giovedì, Maggio 16

La nascita dell’Islam

Il VII secolo dell’era volgare sarà segnato dalla nascita di una nuova religione monoteista che rifiutava sia l’idea trinitaria della divinità che la sua incarnazione in Cristo. Più ancora che per le altre due religioni monoteiste, ebraismo e cristianesimo, pur essendo innestata nello stesso alveo religioso, l’Islam avrà per secoli una profonda influenza non soltanto in campo spirituale, ma anche sotto gli aspetti militari, politici, culturali ed economici.

Questo movimento religioso che presto si identificherà anche in un movimento “politico” nasce grazie all’influenza profetica di Abū l-Qāsim Muḥammad ibn ʿAbd Allāh ibn ʿAbd al-Muṭṭalib al-Hāshimī, in italiano più semplicemente Maometto. Figlio unico di ʿAbd Allāh b. ʿAbd al-Muṭṭalib ibn Hāshim e di Āmina bt. Wahb, Maometto apparteneva ad un clan di facoltosi mercanti. Il destino di chi sceglie Maometto è semplice, fare parte dell’Umma, la comunità dei veri credenti a cui spetta diffondere la rivelazione divina trasmessa dal Corano.

In questo non c’è niente di molto nuovo rispetto all’ebraismo e al cristianesimo, l’Islam si pone l’obiettivo come le altre due religioni monoteiste di trasmettere un itinerario di salvezza, senza però le ambiguità che in parte caratterizzavano le due religioni che lo avevano preceduto. La rapidissima espansione islamica comincia già mente Maometto (570 circa-632 circa) è ancora in vita e tra la seconda metà del VII secolo fino alla prima metà del X porterà l’Islam a diffondersi dalla Spagna fino al Turkmenistan cinese e al Caucaso, su una superficie di cinque milioni di miglia, unendo non solo dal punto di vista religioso, il bacino del Mediterraneo con l’estremo oriente.

Per la prima volta nella storia due aree politiche e culturali che si erano sempre scontrate cercando di prevalere l’una sull’altra, quella persiano-sasanide e quella romano-ellenistica, si trovavano riunite in un unico sistema religioso, culturale e politico.

L’Islam si fonda su alcuni aspetti fondamentali:

1) la centralità del monoteismo e della parola del Profeta

2) il primato della Legge, il cui rispetto è condizione imprescindibile per «essere considerati soggetti dell’entità statale», rappresentata dal Califfato

3)l’egemonia della lingua araba

4) l’eccezionale libertà di ricerca in ambito teologico, filosofico e tecnico-scientifico;

5) il riconoscimento della pluralità delle confessioni e la loro tolleranza sia pure attraverso limiti e doveri all’interno dello Stato islamico.

I sudditi dei nuovi territori conquistati che aderivano ad una religione fondata su un libro sacro e quindi cristiani ed ebrei, pur all’interno di episodi di discriminazione e vessazione, potevano continuare a praticare il proprio culto pagando una tassa che sanciva la diversità ma, nello stesso tempo, anche l’inclusione dei non musulmani: la gizya, la tassa detta di “compensazione” che dagli inizi della civiltà musulmana ogni suddito non musulmano era tenuto a pagare. Questa capacità di tollerare sudditi che non aderivano alla Umma contribuì non poco al processo di crescita e di arricchimento dell’Islam e alla sua stessa capacità espansiva.

I sudditi cristiani, ebrei, zoorastriani erano esentati da prestare servizio militare e dal pagamento della zakat, l’imposta a cui erano soggetti i mussulmani e che era parte integrante dei cinque pilastri della fede, insieme all’osservanza dei precetti della fede, alla preghiera giornaliera, al digiuno durante il Ramadan e al pellegrinaggio alla Mecca, almeno una volta nella vita.

Non dobbiamo però pensare all’Islam come a un movimento religioso omogeneo e monolitico. Appena dopo la morte di Maometto si era aperta la frattura, tutt’oggi esistente, tra sciti e sunniti. Contrariamente a quanto si può pensare questa divisione all’interno della comunità islamica, non nasce sulla base di un distinguo teologico, ma afferisce più all’ambito della politica.

La divisione nasce tra le tribù della nuova religione su chi dovrà assumere il ruolo di Capo Politico dell’Islam, alla scomparsa di Maometto. La maggioranza dei seguaci di Muhammad, che sarebbero in seguito divenuti noti come sunniti, avevano appoggiato l’ascesa al titolo di califfo di Abu Bakr, amico del Profeta e padre di sua moglie, Aisha. Avversi ai sunniti erano gli sciiti (dall’espressione shiaat Ali, i “partigiani di Alì”) i quali sostenevano che la successione spettasse a un consanguineo di Muhammad e che il designato fosse suo cugino, il genero Alì, marito della figlia del Profeta, Fatima.

Si tratta quindi sostanzialmente di una lotta di potere su chi poteva assurgere al titolo di Califfo, il centro politico più che religioso dello Stato islamico.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Mascilli Migliorini, Luigi; Feniello, Amedeo; Francesca Canale Cama. Storia del mondo

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