lunedì, Maggio 20

Memoria collettiva e pandemie

Fino ad un anno fa, prima che la pandemia di Covid19 infuriasse sull’intero pianeta, se si esclude una ristretta cerchia di addetti ai lavori, era praticamente impossibile trovare adeguati riferimenti alla pandemia di influenza “spagnola” che tra il 1918 ed il 1920 flagellò il mondo, facendo almeno 50 milioni di morti.

Enciclopedie, manuali storici, saggi divulgativi non c’era praticamente traccia di questo evento drammatico e globale. Il massimo delle citazioni che era possibile riscontrare erano collegate alla prima guerra mondiale, come se la spagnola non fosse stato altro che una manifestazione delle tante malattie che avevano accompagnato quella spaventosa guerra.

Può sembrare impossibile che un evento che colpisce miliardi di persone, fa un ecatombe di vittime, cambia il destino di intere nazioni quasi sparisca dalla memoria collettiva. Poi è arrivato il Covid19 e nel solo mese di marzo del 2020 la pagina di Wikipedia dedicata all’influenza spagnola polverizzava il record di visualizzazioni fissato precedentemente a 144.000 al mese in occasione del centenario della malattia, sfondando le 8,2 milioni di visite.

Ma cos’è la memoria collettiva? Henri Roediger III, psicologo alla Washington University di Saint Louis, così la definisce: “la memoria collettiva è il modo in cui ricordiamo noi stessi come una parte di un gruppo….costitutivo della nostra identità“. Attraverso questionari aperti lo psicologo americano ha chiesto ad una serie di volontari russi ed americani di indicare i dieci eventi più importanti della Seconda Guerra Mondiale.

Ebbene gli americani hanno citato in prevalenza Pearl Harbour, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e l’Olocausto. La maggior parte dei russi ha indicato invece la battaglia di Stalingrado, quella di Kursk e l’assedio di Leningrado. L’unico evento presente con la stessa intensità sia nelle liste americane che in quelle russe è lo sbarco in Normandia.

L’esito di questa indagine è che i ricordi individuali riflettono la narrazione con cui un paese ricorda se stesso. In altre parole la memoria collettiva si nutre di uno schema di narrazione tutto sommato lineare: con un inizio, una parte centrale ed una fine piuttosto chiaro.

Questo schema non si attagliava alla pandemia di “spagnola”: si trattava di una malattia di cui non si sapeva l’origine, che uccideva indistintamente in occidente come in oriente, e che poi improvvisamente, dopo due drammatici anni sparisce inopinatamente. E last but not least, quella pandemia doveva “competere” nella memoria collettiva dei popoli con una delle guerre più spaventose e globali della storia dell’umanità.

E qui sta una delle prime, grandi differenze con il Covid19. L’attuale pandemia non deve competere con un simile evento bellico e la scienza in questo secolo ha fatto progressi in campo medico enormi. Questo però non elimina tutte le analogie con la pandemia del 1818-20, oggi come allora il distanziamento sociale rimane l’unica vera arma difensiva delle società, almeno fino a quando vaccini efficaci e somministrati in numero adeguato permettano un ritorno alla “normalità”.

Ed anche ieri, come oggi, le società erano attraversate da forti correnti “negazioniste”, nel 1919, ad esempio, circa 2000 persone aderirono alla protesta lanciata dalla “Lega contro le mascherine” di San Francisco. I media, soprattutto quelli americani, trattarono a lungo cause ed effetti della “spagnola” usando una terminologia molto simile al gergo militaresco.

Lo stesso gergo enfatico, che evoca scenari di guerra, praticato da politici ed esperti anche oggi. Il 17 marzo, nel pieno della prima ondata di Covid19, così dichiarava con un post su Facebook, il Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte:

Lo Stato siamo noi: 60 milioni di cittadini che lottano insieme, con forza e coraggio, per sconfiggere questo nemico invisibile. Mai come adesso l’Italia ha bisogno di essere unita. Sventoliamo orgogliosi il nostro Tricolore. Intoniamo fieri il nostro Inno nazionale. Uniti, responsabili, coraggiosi.

Nous sommes en guerre” aveva scandito per ben sette volte il presidente francese Emmanuel Macron nel suo discorso alla nazione del 12 marzo. Un altro tratto comune tra le due pandemie è l’assoluto protagonismo degli esperti, medici e scienziati, che diventano di fatto i generali di questa guerra, più volte dichiarata, al nemico invisibile.

Al netto di queste analogie “riduttive” i media di oggi stanno rappresentando la pandemia di Covid19 in modo più completo ed articolato di quanto fatto nel biennio 1928-20. Questa completezza però non è sufficiente a sedimentare una memoria collettiva adeguata dell’evento che stiamo vivendo.

Un aiuto fondamentale per costruire una narrazione che sopravviva nel tempo nella memoria delle persone è il “corredo” multimediale che accompagna il Covid19. Video, fotografie, ma anche fiction sono strumenti fondamentali nella costruzione della memoria collettiva delle società.

Chi non ricorda le immagini del collasso delle Torri Gemelle, tragiche icone degli attentati del 11 settembre 2001? Grazie a quegli scatti ed a quei video, quell’evento fa parte della memoria collettiva non soltanto degli statunitensi ma del mondo intero.

Nonostante questo è prevedibile che anche la pandemia di Covid19 conoscerà alti e bassi nel corso degli anni. Il ventesimo secolo, oltre alla spagnola, ha conosciuto altre due pandemie influenzali, nel 1957 e nel 1968 mentre nel ventunesimo secolo, nel 2005 abbiamo affrontato la pandemia della cosiddetta influenza suina. In tutti questi casi il ricordo della grande pandemia di “spagnola” si è riaffacciato prepotentemente per poi, superato il pericolo, scivolare di nuovo nell’oblio.

Questo sarà il destino del ricordo collettivo anche della pandemia di Covid19 oppure su questo evento epocale e globale, riusciremo a costruire una memoria collettiva meno instabile e più incisiva? Non si tratta soltanto di un rebus per storici o sociologi, una forte memoria collettiva degli eventi drammatici che colpiscono la società è un arma fondamentale per consolidare comportamenti virtuosi e non farsi travolgere da eventi drammatici, ma non inaspettati, come quello che stiamo vivendo.

Fonte:

Le Scienze, gennaio 2021, ed. cartacea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights