giovedì, Maggio 9

La “personalità” degli alberi

Le persone che vivono a stretto contatto con gli alberi, come le popolazioni indigene amazzoniche, gli indiani d’America, o gli stessi guardiacaccia per lavoro , scoprono ogni giorno qualcosa in più su queste creature sorprendenti. Innanzitutto, sono di certo gli organismi più forti e resilienti del mondo vivente, quelle che vivono più a lungo, alcune persino migliaia di anni. Indispensabili per la nostra vita e degli altri abitanti del pianeta, apportatrici instancabili di Ossigeno, cibo e tanto altro. Da sempre assorbitori silenziosi di Anidride Carbonica, ma purtroppo messi a dura prova dalle emissioni incontrollate di gas serra, con le terribili conseguenze che sappiamo. Non dobbiamo più considerare gli alberi come creature viventi immobili e insensibili.

Comunicazioni

Un capo tribù indiano ha dichiarato “Sai che gli alberi parlano? Parlano l’un con l’altro, e parlano a te, se li stai ad ascoltare. Ma gli uomini bianchi non ascoltano…Io stesso ho imparato molto dagli alberi: talvolta qualcosa sul tempo, sugli animali, sul Grande Spirito” (Tatanga Mani).

Una guardia forestale tedesca, Peter Wohlleben, responsabile della salvaguardia di un grande bosco, al confine del Belgio, attraverso i suoi libri, tra cui spiccano ”La vita segreta degli alberi”, “La saggezza degli alberi” “La saggezza del bosco”, ci rivela molti segreti di questo mondo stupefacente.

Gli alberi possiedono particolari ed efficaci forme di comunicazione e sono dotate di una sensibilità insospettata e raffinata. A seconda delle condizioni ambientali, possono provare sia benessere che dolore, applicare sistemi di difesa e persino manifestare una sorta di “amicizia” con altri.

Egoismo

Secondo questo autore, ad esempio, le betulle sono solitarie e “bellicose”, ma arrivano poi solo a 120 anni di età, che è poco rispetto a quello di specie più “sociali”. Il faggio è piuttosto “egocentrico”, poiché spesso si apre con la forza un varco tra gli altri attorno, a volte danneggiandoli in modo irreparabile. Eppure sia il faggio che altri alberi come querce, abeti rossi e bianchi, vengono in qualche modo “accuditi” e protetti dai genitori veri, o anche adottivi, sviluppandosi così in modo più sicuro. Invece altri come le betulle, i salici ed i pioppi si comportano come pionieri, che, senza bisogno di tale “assistenza” crescono in maniera rapida ed autonoma, dove cade il loro seme, prima che possano avere erbe o arbusti antagonisti a contrastarli.

Amicizia e solidarietà

Se i comportamenti “egoistici” servono al singolo individuo, quelli solidali sono invece indispensabili alla sopavvivenza di intere comunità vegetali, come le foreste tropicali e i boschi delle zone temperate. Qualche esempio. Le acacie africane, quando le giraffe cominciano a brucare le loro foglie, innanzitutto producono una sostanza che le rende amare e indigeste, poi emettono anche un gas di “avvertimento” per le altre, per fare lo stesso.

Tramite le reti associative tra radici e miceli di funghi, ci sono scambi efficaci di sostanze nutrienti non solo per piante giovani, ma anche persino per altre in difficoltà di rifornimento. Si parla persino di “amicizia” di certi alberi tra loro, e non solo.

Conclusioni

Secondo gli studiosi di Neurobiologia vegetale, a partire dal prof. Stefano Mancuso, le piante in generale sono “intelligenti” pur non essendo dotate di un sistema nervoso centralizzato come noi e gli altri vertebrati, ma uno sensoriale diffuso.

Infatti possiedono molti più sensi di noi e di fronte alle problematiche quotidiane, adottano adeguate soluzioni, per nutrirsi, difendersi, “attaccare” e persino aiutarsi. Alcuni studiosi non condividono questo approccio ritenuto troppo “antropomorfo”, ma forse la questione è più sui termini facilitatori, esemplificativi, di certi processi provati più volte, che non sulla loro sostanza e valenza effettiva.

Per saperne di più:

La longevità delle piante

Foto di Agata da Pixabay

Foto di Antonios Ntoumas da Pixabay

Foto di Claire Lauvergne da Pixabay

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