giovedì, Maggio 2

Dal Manifesto di Oberhausen al Nuovo Cinema tedesco

La Nouvelle Vague francese e il neorealismo italiano riverseranno i loro effetti anche fuori dai patri confini. Gli influssi di questi movimenti trovano fertile terreno nella cinematografia della Germania Ovest che alla fine degli anni Cinquanta e agli inizi del decennio successivo vive un’acuta fase di crisi, segnata dalla scarsità di risorse finanziarie e da un sensibile calo di pubblico nelle sale.

Il manifesto di Oberhausen

Qualcosa inizia a cambiare il 28 febbraio 1962, quando un gruppo di giovani cineasti, riuniti a Oberhausen in occasione dell’annuale rassegna cinematografica nota come Internationale Kurzfilmtage, pubblicarono una dichiarazione che poi venne definita Manifesto di Oberhausen. In questo documento si auspica la nascita di un nuovo cinema tedesco scevro da condizionamenti culturali, estetici e commerciali. I firmatari guidati da Alexander Kluge e Edgar Reitz si impegnavano a perseguire questo obiettivo anche assumendosi i rischi economici delle nuove opere.

L’intervento dello Stato

Nel 1965 la svolta decisiva, il Ministero dell’Interno tedesco crea il Consiglio del giovane cinema tedesco (Kuratorium Junger Deutscher Film) con uno stanziamento di cinque milioni di marchi, destinati a finanziare le opere di giovani esordienti, purché provvisti di un soggetto, di un produttore e di un piano di lavorazione.

A questa iniziativa inizialmente promossa soltanto dal Governo Federale, si associano progressivamente anche i Lander (gli Stati che compongono la repubblica federale tedesca) e si avvia quel rinnovamento profondo della cinematografia tedesca passato alla storia come Nuovo Cinema Tedesco. Il cinema secondo registi come Werner Herzog, Volker Schloendorff, Rainer Werner Fassbinder, Edgar Reitz e Peter Fleischmann deve essere strumento di cultura e conoscenza e affrontare temi fino ad allora edulcorati o addirittura rimossi come l’amore, il sesso, la morte, l’emarginazione, l’immigrazione,

Una filmografia a basso costo e indipendente

Ogni autore che presenta un soggetto, un produttore e un piano di lavorazione riceve un finanziamento sotto forma di prestito senza interessi per un massimo di 300.000 marchi. Molti registi così iniziano a produrre da soli i propri film, assumendosi i rischi economici dell’opera ma anche, al contempo, mantenendo il totale controllo del proprio lavoro creativo.

Il primo successo internazionale

Il primo squillo di tromba appartiene ad uno dei leader del nuovo movimento, Alexander Kluge, nel 1966 realizza “La ragazza senza storia” dove racconta la lotta perdente di una casalinga che cerca di coniugare studio e incombenze domestiche. Due anni dopo, Kluge e il nuovo cinema tedesco, ricevono il primo importante riconoscimento internazionale, il suo film “Artisti sotto la tenda del circo perplessi” vince il Leone d’Oro alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Alexander Kluge, oggi 91enne

Lo scontro tra i registi innovatori che aderiscono al Manifesto di Oberhausen e quelli tradizionalisti divamperà senza esclusione di colpi per tutta la seconda metà degli Anni Sessanta.

Gli anni Settanta: dagli anni di piombo ai successi commerciali

Il decennio successivo vede emergere nuovi autori come Werner Schroeter, Werner Herzog, Wim Wenders e Rainer Werner Fassbinder, che decidono insieme ad altri cineasti di darsi una stabilità produttiva e distributiva fondando la Filmverlag der Autoren.

L’impegno politico e la stagione degli anni di piombo si riflettono nelle opere degli anni settanta e proprio alla fine di questo decennio arriva anche il successo commerciale e la grande notorietà internazionale per i registi della giovane generazione, con film quali Nel corso del tempo, Nel regno di Napoli, Nosferatu, il principe della note e Il matrimonio di Maria Braun.

Per saperne di più:

Nuovo Cinema Tedesco

La rottura della Nouvelle Vague

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo

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