I primati sono un ordine di mammiferi dotati di placenta i cui rappresentanti più comuni sono i tarsi, i lemuri, le scimmie e naturalmente l’uomo. Si contano circa 250 specie di primati e gli unici che camminano eretti sono gli esseri umani. Sul motivo per cui i nostri progenitori hanno abbandonato gli alberi per camminare eretti nella savana ci sono diverse teorie, tutte con qualche ragionevole fondamento.
Perché abbiamo lasciato l’albero
Per avere le mani libere con cui portare i piccoli e gli oggetti; per avere una visuale migliore in campo aperto; per poter lanciare meglio i proiettili, quale che sia, il motivo per cui siamo scesi dall’albero, non si è trattato di una “scelta” indolore. I primi uomini a riuscire a sperimentare la postura eretta erano infatti estremamente vulnerabili per i grandi predatori. L’australopiteco Lucy, scoperta nel 1974 in Etiopia, che visse circa 3,2 milioni di anni fa, era un essere gracile e minuscolo. Alta poco più di un metro pesava circa 30 chilogrammi. Un preda facile per i grandi predatori delle savane dell’epoca.
Probabilmente gli ominidi come Lucy avvertirono la necessità di camminare eretti per contrastare i cambiamenti climatici che avevano ridotto le superfici delle foreste. Ogni volta che potevano però tornavano sugli alberi e quasi certamente da un albero Lucy perse la vita cadendo, come ipotizzato alcuni ricercatori. Altri studiosi invece optano per una morte per sfinimento sulle rive di una palude. Comunque sia andata, Lucy apparteneva a quei progenitori che oltre ad aver acquisito la capacità di muoversi eretti, manteneva quella di arrampicarsi e vivere sugli alberi.
Un corpo diverso per camminare
Camminare è cosa tutt’altro che facile e scontata. Una persona in movimento tiene uno o l’altro piede lontano dal suolo per circa il 90% del tempo, regolando costantemente l’equilibrio per non cadere rovinosamente. Questo nonostante un baricentro alto che non favorisce certamente l’equilibrio. Per trasformarci in esseri umani che camminano eretti il corpo ha subito nel corso di decine di migliaia di anni profondi processi di trasformazione.
Il collo si è allungato e raddrizzato, la schiena è diventata flessuosa in grado di piegarsi facilmente, le ginocchia si sono ingrossate e i femori hanno assunto un’inclinazione ingegnosa che permette un’andatura fluida e aggraziata. Per spingere il corpo in avanti abbiamo il grande gluteo, un grosso muscolo delle natiche e il tendine d’Achille, che nessun altro primate possiede.
Le modificazioni anatomiche non finiscono qui. Abbiamo i piedi arcuati (per il molleggio), una spina dorsale sinuosa (per redistribuire il peso) e vie nervose e sanguigne riconfigurate. Per evitare il surriscaldamento durante la locomozione abbiamo perso la pelliccia e sviluppato abbondanti ghiandole sudoripare. Anche la testa si è profondamente modificata e sul retro c’è un piccolo legamento, assente nei primati, il legamento nucale, che ha un solo compito: tenere ferma la testa quando corriamo.
Corri uomo, corri!
E se camminare eretti non è stata una “passeggiata” per i nostri avi, correre è stato un “plus” che ci ha dato un vantaggio competitivo rispetto a quasi tutte le altre specie viventi del pianeta. Certamente non siamo tra le creature più veloci del mondo. Un essere umano al massimo può arrivare ad una trentina di chilometri orari e solo per una manciata di secondi. Un leone può raggiungere i 60 km/h per un massimo di 200 metri. Un ghepardo può superare i 100 km/orari per un massimo di 400/500 metri.
Qui però entra in ballo il diverso modo di “raffreddare” il corpo evitando il surriscaldamento. Gli esseri umani sudano per raffreddarsi, gli animali lo fanno attraverso la respirazione, ovvero ansimando. Se non interrompono la corsa dopo un certo tempo vanno incontro ad un esito letale. La maggior parte degli animali di grandi dimensioni non è in grado di correre per più di una quindicina di chilometri prima di crollare.
Gli uomini se opportunamente allenati possono correre una maratona (42 chilometri a passo di corsa) in un tempo che può oscillare tra 2 ore e qualche minuto per un professionista, a tre ore per un amatore di buon livello.
Una trasformazione in due fasi
Insomma la trasformazione dell’uomo da quadrupede arrampicatore a bipede eretto si è sviluppata in due distinte fasi.
Durante l’epoca in cui Lucy viveva, come ricordato circa 3,2 milioni di anni fa, gli uomini erano camminatori e arrampicatori. Il cordone ombelicale con la foresta era tutt’altro che interrotto e quell’habitat rimaneva il preferito per riposare, nascondersi e sentirsi al sicuro. Quando il cambiamento climatico, in Africa, trasformò larghe parti delle foreste in savane, diventammo camminatori e corridori. Questa trasformazione si associò ad un nuovo metodo di procacciarsi il cibo: la caccia.
Non solo vantaggi
La postura eretta però oltre a numerosi vantaggi evolutivi ci ha lasciato anche diversi “svantaggi” di cui ancora oggi avvertiamo le conseguenze. Ad iniziare dal mal di schiena di cui è afflitto, con vari gradi di intensità, la maggioranza della popolazione mondiale e i problemi alle ginocchia, soprattutto in età avanzata. La pressione sulla spina dorsale esercitata dalla posizione eretta è tale che i cambiamenti patologici si possono individuare fin «dal diciottesimo anno» di età.
Si tratta del negativo risultato di essere discendenti di esseri il cui peso era progettato per essere distribuito su quattro zampe e non su due gambe. Camminare su due gambe comporta una maggiore pressione sui dischi di cartilagine che sostengono e ammortizzano la spina dorsale, e questi a volte si spostano o si deformano causando la nota ernia del disco. Ne soffre tra l’1 e il 3 per cento della popolazione mondiale. Mentre almeno il 60% degli abitanti di questo pianeta è stato fuori combattimento per una settimana nella sua vita, a causa del mal di schiena. Un’altra conseguenza della postura eretta e che fino a meno di un secolo fa, le donne avevano più probabilità di morire di parto di quasi tutte le creature viventi.
Certamente se si “pesano” i vantaggi della postura eretta rispetto agli svantaggi, i primi sono di gran lunga superiori, tanto che hanno permesso all’uomo di diventare la specie dominante del pianeta.
Per saperne di più:
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti