giovedì, Maggio 16

Il melting pot etnico e culturale dell’Islam

L’impetuosa espansione dell’Islam che arriverà ad egemonizzare un territorio sterminato che dalle profondità estreme dell’Asia Centrale, attraverso il Medio Oriente, l’Egitto, il Nord Africa e la penisola iberica giungerà a lambire i Pirenei è dovuta essenzialmente a tre fattori, che sono alla base dei successi militari e politici: il ruolo delle città, la capacità di inglobare e convivere con una pluralità di etnie diverse e una coesione culturale mutuata anche dai contributi di altre civiltà.

Le città

In genere associamo l’Islam con il deserto, le steppe, insomma grandi spazi scarsamente abitati, punteggiati da oasi o piccoli centri. Questa rappresentazione può contenere qualcosa di vero soltanto se se ci riferiamo alla primissima fase di questo movimento religioso e politico e al ruolo svolto dalle tribù nomadi arabe. In realtà sono state le città ad essere il fattore predominate dell’espansione e dell’egemonia islamica. Non va dimenticato che la terza religione monoteista in ordine temporale nasce tra la Mecca e Medina, due importanti città arabe.

Durante la sua fase espansiva l’Islam rigenererà molte città in fase di prolungato declino e molte altre ne fonderà ex novo. Sia nel primo come nel secondo caso l’Islam innoverà profondamente i concetti sociali e architettonici urbani, facendo di città come Cordova, Toledo e Siviglia in Spagna. Raqqa e Damasco e quelle nordafricane come Alessandria, il Cairo, Tunisi, Qayrawan e al-Mahdia, in Iraq, oltre Baghdad, Kufa o il grande porto di Bassora o in Iran, Hamadhan, l’antica Ecbatana, la vera spinta propulsiva della sua egemonia. A questo sommario elenco vanno poi aggiunte le millenarie città dell’Asia Centrale come Shiraz, Merv, Samarcanda, Bukhara, Nishapur e Kabul.

Molte di queste città sono delle vere e proprie metropoli, con una rigogliosa crescita demografica che contrasta vividamente con il depauperamento della popolazione urbana dell’Occidente. Tante città islamiche raggiungono il mezzo milione di abitanti ed alcune sfiorano addirittura il milione.

Il melting pot etnico

Un impero così sterminato e riccamente popolato è ovviamente composto da una pluralità di etnie diverse, con usanze e culture estremamente diversificate. Come tenere insieme questo “minestrone etnico” e utilizzarlo per la crescita economica, politica e culturale dell’Islam? Senza alcun dubbio giocò un ruolo essenziale la capacità di tollerare e includere etnie diverse, sia accettando (pur con dei limiti) la libertà di culto, sia concedendo larghe forme di autonomia politica e amministrativa.

La svolta decisiva avviene sotto il califfato abbaside quando il potere politico non è più riservato ai soli Arabi musulmani, ma tutti i musulmani sono coinvolti nel governo della Umma, mentre altalenante è la condizione delle culture sottomesse, malgrado si accordi protezione ad ebrei, zoroastriani e cristiani, chiamati genericamente Ahl al-Kitāb.  

La coesione culturale

L’Islam ben presto si dimostrerà capace di fondere il pensiero latino, ebraico, greco, persiano, bizantino, mesopotamico in un’unica cultura condivisa che contribuirà a plasmare il collante di questo impero sterminato. La creazione di una cultura condivisa, mutuata anche da quelle di altre civiltà, avviene attraverso l’unità linguistica rappresentata dall’arabo.

L’impulso culturale islamico parte, e non può essere diversamente, da Baghdad, la capitale del Califfato fin dal IX secolo potrà contare sulla Bayt al-hikma, la “Casa della Sapienza”, uno dei primissimi centri di traduzione delle opere classiche greche, romane, persiane, cinesi in arabo, cui diede grande impulso il Califfo al-Mamum.

Inizialmente biblioteca di corte fu poi aperta a tutti gli intellettuali arabi diventando così un punto fondamentale per l’acquisizione e la contaminazione delle conoscenze delle scienze non coraniche, matematica, fisica, astronomia, alchimia, medicina e filosofia. Il regime teocratico del Califfato grazie alla supremazia culturale acquisita attraverso l’assorbimento e l’implementazione delle conoscenze di altre civiltà otterrà quella coesione tra etnie diverse indispensabile per il proprio progetto egemonico.

La mobilità culturale

Tra gli autori più tradotti in arabo annoveriamo Aristotele, Tolomeo, Euclide, Aristarco, Archimede, Ipparco, Erone d’Alessandria. Questo sforzo di tradurre una ricca selezione delle opere di altre culture non deve però far pensare all’Islam come ad una cultura parassitaria e immobile. Tutt’altro. La fitta rete di comunicazione tra le varie parti dell’impero e una connaturata vocazione alla mobilità, spinsero molti dotti islamici a percorrere le vie dell’Estremo Oriente come il matematico al-Khwarizmi (780 circa – 850 circa) o il traduttore-filosofo al-Farabi (870-950) che passarono buona parte della loro vita in cammino, spostandosi da Baghdad verso l’Iran e fino all’India.

Altri percorsero la strada opposta spingendosi ad ovest e contribuendo in modo decisivo ad una proficua e dinamica contaminazione culturale. È pertanto una conseguenza naturale di questo processo la nascita di intellettuali e scienziati mussulmani di altissimo livello come ad esempio Avicenna e Biruni, eruditi poliedrici capaci di proporre contributi originali e innovativi.

Ogni città aveva i suoi spazi, i suoi intellettuali, le sue biblioteche, le sue scuole coraniche, dalle metropoli più opulente fino al più sperduto villaggio africano. La coesione culturale ed etnica giocarono un ruolo probabilmente più decisivo di quello militare nell’avanzata dell’Islam.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Mascilli Migliorini, Luigi; Feniello, Amedeo; Francesca Canale Cama. Storia del mondo

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