mercoledì, Maggio 15

Cento anni tra le nuvole

Oggi, 28 marzo 2023, l’Aeronautica Militare italiana compie un secolo di vita. La sua costituzione ufficiale avviene infatti il 28 marzo 1923, pochi anni dopo la conclusione della Grande Guerra, quando il Regio Decreto n. 645 la istituisce come quarta Arma autonoma delle Forze Armate italiane, dopo Esercito, Marina e Carabinieri.

Le Origini

Le sue origini sono però precedenti e risalgono addirittura agli ultimi anni del Diciannovesimo secolo. È infatti nel 1884 che il Ministero della Guerra istituisce il Servizio Aeronautico presso il distaccamento di Roma della Brigata Mista del 3º Reggimento genio di Firenze. Questo reparto si sarebbe occupato degli aerostati da ricognizione dell’Esercito, utilizzati per catturare informazioni sul nemico in caso di guerra.

Il salto di qualità avviene però con la visita di uno dei fratelli Wright a Roma, Orville. I due fratelli qualche anno prima, nel 1903, erano stati i primi al mondo ad aver fatto volare con successo una macchina motorizzata “più pesante dell’aria” con un pilota a bordo, essendo riusciti a far alzare dal suolo il loro Flyer per ben quattro volte. Nei sei anni successivi i fratelli Wright avevano fatto importanti progressi nel volo, tanto da diventare un punto di riferimento internazionale per la nascente aviazione.

Orville Wright a Roma

Invitato a Roma, dall’amico Mario Calderara, Orville Wright dal 15 al 26 aprile 1909, oltre ad incontrare il Re molto interessato ai progressi in campo aviatorio, al campo di volo di Centocelle (che diverrà il primo aeroporto italiano) effettuerà ben 67 voli, di cui 19 con passeggeri di fronte ad una folla di militari, giornalisti e curiosi. L’aereo utilizzato è un “Wright Flyer” costruito su licenza in Francia.

Orville Wright a Roma

Accanto all’inventore statunitense si muove Mario Calderara, un giovane ufficiale della Regia Marina da tempo interessato alle sperimentazioni dei fratelli Wright, tanto da convincere il Circolo degli Aviatori di Roma, fondato tra gli altri dal maggiore Moris ad acquistare per 50.000 franchi l’apparecchio utilizzato per le esibizioni a Centocelle.

Il volo di Orville

Alle 18:00 del giorno 15 aprile, si legge dalle fonti d’archivio dell’Aeronautica Militare, “si apre l’aviorimessa, l’aeroplano esce e, fatto avanzare su due ruote staccate, traversa il prato per venire poi piazzato sulla rotaia”. Wilbur Wright è pronto: “…L’ordine vien dato, un rombo e le eliche sono in moto. L’aeroplano scivola sulla rotaia, si lancia in avanti, s’innalza. S’innalza sempre più, proseguendo in un volo sicuro, meraviglioso, verso la campagna romana. È già lontano, gira, si avvicina, passa sulle teste a venti metri, maestoso, un urlo unanime palesa tutta la commozione e l’ammirazione della folla. Wright continua a volare, si alza ancora e fila verso la torre di Centocelle, passandovi sopra. Un altro giro ancora, e calando lievemente ripassa accanto alla folla e si dirige con volo sem­pre più basso verso l’aviorimessa, dove prende terra leggermente. Un autentico trionfo. Il volo era durato dieci minuti, a un’altezza massima di trenta metri”. Il giorno seguente, il 16 aprile, Wright effettuò quattro voli: il primo della durata di dieci minuti con il suo primo allievo, l’amico Mario Calderara, il secondo di otto minuti con il tenente Umberto Savoia, il terzo, di sei minuti, con il capitano Castagneris, segretario del Circolo degli Aviatori, e il quarto, di otto minuti, con l’onorevole Sydney Sonnino, ex presidente del Consiglio.L’Italia così si apre, tra le prime nazioni al mondo allo sviluppo dell’aviazione militare.

Wilbur Wright a Centocelle

Il primo pilota italiano

Il primo brevetto di pilota venne rilasciato nel settembre 1909 al tenente di vascello Mario Calderara. Lo stesso Calderara, insieme al Ten. Umberto Savoja, firmò nel febbraio 1910 il primo contratto con i fratelli Wright per la produzione su licenza, in Italia, di 5 aeromobili che utilizzavano i brevetti detenuti dagli stessi Wright. L’esordio dell’aviazione militare italiana avviene nel 1912 durante la campagna di Libia, ma il vero salto di qualità si verifica, qualche anno dopo, quando l’Europa precipiterà nella Grande Guerra.

Il primo brevetto di pilota italiano

L’aviazione militare nella Prima Guerra Mondiale

L’aviazione militare italiana nonostante queste premesse giunge al drammatico conflitto che insanguinerà l’Europa e il mondo impreparata. Non gli gioverà essere inquadrata nel Regio Esercito che dirotta le non elevate risorse disponibili per altri tipi di armamenti e priorità. Nel 1915 le forze aeree italiane disponevano soltanto di 85 aerei. Le esigenze belliche porteranno però ben presto ad una serie di commesse che incrementeranno la produzione di aerei da combattimento e ricognizione.

Dei 12.000 apparecchi prodotti in pochi anni, la maggior parte saranno realizzati dalle Officine Caproni. Fondata nel maggio del 1910 con il Ca 12 (Caproni modello 12), diventa nel 1912, il primo apparecchio con passeggero civile pagante a bordo.

Il raid su Vienna

Durante la Grande Guerra, l’aviazione militare italiana si distinse attraverso una campagna di bombardamenti e raid sul Mar Adriatico e su Pola, allora base navale austriaca. Una delle imprese più ardimentose fu senz’altro l’incursione aerea compiuta il 9 agosto 1918 su Vienna da parte di otto Ansaldo S.V.A. dell’87ª Squadriglia aeroplani battezzata La Serenissima.

L’azione ideata dal poeta italiano Gabriele D’Annunzio, aveva un carattere meramente propagandistico. Nei cieli di Vienna vennero lanciati migliaia di manifestini tricolori contenenti una provocatoria esortazione alla resa austriaca.

Il via libera all’incursione progettata dal Vate da almeno un anno, arrivò con un comunicato baroccheggiante che sembra uscito dalla penna stessa del poeta: «Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città […] Con questo raid l’ala d’Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica. Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza. Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria»

D’Annunzio, che non aveva il brevetto di pilota, parteciperà al raid a bordo di un biposto pilotato dal capitano Natale Palli. Alle 9.20 del 9 agosto 1918 la squadriglia italiana irrompe sul cielo della capitale asburgica e da un’altezza di 800 metri e sgancia circa 350.000 volantini che invitavano alla resa il nemico.

Francesco Baracca, l’asso dell’aviazione italiana

Durante la Grande Guerra diversi aviatori italiani si distinsero per abilità e coraggio, fra tutti l’asso degli assi, Francesco Baracca. Nato nel 1888 da una famiglia agiata e aristocratica, Francesco Baracca intraprese la carriera militare all’età di 19 anni, nel 1909 frequentò il corso di specializzazione presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo e l’anno successivo venne assegnato al  2° Reggimento cavalleria “Piemonte Reale” di stanza a Roma.

Francesco Baracca

Nel 1912 assiste a Centocelle ad un’esibizione aerea e ne rimane folgorato, decide pertanto di passare all’aviazione militare allora inquadrata nel Regio Esercito. Seguì una lunga serie di addestramenti culminati poco prima dell’inizio della Guerra a Parigi,  dove si addestrò sul caccia Nieuport 10. Durante il conflitto gli vennero riconosciuti 34 abbattimenti di aerei nemici, record mai superato nella storia dell’aviazione militare italiana.

Il 19 giugno 1918, il trentenne Baracca parte per la sua quarta missione della giornata, con lui vola soltanto l’ìnesperto pilota Osnago. È l’ultima missione dell’asso italiano da poco insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare, il suo SPAD S VII viene abbattuto da un pilota austriaco dopo essere stato colpito dalla contraerea nemica e Francesco Baracca perde la vita sulle pendici del Montello, dove la sua salma verrà ritrovata qualche giorno dopo.

La seconda guerra mondiale

L’aviazione italiana, ormai da quasi vent’anni arma indipendente delle Forze Armate italiane si presenta all’inizio del secondo conflitto mondiale in uno stato semplicemente disastroso. Nessuno dei vertici militari osa avvisare il Duce dello stato di profonda inferiorità tecnologica e quantitativa dell’arma aerea. Il regime è ancora convinto dell’efficacia del biplano mentre in tutte le altre nazioni si producono i più moderni monoplani.

Fiat C.R.42

L’Italia continuerà a produrre il Fiat C.R.42, biplano a carrello fisso con sole due mitragliatrici, sino al 1943 quando Germania, Inghilterra e Stati Uniti avevano in fase avanzata di realizzazione i primi aerei a reazione. I primi caccia monoplano italiani, Fiat G.50 e Macchi M.C.200, furono comunque inferiori ai coevi caccia inglesi.

I disastri della Battaglia d’Inghilterra e della campagna di Russia

Mussolini volle fortissimamente che l’aviazione italiana partecipasse alla Battaglia d’Inghilterra, ma questa scellerata compartecipazione in questa operazione fu interrotta velocemente dopo i primi disastrosi risultati. Aerei nuovi ma già superati, con abitacolo aperto privo di radio e di battellino di salvataggio nel freddo della Manica e del Mare del Nord, con insufficiente armamento e poca velocità, misero i piloti italiani in condizioni di netta inferiorità. Le perdite massicce imposero un umiliante stop alla partecipazione italiana alla battaglia per la supremazia dei cieli britannici.

Altrettanto disastrosa fu la partecipazione alla campagna di Russia e si può affermare serenamente che il ruolo dell’aviazione militare italiana durante tutto il conflitto fu marginale e toccò, certamente non per colpa del coraggio dei piloti, il punto più basso della sua storia.

La guerra del Golfo

Per circa 45 anni, l’aviazione militare italiana non parteciperà più a nessuna altra azione di guerra. Nel 1990 in seguito all’invasione e annessione del Kuwait da parte dell’Iraq, scatta l’operazione Desert Storm, sotto guida americana. Il 25 settembre 1990 il Governo italiano inviò nel Golfo Persico otto cacciabombardieri multiruolo Panavia Tornado IDS (più due di riserva) appartenenti al 6º, 36º e 50º Stormo  che furono schierati presso la base aerea di Al-Dhafra, nelle vicinanze di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti.

L’operazione Locusta

Scattava l’operazione Locusta durante la quale i Tornado italiani compiranno 226 missioni per complessivi 589 ore di volo. Durante i 42 giorni di guerra, l’aeronautica italiana registrò la perdita di un Tornado abbattuto dalla contraerea irachena durante una missione. Il pilota  maggiore Gianmarco Bellini, 32 anni, originario della provincia di Padova, e il capitano Maurizio Cocciolone, 30 anni, navigatore, nativo dell’Aquila, che si erano eiettati, furono catturati dalle forze irachene.

Maurizio Cocciolone durante l’interrogatorio iracheno

Picchiati e spogliati di ogni cosa, separati e sottoposti a torture psicologiche i due militari italiani furono liberati dopo la fine del conflitto. Il 20 gennaio 1991 la tv di stato irachena mostrò le immagini di alcuni prigionieri della coalizione internazionale, fra cui il capitano Maurizio Cocciolone.

Il militare italiano, in un video in cui veniva interrogato dagli iracheni, oltre a fornire le informazioni sul suo grado, sul suo reparto d’appartenenza e sulla missione durante la quale era stato abbattuto, rispondendo a una domanda su cosa pensasse a proposito della guerra del Golfo e della «aggressione all’Iraq», rispose: «La guerra è un modo sbagliato di risolvere un problema politico. La guerra è una brutta cosa. Credo che la soluzione migliore sia trovare strumenti politici per porre fine al conflitto».

Questa dichiarazione costerà a Cocciolone una carriera meno brillante di quella del collega di prigionia, il pilota Bellini, che sarà l’unico dei due a ricevere una medaglia d’argento al valor militare.

Il ruolo dell’aeronautica militare nella ex Jugoslavia

Dal 1993 al 1999 l’aviazione militare italiana sarà impegnata nel contesto delle guerre scaturite dalla dissoluzione della Jugoslavia. Nel 1993 viene messa in atto l’Operazione Deny Flight, per mantenere una no fly zone sui cieli della Bosnia. Per quasi tre anni, l’Aeronautica dà supporto logistico ai Reparti dei Paesi NATO presenti nelle basi italiane e interviene con i caccia Tornado e gli AMX International AMX che effettuano 543 missioni e 1288 ore di volo.

Nel 1999 l’aviazione italiana partecipa in ambito NATO ai bombardamenti contro la Serbia nell’ambito dell’Operazione Allied Force per imporre allo stato balcanico la smilitarizzazione del Kosovo.

L’aeronautica militare oggi

Stando al rapporto annuale World Air Force di Flightglobal, la sola aeronautica militare italiana conta 503 velivoli operativi e 126 in ordinazione, esclusi droni (UAV) e aerei da trasporto VIP. In questo numero sono presenti tutti i tipi di velivoli in dotazione all’AM, anche quelli non destinati direttamente al combattimento. Questi ultimi sono in tutto 193, tra cui spiccano gli Eurofighter EF-2000 Typhoon (96) in servizio dal 2004 e i nuovissimi Lockeed Martin F-35 (16, più 61 in ordinazione), in servizio dal 2015 nel 32° stormo.

Il primo è un caccia intercettore di non ultima generazione ma ancora in grado di buone prestazioni. Una delle sue caratteristiche è la sua capacità di volare a una velocità più alta di quella del suono senza l’utilizzo del post bruciatore, permettendo un grande risparmio di combustibile.

Eurofighter EF-2000 Typhoon

L’F35 è un progetto americano, caccia multiruolo di quinta generazione, con tecnologia stealth e, nella versione STOVL (Short Take-Off and Vertical Landing), capace di decollo corto e atterraggio verticale. Nell’AMI è usato come caccia bombardiere (quindi per l’attacco al suolo) e sostituirà gradualmente i Panavia A-200 Tornado attualmente in servizio (58) presso il 6° stormo.

F35

Completano la flotta militare italiana aerei di trasporto, rifornimento e addestramento. L’Arma è dotata anche di un reparto di forze speciali, il 17° Stormo Incursori costituito nel 2003 e che assume l’odierna denominazione nell’aprile 2008. Il reparto ha la sua base operativa nell’aeroporto di Furbara.

Un incursore

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

giornidistoria.net

ilpost.it

geopop.it

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