sabato, Maggio 18

Storia di un mito: l’Harry’s Bar di Venezia

Questo locale che nel 2001 è stato dichiarato dal Ministero dei Beni Culturali patrimonio nazionale è situato nella centralissima Calle Valleresso in prossimità di uno degli imbarcaderi dei vaporetti vicini a  Piazza San Marco. La sua storia è pervasa dal fascino del mito e da quelle vicende umane che hanno il sapore della magia.

Siamo nel 1929 ed un ventinovenne barman Giuseppe Cipriani lavora presso l’Hotel Europa e Britannia. Un giorno arrivano dagli Stati Uniti un giovane studente statunitense Harry Pickering insieme ad una zia e prendono alloggio nell’albergo dove Cipriani lavora. Il ragazzo è in fuga dagli Stati Uniti per problemi di alcolismo che spera di risolvere nella città lagunare allora come ora, ambitissima meta di turisti americani.

Tra zia e nipote però le cose rapidamente degenerano e dopo un violento alterco la donna pianta in asso Harry che si ritrova senza un soldo in terra straniera. Giuseppe Cipriani che aveva conosciuto al bar dell’albergo il giovane, impietosito gli presta 10.000 lire di allora. qualcosa come quasi 9.000 euro di oggi. Harry torna in patria e Giuseppe è certo che non rivedrà più quei soldi.

Invece due anni dopo Harry Pickering torna a Venezia, rintraccia Cipriani ed oltre a restituirgli le 10.000 lire che gli aveva prestato ne aggiunge altre 30.000. Con questa somma che oggi equivarrebbe a circa 42.000 euro Cipriani apre un suo locale, inizialmente un fondo di soli quarantacinque metri quadrati, situato a ridosso di Piazza San Marco, all’imbocco della Calle Vallaresso dal lato del Canal Grande, nella stessa locazione attuale. Ed in onore di quel giovane americano lo chiama “Harry’s Bar”.

Fu un successo immediato e travolgente, soprattutto da parte di una clientela aristocratica ed intellettuale che aveva in Venezia uno dei principali luoghi di ritrovo del mondo. Il primo ed unico libro degli ospiti del locale reca le firme tra gli altri di  Rino Amato, Arturo Toscanini, Georges Braque, Truman Capote, Charlie Chaplin, Peggy Guggenheim, Barbara Hutton, Somerset Maugham, Grégoire Hetzel, Barbara Carlotti, Mauro Gioia, Orson Welles.

Nel corso degli anni Giuseppe Cipriani inventerà una serie di preparazioni gastronomiche che sono entrate nella storia delle bevande e della ristorazione mondiale. In quest’articolo ci soffermeremo brevemente sulle due, probabilmente, più celebri: il Bellini ed il Carpaccio.

E’ il 1948 quando Cipriani ispirandosi ad un quadro del pittore Giovanni Bellini detto il Giambellino crea un cocktail a base di prosecco e polpa schiacciata di pesca.

Il drink divenne una specialità stagionale dell’Harry’s Bar di Venezia, uno dei locali preferiti da Ernest Hemingway, Gianni Agnelli, Sinclair Lewis e Orson Welles. In seguito divenne molto popolare anche nella sede dell’Harry’s Bar di New York.

Due anni dopo, nel 1950, Cipriani da il nome ad una preparazione che ha segnato un’epoca della ristorazione internazionale: il carpaccio. Si tratta essenzialmente di un piatto a base di fettine sottilissime di controfiletto di manzo crudo disposte su un piatto e condite con una salsa chiamata universale che viene lasciata cadere a gocce quasi come per dipingere un quadro astratto.

Ed è in onore del pittore Vittore Carpaccio e probabilmente del suo dipinto Predica di santo Stefano ospitato dal Louvre a Parigi che Cipriani assegna questo nome al piatto.

La ricetta fu ideata appositamente per un’amica, la contessa Amalia Nani Mocenigo a cui i medici avevano vietato il consumo di carne cotta. Oggi l’Harry’s Bar non è più quel tempio della cucina e del bartender di una volta, né quel ritrovo di intellettuali che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, ma l’atmosfera che si respira trattiene ancora il “profumo” ed il pathos delle sue stagioni migliori.

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