giovedì, Maggio 2

Il neorealismo di Luchino Visconti

Sulle macerie del secondo dopoguerra si apre la stagione indimenticabile del neorealismo italiano. Si tratta di una rottura netta con il cinema classico narrativo imposta da una drammatica fase storica, sociale ed economica del nostro paese. Non ci sono più storie che poggiano su solide e calibrate sceneggiature, il montaggio è nervoso, non privo di errori, le inquadrature non sono più studiate e perfette. Le riprese avvengono spesso in esterna e molto spesso si utilizzano attori non professionisti.

Non uno, ma molti neorealismi

Non si tratta soltanto di una condizione imposta dalle gravissime ristrettezze in cui versa il cinema italiano all’indomani della seconda guerra mondiale, ma di una scelta precisa e persino ragionata: mostrare il caos della realtà, far vedere quasi in presa diretta quello che accade allo spettatore. Il neorealismo però pur presentando tratti comuni è un movimento che si differenzia notevolmente in base all’indole creativa degli autori.

Il neorealismo di Rossellini è diverso da quello di De Sica, come questi è profondamente differente da quello di Visconti.

Gli esordi di Visconti

Luchino Visconti di Modroneconte di Lonate Pozzolo, noto semplicemente come Luchino Visconti nasce a Milano il 2 novembre 1906. La sua gioventù è contrassegnata dagli agi di una delle famiglie più importanti e abbienti d’Europa. La carriera cinematografica di Visconti inizierà nel 1936, all’età di 30 anni, a Parigi, come assistente alla regia e ai costumi per Jean Renoir, conosciuto attraverso la stilista Coco Chanel, con la quale Visconti ha una relazione.

Influenzato profondamente dal realismo di Renoir, dopo un breve soggiorno a Hollywood, rientra in Italia nel 1939, quando ormai le tensioni internazionali scatenate dal regime nazista fanno presagire il peggio. Dopo la morte della madre si stabilisce a Roma e frequentando un cenacolo di intellettuali anti fascisti si avvicina al Partito Comunista Italiano, al quale rimarrà legato, con rapporti alterni, per tutta la vita.

L’esordio come regista

È in piena guerra mondiale, nel 1942 che Luchino Visconti, coadiuvato da Pietro Ingrao, Mario Alicata e Giuseppe De Santis inizierà a girare il suo primo film come regista, “Ossessione, che uscirà l’anno seguente in sala, ispirato al romanzo Il postino suona sempre due volte di James Cain. Protagonisti sono Clara Calamai, che sostituirà aall’ultimo momento Anna Magnani agli ultimi mesi di gravidanza, Massimo Girotti e Juan de Landa.

È subito dopo la guerra che Visconti segnerà con alcuni capolavori il nascente movimento neorealista. Nel suo caso si tratta di un neorealismo dei corpi, dove sensualità e tragedia coabitano inestricabilmente. Nel 1948 Luchino Visconti realizza “La terra trema” tratto dai Malavoglia di Giovanni Verga, un film dove realtà e mito si sovrappongono con un effetto spiazzante.

La Terra trema

Ad Aci Trezza, villaggio di pescatori situato tra Catania e Acireale, vive di pesca la poverissima famiglia Valastro, attività controllata da grossisti senza scrupoli. ‘Ntoni, il figlio maggiore si ribella a questo stato di cose e spinge la famiglia ad acquistare una barca, per mettersi in proprio e sottrarsi alle protervie dei grossisti. All’inizio le cose sembrano andare molto bene ma poi una violenta tempesta distrugge la loro barca e di conseguenza i debiti dei Valastro aumentano a dismisura. La famiglia pian piano si disgrega pur di trovare lavoro per tirare avanti.

La sorella Lucia diviene l’amante de maresciallo dei carabinieri di Aci Trezza, il fratello Cola diventa un contrabbandiere e la sorella Mara non può sposare il muratore che ama ed entrerà nel giro della droga. La sorte peggiore però spetta a ‘Ntoni che dovrà umiliarsi e chiedere un imbarco proprio a quei grossisti che aveva cercato di combattere per affrancarsi dallo sfruttamento.

Attori non professionisti e un paese come set

Per girare il film Visconti trasforma l’intero paese in un grande set cinematografico e gli attori non professionisti sono tutti pescatori e abitanti del luogo che il grande regista farà parlare in un siciliano arcaico assolutamente incomprensibile, tanto che il racconto sarà accompagnato da una voce fuori campo.

Per aggirare l’incapacità dei protagonisti di recitare in modo professionale Visconti ricorrerà sistematicamente alla presa diretta sonora, alla profondità di campo, al piano sequenza con pochissimi stacchi. Per avere un’idea della scelta stilistica di Visconti, “La terra trema” conta 527 inquadrature su 160 minuti di durata della pellicola. Alla vicenda iper realista di un gruppo di sfruttati e della loro miserabile esistenza si accompagna poi un senso mitologico dell’esistenza, ‘Ntoni è un novello Ettore, un eroe votato alla sconfitta, come avviene per il troiano nell’Iliade di Omero.

Il film venne presentato in anteprima mondiale il 2 settembre 1948, al Festival di Venezia, dove si aggiudicherà il Leone d’Oro. Uscirà poi nelle sale cinematografiche italiane nel maggio del 1950, in un’edizione ridotta e doppiata in un dialetto siciliano più “comprensibile”, per poi venir ufficialmente sottotitolato in italiano.

Bellissima e l’illusione del cinema

Il successivo capolavoro di Visconti è datato 1951, si tratta di “Bellissima” un controverso rapporto tra realtà e immaginazione che bolla il cinema come regno delle illusioni. Il soggetto è di Cesare Zavattini, un’altra icona del neorealismo italiano e racconta il pervicace e disperato tentativo di Maddalena Cecconi (Anna Magnani) di far vincere un concorso cinematografico a sua figlia, una bambina bruttina e con un difetto di pronuncia che per la mamma invece è bellissima, come ripete spesso durante il film.

Maddalena accecata dal desiderio di dare questa opportunità alla figlia cade nelle mani di un piccolo faccendiere che bazzica Cinecittà, Alberto Annovazzi (Walter Chiari). L’ingenuità di Maddalena si infrangerà contro un mondo crudele e falso e così quasi con un senso di vergogna accantonerà il sogno di fare di Maria, la sua bambina, interpretata da Tina Apicella, un’attrice.

La fine della fase neorealista

Nel 1954 con il suo primo film a colori, Senso, ispirato a un racconto di Camillo Boito, con Alida Valli e Farley Granger, Visconti si allontanerà dal neorealismo. La stagione del neorealismo viscontiano era ormai agli sgoccioli ma il “Conte Rosso” come veniva ironicamente chiamato in alcuni ambienti per la sua vicinanza al PCI, firmerà altri capolavori come “Rocco e i suoi fratelli”, “Il Gattopardo”, “Morte a Venezia” e “Gruppo di famiglia in un interno”.

Vita privata e morte

La sua vita privata fu tumultuosa e, come si direbbe oggi, “fluida”. Ebbe relazioni appassionate con donne come  Coco Chanel, Clara Calamai, María Denis, Marlene Dietrich e con la scrittrice Elsa Morante, che alterno con relazioni omosessuali come quelle con il fotografo Horst P. Horst, a Parigi negli anni Trenta e sul finire degli anni Quaranta con il suo scenografo Franco Zeffirelli. Dopo il 1965 Visconti fu legato sentimentalmente all’attore Helmut Berger: tale relazione proseguì, tra gli alti e bassi, fino alla morte del regista.

Luchino Visconti muore, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, a causa di un ictus, il 27 luglio 1972 mentre era ancora impegnato nel montaggio del suo film “Ludwig”.

Per saperne di più:

Il neorealismo

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

L’avventura del cinematografo di S. Bernardi

About The Author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights