina. Il 27 agosto 1495, Caterina, i suoi figli, il marito segreto Giacomo e un piccolo manipolo di cavalieri sta tornado da un’allegra battuta di caccia. Rimasto leggermente indietro Giacomo viene assalito da un gruppo di sette uomini che lo trucidano.

Nessuno interviene in soccorso dell’ex scudiero. Caterina capisce al volo che tutti, compresi i suoi figli sono complici degli assassini e terrorizzata balza su un cavallo che sprona a sangue, fino a trovar riparo nella rocca di Rivaldino.

Ancora sangue e furore

Accecata dal dolore per la morte di Giacomo, il giorno dopo Caterina scatenò la sua soldataglia sulla città dando luogo ad efferatezze senza precedenti. Decine di uomini furono uccisi e squartati e le membra gettate dalle mura della città, altri fatti precipitare in pozzi nei cui fondi erano piantate lame acuminate. Teste mozzate furono impilate sulle picche. Caterina affogò il suo dolore in un’autentica carneficina.

Ci volle un anno affinché Caterina riuscisse a riprendersi e un ruolo decisivo in tal senso fu svolto nel 1496 da Giovanni de’ Medici, appartenente al ramo cadetto dell’illustre casata fiorentina, nonché ambasciatore della Repubblica di Firenze. Giovane, bello, elegante e colto; andò a farle visita per un incarico e lei se ne innamorò immediatamente.

Un nuovo amore

Anche questa storia d’amore di Caterina fu coronata da un matrimonio segreto che si svolse nel gennaio del 1497, l’anno dopo, l’8 aprile 1498, all’età di 35 anni, la nostra eroina metteva al mondo l’ottavo figlio, a cui sarà dato il nome di Ludovico, in onore di suo zio, Ludovico Sforza detto il Moro. Anche la vita dell’ottavo figlio di Caterina sarà avvincente e drammatica come quella della madre, le sue gesta passeranno alla storia con il nome del condottiero Giovanni Dalle Bande Nere.

Caterina però non è fortunata in amore, pochi mesi dopo la nascita di loro figlio, il 14 settembre 1498, il trentaduenne Giovanni de’ Medici, stroncato da una malattia muore tra le sue braccia. La leonessa della Romagna però non avrà troppo tempo per macerare nel suo dolore.

Non c’è tempo per il lutto

Nel dicembre 1499, papa Alessandro VI, ovvero Rodrigo Borgia, mette gli occhi sui territori di Imola e Forlì e prendendo a pretesto il mancato pagamento dei tributi alla Santa Sede, con una bolla pontificia esautora dal comando Caterina e suo figlio Ottaviano.

Alessandro VI si era alleato con il Re di Francia per avere in cambio il suo appoggio nella costituzione di un Regno per il figlio Cesare Borgia in terra di Romagna. Il Valentino partì da Milano con un armata francese per conquistare con la forza i possedimenti della Sforza. Caterina si adoperò per arruolare e addestrare quanti più soldati possibili, rinforzò le difese della città, ma si ritrovò sola a fronteggiare il nemico, l’alleata Firenze per timore di ritorsioni papali sulla città di Pisa si rifiutò di appoggiarla militarmente, limitandosi ad accogliere i figli della Sforza.

Il 24 novembre Imola si arrese senza combattere alle truppe franco-pontificie. Caterina sondò l’umore dei forlivesi e comprese che non erano disposti ad accettare un assedio dall’esito quasi scontato e quindi si trincerò ancora una volta nella rocca di Rivaldino, abbandonando la città al suo destino.

L’ultima resistenza

Il 19 dicembre il Valentino prese possesso anche di Forlì e pose l’assedio alla rocca. Dopo un paio di infruttuosi tentativi di ottenere la resa di Caterina iniziò un assedio in piena regola, con assalti quasi quotidiani. Le forze in campo erano decisamente squilibrate, Cesare Borgia poteva contare su 14.000 uomini, Caterina su 800.

Agli attacchi del Borgia, Caterina faceva rispondere con un cannoneggiamento che provocò numerose vittime in campo nemico. La resistenza eroica e solitaria di Caterina Sforza fece il giro dell’Italia suscitando ammirazione, come riporta peraltro anche Niccolò Machiavelli. Il Valentino infuriato ordinò di bombardare la rocca in continuazione anche di notte e alla fine riuscì a creare due varchi da cui irruppero il 12 gennaio 1500 le forze congiunte franco-papaline.

La battaglia fu cruenta e veloce, Caterina stessa fu vista combattere vestita di una tunica gialla, spada in pugno, sulle mura della rocca. L’intrepido coraggio della donna però non riuscì a risollevare le sorti della battaglia, la rocca fu espugnata e Caterina fatta prigioniera dai francesi che successivamente la consegnarono al Valentino, dopo la promessa del Borgia di trattare la Sforza come un ospite e non come una prigioniera.

Gli ultimi anni della Leonessa

Rinchiusa nella casa del nobile Luffo Numai, in attesa di essere tradotta a Roma nelle carceri pontificie, la leonessa di Romagna si vide recapitare sontuosi abiti, dono di Cesare, che le fece visita più volte, di giorno e di notte. Non possiamo esserne certi, ma secondo alcuni cronisti coevi, il Valentino volle far sua carnalmente chi l’aveva sfidato al limite della temerarietà.

Condotta a Roma e incarcerata a Castel Sant’Angelo, tra l’umidità e il freddo, fu liberata il 30 giugno 1501 dopo 17 mesi di detenzione. Alessandro VI pretese che Caterina firmasse i documenti per la rinuncia dei suoi Stati, visto che nel frattempo il figlio Cesare, con l’acquisizione di Pesaro, Rimini e Faenza, era stato nominato Duca di Romagna.

Caterina riparò a Firenze dove si dedicò nuovamente ai suoi studi di alchimia ed erboristeria, circondata da numerosi amanti, Il 28 maggio 1509, Caterina Sforza con i capelli ormai incanutiti ma una pelle ancora levigata, a quarantasei anni, muore di polmonite o più probabilmente di un tumore ai polmoni. Poco prima di esalare l’ultimo respiro, sussurrerà ad una suora che l’assisteva: «Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo»

Fonti:

Alcune voci di Wikipedia

Musini, Daniela. Le indomabili: 33 donne che hanno stupito il mondo

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