martedì, Maggio 21

Intelligenza artificiale utilizzata per diagnosticare in anticipo le demenze

Secondo il Word Economic Forum la robotica e l‘intelligenza artificiale rientrano tra le venti tecnologie emergenti per quanto riguarda la quarta rivoluzione industriale, tutte destinate a cambiare il mondo nei prossimi anni, compresa la sanità.

Ed è proprio in questo ambito che rientra lo studio di Paolo Bosco, ricercatore dell’Irccs Fondazione Stella Maris, che ha ottenuto un finanziamento di ben 450 mila euro, da utilizzare nell’ambito della ricerca del ministero della Salute dedicata ai giovani ricercatori.

Lo scopo della ricerca è quello di verificare che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale possa agevolare una diagnosi più precisa sulle demenze che colpiscono gli anziani, trovando così non soltanto nuove terapie personalizzate, ma anche per comprendere quale sia il ruolo fondamentale delle infiammazioni cerebrali.

Lo studio che è stato denominato “Identificazione di biomarcatori di neuroinfiammazione e di imaging per mezzo di tecniche di intelligenza artificiale guidate dai dati, al fine di risolvere il problema dell’eterogeneità dei soggetti anziani a rischio di demenza e per disporre adeguate strategie preventive” durerà tre anni e andrà a coinvolgere sia l’Irccs Fondazione Stella Maris (FiRMLAB), che l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (Unità di Neurologia) e l’Irccs Istituto Clinico Humanitas (Laboratorio di patologia e patologia cerebrale) di Milano.

Lo studio scientifico: il declino cognitivo

La ricerca parte dai processi che portano alla demenza, una condizione che richiede molti anni per potersi sviluppare. In questo periodo nel corpo avvengono graduali processi di cambiamento funzionale e alterazioni strutturali al cervello, che solamente in un dato momento si manifestano con dei sintomi cognitivi.

Secondo la scienza sono due le tipologie di condizioni che riescono a portare allo sviluppo di una demenza. La prima è il declino cognitivo soggettivo, o subjective cognitive decline, SCD, che si sviluppa nei soggetti che riportano un declino cognitivo, senza però mostrare alterazioni nei risultati dei test di valutazione clinica.

La seconda tipologia è quella con disturbo cognitivo lieve, il mild cognitive impairment, MCI, in cui i soggetti mostrano un declino cognitivo superiore a quello che ci si aspetterebbe in persone della stessa età.

I due stati SCD e MCI, presentano delle condizioni molto eterogenee tra di loro, a cui corrispondono velocità diverse della progressione della malattia e anche l’insorgenza di tipologie differenti di demenza.

Come poter inquadrare prima i soggetti per curarli meglio

Paolo Bosco, spiega che: Una ricerca effettuata in anticipo sulle persone a rischio, può avere un ruolo fondamentale per l’identificazione e lo sviluppo di trattamenti terapeutici specifici, sia farmacologici che non”. In questi ultimi anni è emerso il ruolo degli stati infiammatori nell’invecchiamento normale o patologico. Il ricercatore spiega che: “L’aumento delle ricerche suggerisce che l’invecchiamento è associato ad un aumento dell’infiammazione cerebrale”.

Le ricerche effettuate suggeriscono che l’infiammazione del sistema nervoso centrale può agire come principale regolatore dell’invecchiamento sistemico. Infatti, è stato dimostrato che l’infiammazione cronica influisce in maniera negativa sulla funzione neuronale, e su diverse malattie neurodegenerative croniche, come nella demenza di Alzheimer e nella malattia di Parkinson, condizioni cliniche associate a risposte infiammatorie anormali.

Quali sono le cure oggi disponibili?

Le terapie ad oggi disponibili sono i trattamenti non farmacologici, che si sono dimostrati quelli più efficaci nella demenza di Alzheimer, e quelli farmacologici, che hanno mostrato una buona efficacia solo per l’attenuazione dei sintomi.

In particolare modo alcuni trial, come lo studio FINGER e lo studio Train the Brain, quest’ultimo sviluppato nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del CNR, in cui era previsto in training di tipo sia cognitivo che fisico, hanno mostrato che un intervento di questo tipo è effettivamente in grado di migliorare il mantenimento delle funzioni cognitive in soggetti ad alto rischio di demenza.

Paolo Bosco, dichiara che: “I recenti e straordinari sviluppi nelle tecniche di intelligenza artificiale, stanno diventando una grande opportunità nel riuscire a dipanare le fonti di eterogeneità di dati con alto numero di parametri, come nel caso di quelli che prevedono misure di neuroimaging”.

Delle recenti tecniche, in particolar modo, hanno mostrato che si possono riscontare degli elementi comuni all’interno di sottogruppi di soggetti che appartengono a grandi coorti. Lo studio che si sta effettuando si propone come scopo quello di applicare delle metodiche per poter gettare una nuova luce sui diversi meccanismi fisiopatologici, che risultano essere coinvolti nei processi neurodegenerativi, aprendo così alla possibilità di interventi personalizzati per i diversi profili di patologia.

Lo studio si propone di far partecipare alla ricerca 105 soggetti, che verranno monitorati per un periodo di un anno e mezzo, durante il quale saranno analizzati sia a livello cognitivo che con dei test specifici. Durante lo studio i soggetti saranno sottoposti a esami di risonanza magnetica cerebrale sia all’inizio che alla fine dello studio. Inoltre, saranno valutati dal punto di vista infiammatorio mediante semplici esami del sangue.

Questo studio non è il primo che viene effettuato in questo campo, ma secondo il ricercatore presenta una particolarità, ossia che: “È uno studio monocentrico, quindi potrà eliminare i problemi che si potrebbero creare quando si vanno a utilizzare delle apparecchiature differenti all’interno di diversi centri ospedalieri. Inoltre, è uno dei primi studi che analizza la correlazione tra biomarcatori di neuroimmagini e biomarcatori di infiammazioni”.

fonte:

https://www-corriere-it.cdn.ampproject.org/v/s/www.corriere.it/salute/neuroscienze/21_gennaio_01/intelligenza-artificiale-arruolata-diagnosticare-prima-demenze-8b241da2-4c39-11eb-a215-44d7eb47eab9_amp.html?amp_js_v=a6&amp_gsa=1&usqp=mq331AQFKAGwASA%3D&fbclid=IwAR1MBa_612bsx42CbwGlt6SgMjtch16PvSbEqvivF2Pgx99ph1BpwnT4QPE#csi=0&referrer=https%3A%2F%2Fwww.google.com&amp_tf=Da%20%251%24s&ampshare=https%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Fsalute%2Fneuroscienze%2F21_gennaio_01%2Fintelligenza-artificiale-arruolata-diagnosticare-prima-demenze-8b241da2-4c39-11eb-a215-44d7eb47eab9.shtml

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