giovedì, Maggio 16

Elisabetta Tudor, la regina che sposò l’Inghilterra

È il 7 settembre 1533 quando Anna Bolena, tradendo le aspettative del marito Enrico VIII, mette al mondo una bambina dai capelli fulvi come il marito. Il sovrano inglese che passerà alla storia per aver avuto ben sei mogli, darà alla nascitura il nome di Elisabetta, come quello della madre e della suocera. Enrico che brama per avere un discendente maschio non può saperlo, ma quella neonata diverrà una delle regine più importanti e intrepide della storia inglese.

L’infanzia

Anna Bolena però non riesce a concepire l’agognato maschio e il sovrano sobillato anche da elementi della corte ancora vicini all’ex moglie Caterina d’Aragona ripudiata per sposare la Bolena, a costo di provocare lo scisma con Roma e creare la chiesa anglicana, passa dall’amore all’odio viscerale. Tre anni dopo, nel 1536, Anna viene mandata al patibolo.

Elisabetta così, ad appena tre anni, diventa la “bastarda della strega” e confinata nel palazzo di Hatfield affidata alle cure di balie, governanti e precettori. Enrico VIII “occupato” con la nuova moglie, di fatto ignora la figlia che cresce senza la figura paterna. Diventa una bambina intelligente, scaltra, caparbia sostenuta dall’amata governante Kat Ashley e sotto gli insegnamenti del precettore Roger Ascham, famoso umanista di Cambridge.

Quando Elisabetta compie 13 anni, grazie all’intercessione di Catherine Parr, la sesta e ultima moglie di Enrico VIII, viene reintegrata nella linea di successione insieme alla sorellastra Maria. In caso di morte di Edoardo, l’unico figlio maschio di Enrico VIII avuto con la terza moglie Jane Seymour, sarebbe salita al trono Maria e soltanto nel caso che la futura regina non avesse avuto un erede maschio, le sarebbe subentrata Elisabetta.

Un giovane re molto sfortunato

Enrico VIII muore ed Edoardo VI, a meno di dieci anni, viene incoronato re d’Inghilterra e Irlanda il 20 febbraio 1547, sotto la reggenza di John Dudley, I duca di Northumberland, che manipolando la volontà del bambino, lo convince ad inserire, prima nella linea di successione, la nuora Jane Grey.

John Dudley

Edoardo VI è un giovinetto di bell’aspetto ma di salute molto cagionevole, il 6 luglio 1553, dopo una lunga agonia, muore ad appena sedici anni. Sale al trono la nuora del Duca di Northumberland ma questa vera e propria usurpazione delle volontà di Enrico VI dura solo nove giorni.

Maria, la Sanguinaria

Maria, che sarà soprannominata la Sanguinaria, raccoglie intorno a se, un esercito di 4.000 fedelissimi, cattura Jane Grey e la fa decapitare. Sale al trono il 19 luglio 1553 e come primo atto ripristina la religione cattolica, tradendo a sua volta la volontà paterna. Questo atto scatenerà una serie di rivolte della fazione protestante che Maria reprimerà nel sangue. Imprigionerà la sorellastra Elisabetta nella Torre di Londra dopo aver scoperto alcune missive compromettenti con uno dei leader dei congiurati.

Elisabetta però mette in luce tutte le sue capacità persuasive e convince la sospettosa regina della sua estraneità alla congiura, riuscendo così ad ottenere una sistemazione più confortevole nella residenza reale di Woodstock. Il 17 novembre 1558 un tumore uccide la cattolicissima Maria aprendo la strada al trono per Elisabetta.

Elisabetta sale al trono

Il paese che eredita è dilaniato dalla disputa tra cattolici e protestanti, afflitto da una recente carestia e circondato da nemici aggressivi. Il lungo regno di Elisabetta si apre in una fredda e piovosa giornata di gennaio del 1559 con una cerimonia sfarzosa, in uno stile opulento e maestoso che caratterizzerà tutto il regno della giovane sovrana.

Il gusto del lusso e dello sfarzo sarà una caratteristica di Elisabetta che arriverà a possedere 2.000 guanti e 3.000 vestiti che associava ad un enorme campionario di gemme, perle e pietre preziose. A modo suo Elisabetta fu una sorta di fashion model ante litteram, lanciando numerose mode, tra cui la cosiddetta cuffia alla Tudor che veniva indossata soprattutto sotto il cappello.

Il suo carattere forte e indipendente si manifestò poco tempo dopo la sua ascesa al trono quando alla richiesta della House of Commons di contrarre un matrimonio regale tale da assicurare un erede al trono di Inghilterra, lei rispose: «Sarei felice se un giorno sulla mia lapide ci fosse scritto: “Una regina che visse e morì vergine”. Io un marito c’è l’ho già: il regno d’Inghilterra. Pertanto, al momento, non è opportuno; né lo sarà mai senza qualche pericolo per voi e un rischio certo per me». E così fu, Elisabetta non si sposò mai.

La Golden Age elisabettiana

Il suo regno che durò ben 45 anni, caratterizzò un’epoca di crescita e fiducia dell’Inghilterra, tanto da valergli l’appellativo di Golden Age, età d’oro. La regina fu una grande protettrice e mecenate di artisti, musicisti e intellettuali che fecero di Londra e dell’Inghilterra tutta il centro di una fioritura culturale senza precedenti per lo stato inglese. In particolare il teatro visse una stagione straordinaria, i drammaturghi godettero del particolare favore della sovrana e furono costruiti moltissimi edifici dove rappresentare le loro opere.

Alcuni di questi quali il Red Lion, il Curtain, il Globe, il Rose, lo Swan divennero quasi leggendari. Lo stile di queste commedie del tutto particolare meritò loro la definizione di “teatro elisabettiano“. Autori come Shakespeare, Marlowe, Ben Jonson e John Webster segnarono un’era irripetibile.

Se Elisabetta non si sposò mai, non si deve credere alla propaganda che lei stessa alimentava, quella di una regina vergine sposata solo con l’Inghilterra. Elisabetta aveva sacrosanti appetiti carnali che soddisfaceva con molti amanti. Il grande amore della sua vita fu Robert Dudley (che nominò conte di Leicester) e che rimase implicato nello strano assassinio della moglie, da cui per altro uscì assolto.

Le minacce interne

Elisabetta si trovò a dover fronteggiare molte minacce interne, complotti, congiure e ribellioni segnarono tutto l’arco del suo regno. Una di queste minacce era rappresentata dalla cugina cattolica Maria Stuart, regina di Scozia e moglie del re di Francia Francesco II, che nel 1559 si proclama regina d’Inghilterra avvalendosi della controversa legittimità di Elisabetta (che era illegittima per le norme cattoliche, in quanto il matrimonio di Enrico VIII con Caterina d’Aragona non aveva mai ottenuto l’annullamento papale, ma non lo era per le leggi della Chiesa d’Inghilterra, che invece lo aveva annullato), con il supporto dei francesi, previsto dagli accordi nuziali tra Maria e Francesco I.

Una serie di vicissitudini personali come la morte del marito Francesco II, del secondo marito, il violento e prevaricatore cugino Enrico Stuart e il comportamento ambiguo del terzo marito James Hepburn, costringono Maria ad abdicare a favore del figlio Giacomo nel 1567 ed a chiedere asilo all’odiata/amata cugina Elisabetta.

L’ambiguo rapporto tra Maria ed Elisabetta

La sovrana inglese però non si fida di Maria Stuart e di fatto la tiene prigioniera, sia pure una prigione d’ora per circa venti anni. Quando però viene scoperto un complotto che mira a spodestare la regina, rinvenuta una lettera in codice di Maria che dava il suo assenso all’azione, Elisabetta fa condannare a morte la cugina. L’8 febbraio 1557, vestita di nero, Maria viene spogliata e lasciata con solo una veste rossa, il colore dei martiri cristiani. Decapitata, la sua testa mozzata viene mostrata alla folla che si era assiepata per assistere all’esecuzione. Elisabetta che in venti anni si era sempre rifiutata di incontrare la cugina, commentò: «Questa morte mi tormenterà il cuore per il resto della mia vita».

La ribellione di Tyrone

La contesa con Maria Stuart e con i cattolici non fu l’unica minaccia interna che Elisabetta dovette affrontare nel corso del suo lungo regno. Molti furono i complotti o le ribellioni che tentarono di detronizzarla. Uno di quelli che mise più a dura prova Elisabetta fu la ribellione di Tyrone. Chiamata anche la guerra dei nove anni, fu un conflitto che ebbe luogo in Irlanda dal 1594 al 1603. Anche nota come “rivolta dei Tyrone”, fu combattuta tra le forze gaeliche dei capi irlandesi Hugh O’Neill (conte di Tyrone), Red Hugh O’Donnell e i loro alleati, contro il governo inglese in Irlanda di Elisabetta I d’Inghilterra. Il conflitto ebbe come teatro gran parte dell’isola, ma si concentrò soprattutto soprattutto nelle province settentrionali dell’Ulster. I ribelli appoggiati dalla Spagna inflissero alcune dure sconfitte alle truppe di Elisabetta, prima di essere definitivamente sconfitti nella battaglia di Kinsale.

Lotta all’ultimo sangue con la Spagna

Il principale nemico esterno di Elisabetta fu la Spagna che a più riprese cercò di sconfiggere l’eretica regina d’Inghilterra. Nel 1588 un’imponente flotta spagnola, pomposamente battezzata da Filippo II di Spagna “La Grande y Felicísima Armada, detta L’Invencible”, salpò diretta verso l’Olanda con l’intento di imbarcare le truppe spagnole stanziate nei Paesi Bassi sotto il comando di Alessandro Farnese e progettare così l’invasione dell’Inghilterra.

La flotta composta da 130 navi e 24.000 uomini (20.000 soldati e 4.000 marinai) sarà affrontata da una flotta inglese al comando del più celebre e formidabile corsaro dell’epoca Sir Francis Drake, primo inglese a circumnavigare il globo, toccando Molucche, Giava, doppiando il capo di Buona Speranza, attraccando trionfalmente a Plymouth, il 26 settembre 1580, recando a sua maestà ricchi carichi d’oro e gemme preziose strappati agli odiati spagnoli.

Si suppone che Drake fu per un breve periodo di tempo anche l’amante di Elisabetta che affidò a lui il comando delle operazioni appena venuta a conoscenza del pericolo incombente. Rimane leggendaria la sua apparizione ai soldati e ai marinai inglesi che si apprestavano a partire per intercettare l’Invincibile Armada. Il 9 agosto 1588 in sella a un cavallo bianco, con un’armatura simile alla mitica regina Boudicca, uno scettro d’argento in mano, Elisabetta si produsse in una perfetta entrata teatrale e, dopo aver passato in rassegna le truppe, le infiammò con un discorso che fu un capolavoro motivazionale: «So di possedere il corpo debole e fragile di una donna, ma ho il cuore e lo stomaco di un re, di un re d’Inghilterra, per giunta».

Approfittando di una serie di tempeste che dispersero le navi spagnole. gli inglesi sconfissero l’Invincibile Armada nella battaglia di Gravelinga, respingendo così ogni possibilità, anche futura di invasione spagnola del suolo inglese.

Gli uomini di Elisabetta

Elisabetta il 31 dicembre del 1600 istituì la Compagnia britannica delle Indie Orientali che giocherà negli anni a venire un ruolo fondamentale nella colonizzazione asiatica dell’Inghilterra e nella sua egemonia politica e commerciale. Sul fronte interno con l’Atto di Supremazia la regina ribadì la superiorità della Chiesa Anglicana su quella Cattolica, assumendo il ruolo di Governatore Supremo della stessa.

Nel governo del paese fece grande affidamento sul fidato consigliere, nonché segretario di stato e Lord Gran Tesoriere William Cecil, primo barone di Burghley e su John Dee, erudito, astrologo, scienziato, occultista. Un altro fondamentale collaboratore di Elisabetta fu Sir Francis Walsingham, politico e diplomatico, fortemente anti spagnolo.

A lui si deve l’istituzione di uno dei primi servizi di spionaggio statali in epoca moderna. Durante tutto il periodo in cui Walsingham ricoprì la carica di primo segretario di Stato inglese, l’Inghilterra era costantemente informata sulle operazioni militari spagnole e, mediante un informatore, sulle trame dell’ambasciatore spagnolo Bernardino de Mendoza, di cui ottenne l’espulsione.

Gli ultimi anni

Elisabetta invecchia, ingrassa, ha i denti anneriti e cariati per la smodata passione per i dolci, contrariamente a come viene descritta dalla propaganda è una donna sanguigna, che a volte si comporta come uno scaricatore di porto, beve birra, sputa per terra e bestemmia in modo così colorito e aspro da scandalizzare alcuni diplomatici stranieri.

La salute l’abbandona progressivamente, ha un ulcera ad una gamba, soffre di emicranie e crisi isteriche durante le quali fa a pezzi gli arazzi con una spada e sprofonda in lunghi periodi di depressione. Fino agli ultimi anni dovrà difendersi da complotti interni, uno degli ultimi nel 1601, organizzato da uno dei suoi favoriti, il bellissimo Robert Devereaux, conte di Essex, che scoperto ci rimetterà la testa.

Il 30 novembre di quello stesso anno, pronuncia forse il suo discorso più famoso, nel quale fa trapelare chiaramente la fatica costituita dal regnare, una fatica in grado di consumare l’anima della sovrana: «Essere re e portare una corona è una cosa più gloriosa per quelli che la vedono, di quanto sia più piacevole per quelli che la portano».

Il suo carattere si incupisce, diventa ancora più collerica, avara, fa togliere tutti gli specchi dal palazzo reale per non vedere il suo corpo offeso dalle ingiurie del tempo. Nel marzo del 1603, a quasi settanta anni, viene travolta da una depressione cupa e inarrestabile. Rifiuta il cibo e per undici giorni di seguito rimane seduta per terra su dei cuscini, finalmente, il 24 marzo accetta di farsi trasportare sul suo letto.

Ai consiglieri che titubanti gli chiedono di indicare il proprio successore (la regina non ha mai avuto figli), risponde esausta indicando Giacomo Stuart, figlio di sua cugina Maria Stuarda che, salendo al trono con il nome di Giacomo I, riunificherà i regni di Scozia, d’Inghilterra e d’Irlanda. Poi chiede il suo confessore perché afferma con una voce flebile che ha “deciso di morire“.

Un’ora dopo, Elisabetta I Tudor, muore. Si conclude così un regno lunghissimo durante il quale la “Regina Vergine” ha fatto dell’Inghilterra una potenza con cui il resto del mondo dovrà fare i conti nei secoli a venire.

Per saperne di più:

La rivalità tra Maria Stuart ed Elisabetta Tudor

Su Francis Drake, si può leggere su Wiki:

La pirateria tra storia e mito

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Musini, Daniela. Le indomabili: 33 donne che hanno stupito il mondo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights