giovedì, Maggio 2

Il cinema inglese dopo la contestazione del Free Cinema

Il cosiddetto Free Cinema inglese è stato un movimento di artisti che si è sviluppato tra gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo, dichiaratamente progressista, contestò duramente il cinema classico britannico. Fondato dal regista inglese Lindsay Anderson (che ne fu il leader), dal regista e sceneggiatore ceco Karel Reizs e dalla scrittrice e regista italiana Lorenza Mazzetti, con la collaborazione del regista Tony Richardson, il Free Cinema si caratterizza per un radicale impegno politico e civile.

Ken Loach, l’ultimo alfiere del Free Cinema

Il movimento dura di fatto una quindicina d’anni e si conclude di fatto nel 1968 con la pellicola “If” di Lindsay Anderson, molti dei registi che avevano animato il Free Cinema di fatto passarono al cinema commerciale. L’unico regista che rimane fedele, almeno per molti anni ancora, ad un cinema di impegno civile e politico è Ken Loach, classe 1936, figlio di operai, che attraverso la forma narrativa del docu-drama racconterà storie di conflitti sociali, di sfruttamento e di abbandono della working class britannica.

La sua filmografia ci offre numerosi esempi di questo mai domo impegno politico, da Poor Cow (1967) a Family Life (1971), da Riff Raff (1991), ritratto della vita operaia nei cantieri edili, a Il pane e le rose (2000) dove Loach torna sul tema della precarietà, già affrontata con Riff Raff, innervandola sul tema dell’emigrazione clandestina e della dignità umana. A fronte dell’ultimo cantore del Free Cinema, il cinema inglese degli anni Settanta e Ottanta ci regala autori molto interessanti che promuovono poetiche molto diverse gli uni dagli altri.

Dal Free Cinema alla British Renaissance

Joseph Losey (1909-1984) grazie anche alla collaborazione con il grande drammaturgo Harold Pinter (1930-2008) inanellerà un filotto di film bellissimi lungo il decennio degli anni Sessanta: Il servo (1963), L’incidente (1967), Messaggero d’amore (1971), con quest’ultimo vince il Grand Prix come miglior film al  Festival di Cannes del 1971. Losey osserva i personaggi dei suoi film con estremo distacco, quasi lo sguardo di un entomologo nei confronti degli insetti che studia. Le vicende che narra si riferiscono quasi tutte al tema dell’abuso di potere.

Gli anni Ottanta caratterizzati dalla lunga e controversa stagione del governo di Margaret Thatcher, segnato da scontri razziali, scioperi e una forte disoccupazione trova il cinema inglese ripiegato su se stesso. A dare un nuovo impulso alla cinematografia britannica è l’entrata in campo della televisione che inizierà ad investire nel cinema e un importante flusso di investimenti statunitensi dopo l’exploit di Momenti di Gloria (1981), regia di Hugh Hudson che vincerà ben 4 Premi Oscar.

Si afferma così la cosiddetta “British Renaissance” che caratterizzerà tutto il decennio 1980/1990, in cui esordiscono autori come Neil Jordan, Peter Greenaway, Michael Radford, Richard Eyre, Terence Davies, Sally Potter, Marek Kaniewska e molti altri, o in cui tornano al cinema autori da tempo confinati nella produzione tv (Stephen Frears e Mike Leigh). È una cinematografia vitale, caratterizzata da un anti-thatcherismo feroce e spesso ironico. I film raccontano una Gran Bretagna contraddittoria, multietnica e sempre “arrabbiata”.

L’anomalia di Derek Jarman

Un capitolo a se merita un regista che stravolge ogni canone cinematografico dell’epoca, Derek Jarman (1942-1994). Artista poliedrico, è anche un apprezzato pittore, Jarman, omosessuale dichiarato, dedicherà molto della sua attività artistica a questa tematica. Di lui ricordiamo due film dalle scelte stilistiche estreme, Sebastiane (1976), un film tutto parlato in latino sul martirio di san Sebastiano, e soprattutto la sua ultima opera, Blue (1993), costituito da una sola inquadratura vuota, tutta di colore blu.

Si tratta di un’unica inquadratura della durata di 79 minuti nei quali una voce fuori campo racconta la lotta contro l’AIDS del regista che sarebbe morto qualche mese dopo la conclusione di un film unico nella storia del cinema.

Per saperne di più :

Free Cinema

Fonti:

sentieriselvaggi.it

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo

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