giovedì, Maggio 2

Come l’energia ha cambiato il mondo

L’energia è vita. Questa frase così concisa e lapidaria, rappresenta la migliore definizione per giustificare la presenza della vita su un piccolo pianeta roccioso che orbita intorno ad una stella insignificante, ai margini di una galassia che non ha niente di speciale rispetto a miliardi di altre. Come si è evoluta l’energia sul nostro pianeta e che ruolo ha avuto per consentire ad una specie bipede di dominare la Terra in un tempo estremamente breve rispetto alla sua storia? Scopriamolo insieme.

In principio fu il fuoco

Fino ad alcune centinaia di migliaia di anni fa l’energia era prodotta da fenomeni naturali o dai processi “digestivi” delle forme viventi. Poi accadde qualcosa di veramente speciale, gli hominini, realizzano il primo utilizzo extrasomatico di energia, quando alcuni di essi imparano a padroneggiare il fuoco.

Attraverso il processo di combustione controllata che trasforma l’energia chimica contenuta nelle piante in energia termica e luce, gli antenati dell’uomo moderno, iniziano a cucinare cibi altrimenti indigeribili, a riscaldarsi dai rigori climatici e a tenere lontano i predatori più temibili. Dovranno passare molte decine di migliaia di anni prima di assistere ad un ulteriore sviluppo delle fonti energetiche.

E venne il tempo dell’agricoltura

Quello fondamentale che cambierà definitivamente il destino della razza umana, trasformando i nostri antenati da nomadi raccoglitori-cacciatori in individui stanziali è la scoperta dell’agricoltura, avvenuta circa diecimila anni fa nella Mezzaluna fertile. Per la prima volta una piccolissima parte dell’intero processo di fotosintesi che avviene sulla Terra è prodotto dall’uomo attraverso la coltivazione di alcune piante. Circa un millennio dopo, la domesticazione di alcune specie di animali fornirà all’uomo una fonte di energia diversa dai suoi muscoli, con la quale lavorare nei campi, sollevare acqua dai pozzi, trasportare carichi e persone.

Molto tempo dopo l’uomo creerà i primi motori inanimati: le barche a vela, oltre cinquemila anni fa, i mulini ad acqua, oltre duemila anni fa; e i mulini a vento, oltre un migliaio di anni fa.

Una lunga stasi

Dopo questi progressi per molti secoli non ci saranno novità significative in campo energetico e gran parte delle attività umane si svolgeranno attingendo all’energia dei muscoli degli esseri umani. Secondo alcune stime, dalla nascita di Cristo al 1500 (l’inizio dell’era moderna) oltre il 90% dell’energia meccanica del pianeta, era fornita in parti pressocché uguali dall’uomo e dagli animali, mentre l’energia termica proveniva interamente da combustibili di origine vegetale (principalmente legna e carbone vegetale, ma anche paglia e sterco essiccato).

La rivoluzione inglese

Un secolo dopo, in Inghilterra avviene la svolta che segnerà in maniera decisiva e duratura il soddisfacimento del fabbisogno energetico dell’umanità. Si inizia ad utilizzare il carbone, un tipo di combustibile prodotto da processi di fotosintesi avvenuti decine o centinaia di milioni di anni fa, fossilizzatosi a causa del calore e della pressione a cui è stato sottoposto durante il lungo periodo di conservazione sotterranea. Già dal 1620, forse anche qualche anno prima, in Inghilterra la produzione energetica derivante dal carbone superava quella delle biomasse.

Nel 1700, oltre il 75% dell’energia globalmente prodotta nell’isola derivava dalla combustione del carbone. Grazie all’invenzione dei motori a vapore, l’Inghilterra resterà ancora per molto tempo leader nella produzione di energia fossile. Ancora nel 1800 il volume del carbone estratto combinato di alcuni paesi europei e degli Stati Uniti era una piccola frazione rispetto a quello inglese.

Una lenta affermazione

Eppure all’alba del XIX secolo i combustibili vegetali forniscono ancora il 98% della luce e del calore necessarie all’uomo, mentre i muscoli degli uomini e degli animali forniscono il 90% dell’energia meccanica, indispensabile per la produzione del cibo, per l’edilizia e la manifattura. Nel 1850 l’estrazione del carbone è in crescita quasi ovunque, soprattutto in Europa e nell’America del Nord, ma fornisce ancora appena il 7%di tutta l’energia ricavata dai combustibili e solo il 15% dell’energia cinetica deriva dall’utilizzo di mulini ad acqua, mulini a vento, macchine a vapore, che gradualmente si stanno diffondendo nelle nazioni più sviluppate.

Si tratta di un progresso molto lento che fa si che le società del 1800 siano più equiparabili, dal punto di vista energetico, a quelle del 1600 piuttosto che a quelle degli anni 2000.

Il secolo del carbone

La vera e propria era dell’energia fossile decolla con il Ventesimo secolo. La quota di energia prodotta dal carbone (e in misura ancora minore, dal petrolio greggio) risulta attestarsi intorno alla metà di tutta l’energia prodotta con la legna, il carbone vegetale e la paglia. Già dalla fine dell’Ottocento si realizzano le prime turbine idrauliche delle centrali idroelettriche in grado di produrre elettricità. qualche anno dopo sarà il tempo dell’elettricità derivante da fonti geotermiche.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale sarà il tempo dell’energia nucleare, di quella solare ed eolica. Ma nel 2020 oltre la metà di tutta l’energia elettrica del mondo sarà ancora generata bruciando combustibili fossili, in gran parte carbone e gas naturale. Si tratta di un dato in calo rispetto al 1950 quando i combustibili fossili rappresentavano i tre quarti di tutta l’energia prodotta ma pur sempre una quantità significativa e fondamentale che rende problematica una rapida decarbonizzazione.

La difficile strada della decarbonizzazione

L’inquinamento di CO2 derivante in buona parte dalle emissioni dell’energia prodotta con i combustibili fossili ha finalmente allarmato i governi di una parte significativa del mondo ma la strada della decarbonizzazione è molto più complessa di quanto possa apparire ad un’analisi superficiale.

Attualmente il 75% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE è riconducibile alla produzione e all’uso di energia. La transizione verso l’energia pulita è fondamentale per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Questo obbiettivo ambizioso passa per la riduzione delle emissioni nette dell’UE di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Come vedremo in prossimi articoli sull’argomento questo obbiettivo, per quanto sacrosanto, rischia di essere di difficile, se non impossibile, attuazione in un lasso di tempo così breve.

Fonti:

ebergiSmil, Vaclav. Come funziona davvero il mondo: Energia, cibo, ambiente, materie prime: le risposte della scienza

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