sabato, Maggio 18

La misura del tempo nel Medio Evo

In questo lungo periodo di tempo dell’umanità non esistevano i calendari, almeno per come li concepiamo noi oggi, né tanto meno gli orologi, i primi rudimentali e poco affidabili esemplari appariranno nel Trecento. Le persone quindi seguivano i ritmi dettati dalla natura, dal ciclo del sole e dal passaggio delle stagioni.

Le attività umane terminavano con il tramonto del sole e seguendo l’uso romano le ore venivano appunto contate dal tramonto: il tempo divideva il giorno in ore diurne (horae) e notturne (vigiliae), in gruppi di tre. La suddivisione era dunque vigilia prima (dalle 18 alle 21 circa), secunda (ore 21-24), tertia (ore 24-3) e quarta (ore 3-6), e poi hora tertia (ore 6-9), sexta (ore 9-12), nona (ore 12-15) e vespera (fino al calare del sole).

Il tempo veniva scandito dal suono delle campane che soprattutto dal VII secolo regolavano il lavoro e la vita nei campi. In particolare in prossimità dei monasteri si seguiva la scansione del tempo adottata dai monaci. Le prime orazioni (il cosiddetto mattutinum) si svolgevano verso le tre di notte; all’alba era il momento delle laudi, poi si pregava all’hora tertia (verso le nove), sexta (mezzogiorno), nona (alle tre del pomeriggio), vesperum (alle 15:00) e infine a compieta (al tramonto), quando si recitava l’Ave Maria.

Il passaggio dei minuti era visualizzato in modo grossolano dalle meridiane, dalle clessidre e dalle candele, ma la naturale imprecisione di questi metodi non turbavano le persone. Il tempo apparteneva a Dio e quindi era ritenuto sacro.

Le cose cambiano in modo significativo con lo sviluppo economico della società medioevale e l’ascesa, a partire dal XI secolo, della classe dei mercanti. Il tempo della Chiesa lento e cadenzato entrò in conflitto con il tempo del mercato che richiedeva dinamicità e precisione.

Per il mercante, infatti, il tempo è denaro, ed è quindi oggetto di misura e viene razionalizzato. Deve essere quantificato perché essenziale in alcune attività finanziarie come nel prestito di denaro. La Chiesa, comunque, non stette a guardare. Se dapprima condannò questa nuova filosofia del tempo (sostenendo che esso, dato che appartiene a Dio, non può essere oggetto di lucro), a poco a poco la legittimò, e legittimò anche l’usura.

Questo apparente voltafaccia fu incoraggiato dagli stessi mercanti che riscattavano i loro peccati con congrue elemosine e lasciti testamentari. Anzi, fu per loro che fu di fatto “inventato” il purgatorio.

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