sabato, Maggio 18

Una pandemia nascosta

La pandemia di Covid19 che dal 2020 tiene sotto scacco l’intero pianeta e che fino ad adesso, limitandoci ai dati ufficiali ha fatto mezzo miliardo di casi e quasi 6 milioni e 200.000 morti, sta contribuendo a mettere sottotraccia un’altra pandemia che in prospettiva rischia di essere ancora più pericolosa, letale e intergenerazionale.

Stiamo parlando della diffusione di batteri resistenti ad uno, più o tutti gli antibiotici. Si tratta di una vera emergenza che però fatica ad essere correttamente valutata, forse anche perché i numeri appaiono sotto stimati, in particolare quello delle vittime. Moshen Nagavi, epidemiologo dell’Università di Washington, ha cercato di porre rimedio a questo aspetto con uno studio recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet“.

Nagavi ha raccolto tutti i dati disponibili su ricoveri e decessi causati da batteri resistenti agli antibiotici in 204 paesi nel 2019, l’ultimo anno pre-pandemia Covid19. Ha poi usato un modello matematico per estrapolare da quei dati, incompleti in molte nazioni, una stima del numero delle vittime nel mondo. I dati ricavati sono quanto mai allarmanti, si stima che nel 2019 1,3 milioni di persone abbiano perso la vita a causa di infezioni causate da batteri resistenti ed altri 3,6 milioni sono morte con un’infezione resistente in corso, che in alcuni casi può essere stata decisiva per il loro decesso.

Per comprendere l’entità del fenomeno basta comparare questi numeri con i decessi causati, sempre nello stesso anno, dall’AIDS, 680.000 persone e dalla malaria, 630.000 persone. La resistenza di un batterio verso gli anticorpi può essere naturale o acquisita.

  • naturale, come quella dei micoplasmi che, non avendo parete cellulare, hanno una resistenza verso gli antibiotici che hanno la parete come target specifico (vedi penicilline, cefalosporine ecc.) o ancora gli enterococchi, che risiedono nel tratto intestinale ed utilizzano l’acido folico assorbendolo dall’esterno, risultando quindi resistenti ai sulfamidici;
  • acquisita, che è generalmente scatenata da una precedente esposizione del patogeno all’antibiotico, e si attua secondo diversi meccanismi di cui i principali sono: la modifica del target batterico, la produzione da parte del batterio di enzimi inattivanti l’antibiotico, la ridotta permeabilità all’antibiotico, e l’efflusso attivo che induce l’uscita dell’antibiotico stesso dalla cellula grazie ad un sistema di pompe attive.

La fonte maggiore di preoccupazione proviene, ovviamente, da quella acquisita. I ceppi resistenti più letali sono lo Staphylococcus aureus e l’Escherichia Coli. Il primo è un tipo comune di batterio presente sulla pelle. Può entrare nell’organismo attraverso cateteri o procedure chirurgiche. Il ceppo resistente alla vancomicina è raro ma esistono solo poche opzioni terapeutiche contro questo batterio.

Escherichia coli è  una delle specie principali di batteri che vivono nella parte inferiore dell’intestino di animali a sangue caldo (uccelli e mammiferi, incluso l’uomo). Sono necessari per la digestione corretta del cibo. La sua presenza nei corpi idrici segnala la presenza di condizioni di fecalizzazione (è il principale indicatore di contaminazione fecale, insieme con gli enterococchi).

Insieme ad altri quattro patogeni, questi due batteri resistenti agli antibiotici sono responsabili di 930.000 decessi degli 1,3 milioni la cui causa di morte è certamente e univocamente attribuibile all’incapacità degli antibiotici di sopprimere questi batteri. Fra i paesi del mondo occidentale, il paese che vanta il triste primato di vittime è l’Italia che con i suoi 10.000 morti all’anno per infezioni resistenti agli antibiotici, si colloca al primo posto nell’Unione Europea.

Per affrontare questa pandemia nascosta occorrono una serie di azioni congiunte e contestuali:

a) misure igieniche molto più severe negli ospedali

b) attenzione alla contaminazione fuori dai nosocomi (evitare ad esempio di infettarsi con acqua contaminata)

c) un uso più attento degli antibiotici sia nelle terapie (evitando di prescriverli come prevenzione o cura contro malattie virali) ma anche negli allevamenti di animali

d) e non certamente per ultima come importanza, la ricerca di nuove molecole efficaci contro quei batteri che adesso sembrano invulnerabili all’arsenale farmacologico della medicina.

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