sabato, Maggio 18

Listeria monocytogenes: focus sul patogeno alimentare tornato alla ribalta nell’estate 2022

Recentemente, son venuti all’onore di cronaca, dei casi di Listeriosi in diversi alimenti
(wurstel, formaggi, salmone, creme, ecc.). Il batterio Listeria monocytogenes è un
patogeno che colpisce spesso l’uomo, ma anche gli animali, e apporta una infezione
alimentare, che può avere una percentuale di mortalità pari al 24-40% dei casi.


Ultimamente l’incidenza è in crescita (nel 2017, ben 30 paesi hanno segnalato 2.502
casi di listeriosi confermati), e i dati italiani, compresi tra il 2013 e il 2019 hanno
confermato la progressiva tendenza all’aumento dei casi di listeriosi. In particolare,
nel 2019 sono stati segnalati 202 casi
. Questo patogeno ha causato tre morti
all’inizio di settembre 2022.


Le malattie a trasmissione alimentare, sono particolari patologie che coinvolgono
microrganismi patogeni, e dal consumo di cibo contaminato, dai patogeni o dalle
tossine da questi prodotti. Si suddividono in tre categorie. Infezioni, tossinfezioni ed
intossicazioni alimentari,
a seconda che il responsabile della patologia sia un
batterio già presente nel prodotto, le sue tossine, o entrambi.

Oltre alla contaminazione (quindi la presenza di microrganismi nel cibo, o loro tossine), le
cause possono essere diverse: trattamento termico assente o poco efficace, igiene del personale assente (lavaggio mani, assenza/presenza di guanti, mascherine, cuffie per i capelli, ecc.), igiene delle superfici di contatto assente, contaminazione da acqua contaminata o feci, ecc.

Tali patologie durano alcuni giorni ma in casi estremi possono portare all’ospedalizzazione. Tra i principali patogeni di interesse vi sono: salmonella non tifoidale, Campylobacter,  Listeria ed Escherichia
coli produttrice di tossina shiga.
  Ogni microrganismo, batterio o virus che sia, presenta dei parametri di crescita specifici, caratterizzati quali: temperatura, umidità del mezzo, presenza o assenza di ossigeno, nutrienti, pH (acidità del mezzo), potenziale ossido-riduttivo, presenza o meno di sale e altri antimicrobici negli alimenti, ecc.

Ognuno di questi parametri può influenzarne lo sviluppo, e da almeno un trentennio, si stanno sviluppando tecniche di trattamento e conservazione dei prodotti agroalimentari, tali che combinano i
diversi parametri, al fine di ostacolare lo sviluppo dei patogeni. Tale teoria e tecnica è detta “teoria degli ostacoli”. Un esempio è la combinazione del trattamento termico e degli antimicrobici (Nitriti, Nitrati o Cloruro di Sodio), nelle carni. Il genere Listeria, appartiene al philum Firmicutes, comprendente ben 8 specie e diversi sierotipi, dei quali i più diffusi di Listeria negli alimenti e negli ambienti sono: 1/2a e 1/2b. 

Tuttavia, i ceppi di sierotipo 4b rappresentano il 50% dei focolai di Listeria umana, mentre il sierotipo 1/2a causa il 27% di listeriosi clinica. La Listeria monocytogenes, è il batterio responsabile delle listeriosi, e si caratterizza per essere un bacillo, G+, anaerobio facoltativo, psicotrofo (da 0 a 45°C, con T opt a
30°C), con un pH compreso fra 4,4 e 9,4, un’attività dell’acqua aW min pari a 0,92, asporigeno, munito di flagelli, produttore di biofilm (cioè una matrice biologicamente attiva di natura polisaccaridica (esopolisaccaridi) e proteica, prodotta da diversi batteri – Listeria monocytogenes, Clostriduym , Staphylococcus spp,, Samonella spp, Yersinia enterolitica – adesi, mediante le adesine, alla
superficie, che ingloba anche residui e sporco , ove prosperano e si moltiplicano),
altamente resistente ai trattamenti termici e alle alte concentrazioni saline.


La sintomatologia della infezione da Listeria è caratterizzata dà diarrea, febbre, vomito, gastroenteriti,
cefalee o in alcuni casi, può portare agli aborti.
I primi sintomi compaiono dopo 1-7
giorni e durano per quale settimana. Il batterio ha una distribuzione che spazia dal suolo, all’acqua, ai prodotti alimentari quali la carne, agli ortaggi, il pesce, le uova, i prodotti lattiero-caseari (crema, gelato, formaggio a pasta molle latte non pastorizzato), gli alimenti trasformati, i cibi pronti (un caso c’è stato in Svezia nel 2018, in purè di patate). Essendo psicrofilo, resiste alle basse temperature e perciò è
in grado di svilupparsi anche nel frigorifero (T. +5°C).


Per i prodotti lattiero-caseari, la contaminazione può avvenire sia in fase di mungitura che di lavorazione del latte (ambienti, attrezzature, igiene del personale). Di fondamentale importanza, sarà perciò la pastorizzazione, il trattamento termico per eccellenza, che porta a distruggere la maggior parte dei patogeni, ad esclusione delle spore, che può essere ottenuta con almeno 72 °C per 15 secondi, oppure a
temperatura più moderata pari ad almeno 63 °C per 30 minuti. Il trattamento termico e il relativo saggio di fosfatasi alcalina, ALP, (un enzima presente nel latte, ed inattivato a temperature superiori della pastorizzazione) è principale indicatore di una corretta pastorizzazione, il cui esito dell’analisi deve essere negativo per confermare la buona riuscita del trattamento termico (Reg. (CE) n. 2074/2005). Il Reg. EC 1664/2006 stabilisce il limite dell’attività dell’ ALP in latte pastorizzato bovino a 350 mU/L.


I prodotti RTE, come i wurstel, sono alimenti appunto, preparati e di immediato consumo, ma che presentano una particolare predisposizione a contaminazioni batteriche, come Salmonella, Clostridium perfrigens e botulinum, ma soprattutto la Listeria monoscytogenes. I Wurstel, per fare un esempio, sono dei prodotti realizzati con carne separata meccanicamente, perciò anche di scarsa qualità , che necessita
assolutamente di un trattamento termico compreso fra i 60 e i 90°C, della durata di almeno 3-4 minuti, come indicato nelle etichette, per essere reso sicuro.

L’Unione Europea, con il regolamento 2073-2005, sui criteri microbiologici applicati ai prodotti alimentari, cioè i criteri di sicurezza che definiscono l’accettabilità o meno del prodotto affinché questo possa essere immesso sul mercato, prevede per la Listeria monocytogenes, che sia assente in 25g di prodotto, e con un limite massimo di 100 ufc/g nei prodotti che non costituiscono un terreno favorevole allo
sviluppo del patogeno citato.


In via generale, ne consegue che, esclusion fatta per il trattamento con pennicellina, ampicillina ed un aminoglicoside, per ridurre lo sviluppo, sono necessarie una combinazione di buone pratiche igieniche e di trattamento o pretrattamento degli alimenti (ad esempio i wurstel, il latte, o i purè di patate e altri prodotti) attraverso una cottura.

Bibliografia


Listeria monocytogenes, un patogeno di origine alimentare JM Farber   , PI Peterkin,
1991 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1943998/)
Listeria monocytogenes negli alimenti Kieran Giordano   , Olivia McAuliffe   , 2018
(https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30077222/ )
Importanza di Listeria monocytogenes nella sicurezza alimentare: una revisione della
sua prevalenza, rilevamento e resistenza agli antibiotici
E. Shamloo,    H. Hosseini,  Z. Abdi Moghadam,    M. Halberg Larsen, A.
Haslberger,  e M. Alebouyeh , 2019
(https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6983307/)
Microbiologia degli alimenti, Farris, Gobbetti, Neviani, Vincenzini, 2013
Il fatto alimentare, “Listeria: tutti i segreti di un batterio insidioso che resiste anche
alle temperature del frigorifero”, 2021 (https://ilfattoalimentare.it/listeria-batterio-
resistente-frigorifero.html )
Il fatto alimentare: “Allerte alimentari, comunicazione ed etica. La brutta storia dei
würstel di pollo e il silenzio del Ministero”, 2022
(https://ilfattoalimentare.it/wurstel-morti-aia-negroni-ministero-della-salute-
listeria.html)

ILlfatto alimentare “ Svezia, epidemia di listeriosi collegata a quattro morti e sette
ricoveri. La fonte individuata nel purè di patate prodotto da un’azienda locale
“ , 2018 (https://ilfattoalimentare.it/svezia-epidemia-listeriosi-patate.html).

Reg. (CE) n. 2074/2005
Reg. CEE 2073/2005
Reg. EC 1664/2006

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