mercoledì, Maggio 15

La regina del romanzo d’appendice italiano

Carolina Maria Margaritta Invernizio per oltre quarant’anni è stata l’indiscussa regina del feuilleton italiano, ovvero di quei romanzi che solitamente uscivano a puntate su quotidiani o riviste, caratterizzati dall’eterno scontro tra il Bene e il Male, da amori e passioni folli, da trame intricate spesso con venature gotiche.

Carolina a venti anni

Una famiglia borghese

Carolina nasce a Voghera nel 1851, da Anna Tattoni e Ferdinando Invernizio, funzionario delle Imposte. Sulla data di nascita insisterà una diversa narrazione, sostenuta dalla stessa Invernizio, che la sposta al 1858, ma il certificato anagrafico non lascia dubbi, la futura regina del romanzo d’appendice nostrano è indubitabilmente nata il 28 marzo 1851.

All’età di 14 anni la famiglia Invernizio si trasferisce a Firenze, nella breve stagione in cui la città fiorentina assumerà il ruolo di capitale del Regno d’Italia. Qui Carolina frequenta la scuola magistrale e rischia di essere espulsa per il contenuto di un suo racconto pubblicato sul giornalino della scuola. Il racconto di questa adolescente dal carattere forte è “Amore e Morte” e ha in nuce, tutti i contenuti narrativi e gli stilemi rappresentati nella floridissima futura produzione letteraria. Carolina in oltre 40 anni di carriera scriverà infatti più di 120 romanzi.

Nel 1881 sposa Marcello Quinterno, ufficiale dei bersaglieri, dal quale ha una figlia Marcella (1886-1971). Nel 1896 la coppia si trasferisce prima a Torino e poi, nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra, a Cuneo, dove la Invernizio vivrà fino alla morte che avverrà per polmonite due anni dopo, animando un salotto letterario in via Barbaroux.

L’esordio letterario

L’esordio letterario è del 1877 quando ancora abita a Firenze, pubblica per l’editore Salani, “Rina o l’Angelo delle Alpi”, incentrato come molti altri dei romanzi che seguiranno, sul tema della perdizione e del castigo. Dopo di allora ad un ritmo incredibile, se si pensa che i romanzi dell’Invernizio erano ancora scritti a mano, seguiranno circa 120 titoli, gran parte dei quali pubblicati a puntate su l’Opinione Nazionale di Firenze o La Gazzetta di Torino.

La regina del romanzo d’appendice

I romanzi di Carolina ebbero un grande successo di pubblico, soprattutto nelle classi meno abbienti e meno acculturate. La sua prosa semplice, adatta anche a persone semianalfabete, i temi netti all’insegna dell’eterno confronto tra Bene e Male, che la Invernizio non di rado fa vincere, i protagonisti tormentati da un odio implacabile o da un amore appassionato e folle, conquistano questa vasta tipologia di lettori.

La Invernizio conduce una vita mondana piuttosto morigerata, è attenta alla moda del tempo, devotissima della Madonna (ogni sabato si reca con la figlia al santuario della Consolata) è un’espressione tipica del suo tempo e della sua classe sociale: sostanzialmente reazionaria, razzista inconsapevole, leggera senza però mai sfociare nella fatuità, politicamente scorretta.

Il legame con l’editore Salani

Nel 1907, dopo quasi trent’anni di romanzi d’appendice, si lega in esclusiva all’editore Salani, per il quale scrisse 123 libri, molti dei quali col sottotitolo “romanzo storico sociale“, che furono pubblicati in una collana a lei intitolata: “I Romanzi di Carolina Invernizio“. Di storico questi romanzi avevano pochissimo e di sociale men che meno. E se il riscontro di pubblico fu notevole tanto che i suoi romanzi furono tradotti e pubblicati in diversi altri paesi, come gli Stati Uniti e l’America Latina, la critica con Carolina fu spietata e a tratti irridente.

Le stroncature della critica

Antonio Gramsci la definì onesta gallina della letteratura popolare. Tra gli epiteti che le furono affibbiati, oltre a la Carolina di servizio, perché tra le sue lettrici c’erano molte donne di servizio, si ricorda la casalinga di Voghera” espressione nata in un altro contesto ma usata con la Invernizio per sottolinearne la nascita e la dimensione tipicamente provinciale.

Alle signorine della buona società i suoi libri erano severamente vietati e il Vaticano li aveva messi all’indice come opere pruriginose e potenzialmente disturbanti per la morale delle fanciulle. Fra i suoi libri merita una citazione “La fidanzata del bersagliere” che Carolina scrive poco prima di morire, una vicenda ispirata a Luigia Ciappi, un insegnante molto famosa in quel cupo periodo di guerra, per il suo tentativo, travestita da uomo, di arruolarsi per combattere il nemico austriaco. In fondo anche Carolina si era innamorata e sposata con un bersagliere, che aveva combattuto nella Guerra d’Abissinia e con questo ultimo romanzo, la sessantaquattrenne Invernizio celebrava non soltanto la Ciappi, ma lei stessa.

Per saperne di più:

Letteratura dimenticata: Carolina Invernizio

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